NON SI SCHERZA CON DIONISO E PROMETEO! ALCUNE RIFLESSIONI SUL FILM «ALEXANDER» DI OLIVER STONE. Di Vittorio Panicara

Uno dei più discussi film del regista di «Platoon», «Wall Street» e «JFK», della durata di quasi tre ore, uscito nel 2004, costato 155 milioni di dollari, che incassò poco e venne criticato un po’ dappertutto, soprattutto negli Stati Uniti: a prima vista sembra inutile riparlare di «Alexander», su cui tutto sembra essere stato detto. In una parola, un flop. Meritò persino la candidatura per il peggior film del 2004 al «Razzie Awards»… Der Spiegel parlò di Das Alexander-Durcheinander Eppure…

Passato in televisione in questi giorni nella versione italiana, merita forse un breve riesame, perché solleva interrogativi interessanti sul rapporto tra cinematografia e cultura, tra storia e mitologia, e perché in fondo mostra anche qualche pregio (ma lasciamo da parte i voti scolastici ).

IL FILM

Stone si è ben documentato e fornisce un inquadramento storico preciso e puntiglioso, senza grosse sbavature e con scenografie adeguate e ricostruzioni a volte imponenti (Babilonia); le scene di guerra, le battaglie di Gaugamela e dell’Idaspe, sono di maniera ma efficaci. La struttura narrativa è chiara, un racconto retrospettivo un po’ didascalico ma utile per cucire la trama e per darle un senso a priori (il narratore è Tolomeo anziano); certo, il prologo è prolisso e introduce troppo lentamente alle vicende private del giovane Alessandro, ma successivamente la sua figura è tratteggiata in modo adeguato (con un Aristotele tutto sommato credibile).  I problemi veri si palesano soprattutto nella psicologia dei personaggi, e fin dal principio. La madre Olimpiade e il padre Filippo di Macedonia, forse a causa della recitazione spesso sopra le righe (rispettivamente di Angelina Jolie e Van Kilmer, evidentemente più bravo nella parte di Jim Morrison in «The Doors»), non convincono e sollevano molte domande: fino a che punto è morbosa la relazione madre-figlio? Perché Filippo prima educa Alessandro al culto dei miti e alla guerra, preparandolo come re, e poi vorrebbe negargli la successione? Alessandro crede davvero di avere un’ascendenza divina? Si capisce bene come nella prima parte del film, fino alla battaglia di Gaugamela, la sceneggiatura aiuti poco il regista a sviluppare i temi e gli snodi essenziali della trama, ai quali, oltre alla citata triade Alessandro-Olimpiade-Filippo, appartiene anche il rapporto omosessuale tra Alessandro ed Efestione (ruolo interpretato da un imbambolato Jared Leto). È anche vero, però, che nella continuazione del film alcune vicende si chiariscono, per esempio con il flash-back sull’assassinio di Filippo, al quale non è estranea la stessa Olimpiade; oppure con il dissidio sempre più aperto tra Alessandro e i suoi generali, stanchi di seguire il loro condottiero nella conquista del mondo fino allora conosciuto. La natura dell’amore di Efestione pian piano si chiarisce e acquisisce più spessore, mentre la bisessualità di Alessandro, non certo rara all’epoca e mai nascosta alla società, si accompagna senza contraddizioni agli avvenimenti storici. I salti temporali, i rapidi sommari e le ellissi narrative favoriscono la scorrevolezza del racconto e, del resto, una vicenda come quella di Alessandro Magno, emulo di Achille, non poteva rientrare per intero nell’arco di un singolo film. Le feste, il matrimonio, l’uccisione di Clito,  la battaglia in India con gli elefanti, la morte di Alessandro: tutto scorre rapido nella parte finale della pellicola, senza troppi impacci narrativi, dall’apoteosi alla morte dell’Eroe (interpretato con accettabili risultati da Colin Farrell). L’epilogo ci riporta a Tolomeo anziano, con i suoi commenti, più o meno coerenti.

