Un poeta può, non credendo alla realtà della propria creazione, rappresentarla come se ci credesse, cioè non mostrare affatto coscienza dell’irrealtà di essa; può rappresentar come vero un suo mondo affatto fantastico, di sogno, regolato da leggi sue proprie, e, secondo queste leggi, perfettamente logico e coerente. Quando un poeta si mette in codeste condizioni, il critico non deve più vedere se quel che il poeta gli ha posto innanzi è vero o è sogno, ma se come sogno è vero; poiché il poeta non ha voluto rappresentare una realtà effettiva, ma un sogno che avesse apparenza di realtà, s’intende di sogno, fantastica, non effettiva.
(Luigi Pirandello, da L’umorismo)
