È così importante il populismo? Di che si tratta? Una breve introduzione di Vittorio Panicara.

Questo è il primo di cinque articoli dedicati a un tema politico complesso e attualissimo, in Italia e altrove: il populismo. Il loro scopo è di stimolare una riflessione su problemi di interpretazione di eventi della politica che sono intorno a noi e che coinvolgono la vita di tutte le persone. I commenti saranno particolarmente graditi.

 

L’attualità politica, per lo meno quella dell’Occidente avanzato, ci mette di fronte continuamente a dichiarazioni e e comportamenti definiti come «populisti», dal successo elettorale di Trump alla Brexit, da Marine Le Pen a Beppe Grillo, fino alla comparsa di formazioni politiche di sinistra come Podemos in Spagna e Syriza in Grecia, ma l’elenco è lungo. Si tratta evidentemente di movimenti e di personaggi politici tra loro molto differenti, sia di destra che di sinistra, e che operano in contesti del tutto diversi, eppure sembra che abbiano qualcosa in comune che li distingue dalla politica tradizionale (la contestazione del sistema politico, forme particolari di aggregazione, una certa aggressività verbale ecc.).  Aggiungiamo anche la connotazione talora negativa del termine, spesso usato per denigrare l’avversario (che in quanto populista propone soluzioni semplicistiche a problemi complessi, è approssimativo, è incolto ecc.) e per sottolineare la propria superiorità etico-politica su di lui. Se questo è vero, capire ciò che si intende con «populismo», possibilmente più dal lato scientifico che da quello empirico, data  il notevole abuso che si fa del termine, può essere necessario per evitare confusioni e per capire il mondo e la politica di oggi. E non è detto che sia davvero necessario usarlo, nel caso non sia possibile darne una definizione teorica. Non mancano, infatti, gli studiosi che ne sconsigliano l’impiego.

Ma sarà bene avvicinarsi pian piano al problema.

Tralascio il senso classico del termine e la sua storia (che inizia in Russia e riguarda   anche la politica degli Stati Uniti), per il quale rimando all’articolo dell’Accademia della Crusca: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/proposito-populismo . In questo testo non mancano dei cenni al significato moderno, distinto da quello di demagogia, e vale la pena citarli:

Il populismo è anche quello di chi ritiene che l’unica legittimazione per l’esercizio del potere politico sia quella derivante dal consenso popolare, che di per sé consentirebbe di superare i limiti di diritto posti dalla Costituzione e dalle leggi all’esercizio del potere politico stesso. In questa accezione il termine non implica necessariamente un raggiro del popolo, ma certamente presuppone il suo consenso.

Come vedremo, parlare di consenso popolare è troppo poco e la definizione non è esauriente, nonostante la possibilità, come è detto nella definizione, che in nome del popolo ci si possa sentire al di sopra della stessa Costituzione.

Qualcosa del genere scrive la Treccani: http://www.treccani.it/vocabolario/populismo/.  Come seconda accezione riporta infatti una definizione che sottolinea l’esaltazione demagogica e velleitaria del popolo effettuata da un leader carismatico:

Atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi.

Si tratta però di una definizione datata (si noti il riferimento al socialismo, che non può valere per gli avvenimenti del XXI secolo di cui ci occupiamo); non per nulla il testo prosegue con l’esempio del peronismo, considerato come cronologicamente successivo a quanto detto prima.

I tanti problemi e le implicazioni della sovrautilizzazione di «populismo» sono spiegati nell’articolo http://www.liberopensiero.eu/2016/07/23/populismo-cosa-significa-realmente/, che ci parla anche del populismo in letteratura (ciò che esula dal nostro studio) e difende la pratica populista nel mondo globalizzato di oggi.

Quanto detto, se permette un primo orientamento, non è sufficiente però a darci una spiegazione vera e propria di «populismo» e dei sommovimenti politico-elettorali più recenti a esso legati, ivi incluse le ultime elezioni politiche italiane. Da qui l’esigenza, mi pare, di un duplice esame del termine: dapprima teorico, per arrivare a un significato almeno in parte condivisibile e utile (e ho scelto a riguardo due testi recenti  di due veri e propri esperti), e poi pratico, dedicato a un libro di Beppe Grillo, Dario Fo e Gianroberto Casaleggio. Seguiranno perciò quattro articoli, di cui i primi tre saranno delle recensioni e l’ultimo farà da conclusione, cercando di chiarire il concetto e di stabilire se è opportuno o no lasciare «populismo» nel lessico politico.

In sintesi, questi i titoli degli articoli che seguiranno periodicamente, con la data di pubblicazione a fianco:

  • «Che cos’è il populismo?»: la risposta di Jan-Werner Müller (12 aprile 2018).
  • Il «Populismo 2.0» secondo Marco Revelli (15 aprile 2018).
  • «Il Grillo canta sempre al tramonto (Dialogo sull’Italia e il MoVimento 5 Stelle)»: 19 aprile 2018.
  • Uso e abuso di un termine discutibile: populismo (22 aprile 2018).

Per concludere, riporto una definizione, quella dello scienziato politico olandese Cas Mudde, di matrice liberal-democratica, comunemente accettata in ambito accademico e che tornerà utile al momento delle conclusioni:

Una ideologia dal cuore sottile, la quale considera la società essenzialmente divisa in due gruppi omogenei, le persone oneste [pure] contro le elite corrotte e che ritiene che la politica debba essere un’espressione della volonté générale (volontà generale) del popolo.

(fonte: https://www.valigiablu.it/che-cosa-e-il-populismo/)

Riparleremo di questa definizione nel prossimo articolo, dedicato a «Che cos’è il populismo?» di Jan-Werner Müller.

 

Fonte dell’immagine: https://www.alfabeta2.it/2016/12/10/speciale-populismo-al-tempo-degli-algoritmi-3/

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