Oliver Stone, abile nella regia sia delle scene d’insieme che dei dialoghi più privati, realizza un film che è il sogno di tutta la sua vita e riesce per lo meno nell’intento di intrattenere lo spettatore, ma c’è da chiedersi se sia altrettanto  capace di coinvolgerlo, di commuoverlo e di farlo riflettere su un’epopea, quella del più grande condottiero di tutti i tempi, così grande e densa di misteri, ambiguità e domande irrisolte. In realtà, alla fine delle tre ore di proiezione si rimane con un senso di insoddisfazione, frustrazione e disagio, come se qualcuno ci avesse mostrato da lontano la copia sbiadita e confusa di una vicenda vivida e luminosa, privandoci del piacere di vivere di tanta luce e di capirla davvero. Si tratta di un giudizio condiviso da molti e va chiarito.

I PROBLEMI IRRISOLTI

Molti indizi, si sa, fanno una prova.

«La fortuna aiuta gli audaci» (Virgilio): all’inizio del film questa citazione – nell’originale Fortune favors the bold –  dovrebbe condensare il senso delle imprese militari di Alessandro. L’uomo che ha conquistato un impero in Asia e quindi in tutto il mondo conosciuto, che ha spinto oltre l’immaginabile la realizzazione del suo sogno, che ha sfidato tutto e tutti, avrebbe raggiunto le sue mete sostanzialmente grazie alla sua audacia e alla sorte benigna.  Un po’ poco, per lo meno riduttivo, oltre che irrimediabilmente banale.

All’inizio Olimpiade viene presentata come una “strega” appassionata di serpenti e come un’educatrice un po’ pericolosa per il piccolo Alessandro (la scena, per i masochisti che vogliano vederla, è in https://www.youtube.com/watch?v=ky03Tw3WNlM). Tutto qui il futuro rapporto morboso tra il presunto figlio di Zeus e una madre velatamente incestuosa? Più tardi, dopo la vittoria su Dario, Olimpiade chiederà insistentemente di essere accolta a Babilonia come regina, ma sarà tutto inutile. Alessandro, in questa scena del film: https://www.youtube.com/watch?v=v00JS3RaIj4,  se la cava con una battuta, affermando che chiede troppo «per nove mesi trascorsi nel suo grembo». Non ci sono motivazioni più profonde? L’insieme sembra abbastanza artificioso (come le labbra siliconate di Angelina Jolie).

Il precettore Aristotele, durante l’infanzia di Alessandro, insegna la morale del «giusto mezzo», e fin qui tutto bene, poi espone le sue idee sull’amore: peccato che corrispondano a quelle del «Simposio» di Platone e non alle sue… Come si vede poi nel film, Alessandro cercherà gli eccessi e amerà senza riflettere sugli scopi conoscitivi dell’amore, infischiandosene delle teorie del maestro. Non si poteva assegnare al grande filosofo un insegnamento più appropriato e significativo? Un’occasione perduta.

Alessandro ancora ragazzo riesce a domare Bucefalo, simbolo di forza e di coraggio, compagno futuro di tutte le sue battaglie, fino all’ultima, a Idaspe, dove muore (si veda: https://www.youtube.com/watch?v=fd5T2xX95Os). Il cavallo rappresenta bene, nella leggenda che lo accompagna, l’impeto guerresco e la voglia di vincere. Nel film la scena di Alessandro che doma Bucefalo si risolve nell’ammirazione del padre e dei presenti, niente di più. Alessandro si allontana e fa una bella galoppata. Sembra di essere in un film western, con l’iniziazione di un cow-boy pronto al rodeo (che non è esattamente la guerra alla Persia).

