Evitare di cadere nei lacci d’amore non è così difficile, (…) se proprio tu non opponessi ostacoli a te stesso, e non ti celassi in primo luogo tutti i difetti dell’animo o quelli del corpo di colei che prediligi e desideri. (…) La nera “ha il colore del miele”, la sudicia e fetida è “disadorna”, se ha occhi verdastri è “l’immagine di Pallade”, se è nervosa e secca è “una gazzella”, la piccoletta, la nanerottola, è “una delle Grazie”, è “tutta puro sale”, la corpulenta e smisurata è “un prodigio” ed è “piena di maestà”. La balbuziente, che non può parlare, “cinguetta”, la muta è “pudica”; e l’irruente, odiosa, linguacciuta è “tutta fuoco”. Diventa “un sottile amorino”, quando non può vivere per la consunzione; se poi è già morta di tosse, è “delicata”. E la turgida e popputa è “Cerere stessa dopo aver partorito Bacco”, la camusa è “una Silena” e “una Satira”, la labbrona è “un bacio”.
Lucrezio, De rerum natura IV