Filippo si incarica di spiegare al figlio il senso dei miti greci. Gli mostra dei dipinti rupestri e man mano racconta al figlio di Dioniso, di Achille (da cui discenderebbe la stessa Olimpiade), di Prometeo punito dagli Dèi, di Medea, di Edipo e di Eracle. Il bambino annuisce, fa qualche domanda e il padre, novello maestro elementare, gli risponde in modo laconico, nemmeno fosse uno spartano. Il tutto avviene in pochi minuti. La lezione di mitologia, preparata in realtà per lo spettatore, è già finita. Andiamo avanti, urgono cose più serie…

Sulla terrazza di Babilonia – https://www.youtube.com/watch?v=XNRB-2X1AM4 – Alessandro dice a Efestione che vorrebbe «liberare i popoli del mondo», portando gli esempi di Achille, Eracle e Prometeo («un’impresa degna di Prometeo»); non teme le sofferenze («Tutti quanti soffriamo») e la morte (argomenti piuttosto labili). Sollecitato da Efestione, riconosce di fuggire dalla madre e di sentirsi debole; solo nell’amore dell’amico potrà trovare la forza di proseguire verso la conquista del mondo. I temi principali del film sono condensati qui in modo efficace (bene), ma non vengono approfonditi e non mancano le imprecisioni (male): Alessandro vuole sostituire il potere di Dario, dei satrapi e dei vari tiranni asiatici con un altro dominio, il suo, peraltro illuminato, ma non vuole la loro liberazione completa; non sta sfidando gli Dèi come Prometeo, anzi.  Da notare che i sentimenti mostrati da Alessandro verso la madre sono sostanzialmente di fastidio, mentre dovrebbe esserci ben altro conflitto interiore (almeno se si accetta la proposta del rapporto edipico, data l’evidente rivalità con il padre Filippo). Si tratta di una scena madre, ma Stone non riesce ad approfondire le tematiche principali dell’intero film. Passa loro accanto. Le battute di altre scene, come «la tua vita è appesa a un filo» (Filippo), o come «Sei un grande uomo!» (Efestione ad Alessandro), o come «io so, io c’ero» (Tolomeo), confermano la superficialità dei dialoghi.

Quando decide di tornare a casa, Alessandro lo fa senza che nel film si capisca da quale rovello interiore la decisione prenda le mosse e quanto gli costi la rinuncia a spingersi oltre: https://www.youtube.com/watch?v=Gui7R-gKh9U. È stato gravemente ferito e Bucefalo è stato ucciso, tutto qui. Forse ha paura, soprattutto ora che ha perso il suo cavallo-feticcio…

A cosa portano tutti questi “indizi”? A riconoscere nel film, segnatamente nella sceneggiatura, disinvoltura,  superficialità e una diffusa banalizzazione dei temi più ardui, come se al cinema fosse impossibile affrontare i grandi problemi dell’uomo, dal mistero della morte al fato che governa il mondo; come se “fare cultura” fosse appannaggio di pochi eletti e non avesse nulla a che fare con i media massificati. L’autore di un film, invece, dovrebbe “scavare” nei significati, scoprire qualcosa da trasmettere ai destinatari della sua opera, al pari della letteratura. Oliver Stone ha più volte dimostrato di essere preparato nell’analisi del potere odierno, economico e politico, soprattutto statunitense, evidentemente lo è un po’ meno nei confronti dei problemi della conoscenza e della condizione umana (il titanismo di Prometeo che sfida gli Dèi), del vitalismo dionisiaco (Nietzsche), del complesso edipico (Freud) e dell’eredità ellenistica in Oriente (poi devastata dall’Islam). Dubito che abbia assimilato queste problematiche, perché ciò gli avrebbe permesso di elaborare una sua presa di posizione personale e questo in «Alexander» non è accaduto. Certamente perché non è Visconti, né Pasolini, ma anche perché l’epopea alessandrina, sia detto a sua discolpa, è quasi impossibile da analizzare e da riportare al cinema in modo compiuto, esauriente. In ogni caso, un compito troppo difficile e ambizioso per Oliver Stone, che, per difendere “Alexander” dalle critiche ricevute in America, dichiarò che i suoi concittadini non potevano capire il mito di Alessandro. Cito da Wikipedia: «Gli americani non studiano la Storia, non la conoscono se non per alcuni titoli di libri e giornali letti con ignoranza. Sono indifferenti anche al passato del loro giovane Paese e prigionieri di una ipocrita moralità fondamentalista. È questa una delle prime cause del loro rifiuto per il mio Alexander, un film storico». Tutto giusto, ma in verità il mito di Alessandro non l’aveva capito neppure lui.

CONSIDERAZIONI FINALI

Come può il cinema onorare e promuovere la cultura? Forse raccogliendo figure, temi, personaggi e trasponendoli semplicemente sullo schermo? Basta ricordare uno scrittore o una sua opera, magari facendone un riassunto, per aver assolto il compito di “fare cultura”? Non è così semplice (ed ecco perché certe opere “colte” annoiano lo spettatore). Un regista dovrebbe prima assimilare e rielaborare originalmente una problematica culturale e solo dopo dovrebbe creare, inventare una narrazione. Non deve riprodurre, magari a fini didattici, ma deve far propria la materia e dare allo spettatore qualcosa di personale e di passabilmente autentico. L’epopea alessandrina è stata, al contrario, mal “digerita” da Oliver Stone.

Un’altra domanda pare inerente ad «Alexander»: qual è il ruolo del mythos all’interno del progresso storico? Le teorie in proposito, si sa, sono molte, ma sia che mettiamo in rilievo la sua proprietà di precedere la riflessione filosofica, sia che lo vediamo come un’attività simbolica e allegorica, o  come una forza intuitiva, allusiva, o addirittura come il «divenire organico» della coscienza (Schelling), il mito ha sempre espresso quanto meno, se non il vero, una verosimiglianza che permette di capire il senso profondo di un’epoca storica, prescindendo dalle stesse vicende e, anzi, facendo chiarezza su di esse. Ciò detto, il mito di Alessandro oltrepassa le sue pur imponenti imprese militari per assurgere a segno di un agire umano che sente se stesso come sovrumano e teso al divino. Nel film di Stone un’aquila vola sopra il campo di battaglia di Gaugamela e pare indicare la direzione ad Alessandro, una direzione voluta dagli Dèi. Ma l’aquila, in effetti, dovrebbe rappresentare lo stesso condottiero fattosi divino nella sua determinazione, nel pronunciamento estremo della sua volontà, non gli Dèi, e il regista, poco consapevolmente, ha invertito i ruoli.

Nel 2005 sul «Sole-24 Ore» Emanuela Martini scriveva: «Arriva Alexander, il titanico sforzo sull’antichità classica di Oliver Stone, che avrebbe fatto meglio a leggere meno libri e a rivedersi invece i Cecil De Mille dell’epoca d’oro e qualche peplum nostrano». Tutto sbagliato, è vero il contrario. Tutte le critiche sembrano andare in un’altra direzione, e infatti non ci si può non chiedere: «Alexander» è la solita produzione hollywoodiana?  Anzi, è proprio un’americanata? No. In realtà qualche pregio non possiamo negarglielo, oltre alla  confezione dignitosa: il regista non si tira indietro di fronte ai problemi di interpretazione del mito di Alessandro, li fa intuire e talvolta li mette in rilievo. Stone non sa dare risposte e nemmeno si sogna di trasmettere un messaggio ai suoi spettatori, visto che lui stesso ha capito solo in parte di cosa la materia tratti, ma almeno suscita curiosità, invia stimoli e perfino qualche provocazione intellettuale. Dunque, se ne può consigliare la visione, ma a patto che si tenga conto di questi limiti, senza farsi troppe illusioni.

BREVE AGGIUNTA

Il kolossal della Warner Bros è riassunto nel trailer ufficiale: https://www.youtube.com/watch?v=Bh6LKIdxqCU, mentre un’altra sintesi, con la musica degli Iron Maiden, si può vedere presso https://www.youtube.com/watch?v=OGL_L0fok10. Una parte della colonna sonora dei Vangelis è in https://www.youtube.com/watch?v=OankX_bMnus.

L’immagine d’apertura appartiene al DVD, che riporta una versione lunga ben 214 minuti.

 

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