Le vittorie della destra in Europa e nel mondo sembrano non fermarsi più, tanto da far parlare di post-democrazia, di crisi definitiva della democrazia e in taluni casi, soprattutto in Italia, di ritorno al “fascismo”. Ma sta tornando davvero il fascismo? Cosa vuol dire che un movimento, un partito, un certo comportamento politico sono “fascisti”?
Per rimanere in Italia, si susseguono i libri su Mussolini e sul ventennio, come il monumentale «M. Il figlio del secolo» di Antonio Scurati, in libreria per Bompiani, o “A noi” di Tommaso Cerno, della Rizzoli. Recentemente Michela Murgia ha pubblicato l’ironico «Istruzioni per diventare fascisti» per Einaudi e un test, il cosiddetto “fascistometro”, su «L’Espresso», dedicato alle caratteristiche dell’essere fascisti. Il problema di definire cos’è “fascismo”, quindi, è più che mai attuale, ma un attento esame della recente produzione non mi pare che consenta di arrivare a risposte definitive e unanimemente condivise. Forse è meglio tornare a Umberto Eco…
PREMESSA GENERALE
Nel mese di aprile 2018 è stato infatti ripubblicato da La nave di Teseo «Il fascismo eterno» di Umberto Eco, già contenuto in «Cinque scritti morali» del 1997. Si trattava di un breve discorso in inglese che Eco tenne nel 1995 alla Columbia University per celebrare la liberazione d’Europa; «Eternal Fascism» venne tradotto in italiano nello stesso anno («Totalitarismo fuzzy e Ur-Fascismo»). È importante notare che il testo era rivolto a studenti statunitensi in giorni in cui si discuteva di organizzazioni americane militari di estrema destra, e la scelta dei riferimenti e delle informazioni risentiva di questa destinazione.
«Il fascismo eterno», uscito poco dopo le elezioni politiche italiane, è più attuale oggi che nel 1995 e lo è tanto più in questi giorni, se si considera l’attuale momento italiano. Da qui, mi pare, la necessità di una nuova lettura, che sia orientata verso un pubblico europeo e italiano, e che metta in risalto l’applicabilità dei parametri escogitati da Eco per stabilire cosa è “fascismo”.
La recensione consisterà dunque in due parti:
- un sommario orientato verso i lettori di oggi, non necessariamente americani (SOMMARIO);
- la possibile applicazione dei criteri suddetti nei confronti delle formazioni politiche odierne definite generalmente come Nuova Destra, o populismo di destra (COMMENTO).
Un gioco, dunque, in questo secondo caso, perché si cercherà in modo un po’ fittizio e aleatorio di riconoscere le caratteristiche pseudofasciste di questi personaggi (Trump, Le Pen, Salvini ecc.) e dei loro comportamenti politici, ma un gioco maledettamente serio, visto che in gioco ci sono la democrazia e la libertà dei cittadini.
SOMMARIO
Lo scritto di Eco è diviso chiaramente in tre parti: un’introduzione, in cui si definisce il senso di “Ur-Fascismo”, o Fascismo eterno, e la necessità di studiarlo; le sue caratteristiche, o archetipi; una conclusione, in cui Eco invita a riconoscere e a smascherare il fascismo nella realtà di fine ventesimo secolo.
Nelle prime pagine l’autore rievoca gli anni della Liberazione come lui li ha vissuti e spiega il significato morale e psicologico che la Resistenza ha avuto in quel momento storico. Occorre ricordarne la natura composita e l’intento unitario:
La liberazione fu un’impresa comune per gente di diverso colore.
Dimenticare è sbagliato perché “loro” potrebbero tornare. Ma come si fa a riconoscerli? I regimi possono cadere e le ideologie possono essere delegittimate, ma c’è qualcosa che resta al di sotto: un modo di pensare e di sentire, abitudini culturali, istinti oscuri e pulsioni varie. Questo “fantasma” si aggira ancora per l’Europa e per il mondo, e se tutti parlano della Liberazione dopo la seconda guerra mondiale come di una “lotta al fascismo”, questo qualcosa, questo “fantasma”, è appunto ciò che chiamiamo ancora oggi “fascismo”. Ma attenzione, il regime di Mussolini, diversamente dal comunismo sovietico e dal nazismo, pur essendo una dittatura, non fu un totalitarismo compiuto: c’era una retorica fascista, ma non una filosofia fascista vera e propria; era anti-clericale, ma poi si alleò con la Chiesa; era rivoluzionario e conservatore insieme, repubblicano e alleato della monarchia; aveva una liturgia, un folklore, un modo di vestire, ma anche un collage di idee diverse e contraddittorie, certamente non un’ideologia forte. Era un totalitarismo fuzzy, cioè dai contorni imprecisi, sfumati, confusi, un movimento tutto sommato incoerente e caratterizzato non da minore intolleranza, ma da sgangheratezza politica e ideologica, una confusione ordinata, strutturata, imperniata sul piano emotivo su alcuni archetipi (il “fantasma” di cui sopra). Molti movimenti totalitari si chiameranno “fascisti”, o pseudofascisti, perché riprenderanno questi aspetti, almeno in parte, e avranno una specie di somiglianza con il fascismo italiano. La lista di tali caratteristiche comuni ai vari fascismi definisce il “fascismo eterno”, o “Ur-fascismo”, sempre pronto a ritornare.
Le caratteristiche dell’Ur-Fascismo:
- Il culto della tradizione, intesa come verità primitiva e rivelata, data una volta per tutte e consistente in elementi sincretistici e occulti, mescolati in modo incoerente.
- Il rifiuto del mondo moderno, conseguenza del tradizionalismo, sotto forma di “irrazionalismo” (la negazione dell’Illuminismo e dei principi del 1789).
- Il culto dell’azione per l’azione, alla base dello stesso irrazionalismo. L’azione deve sempre precedere il pensiero, la riflessione e la cultura intesa come senso critico sono sospette e vanno combattute (Göbbels).
- Il disaccordo e la critica come forme di tradimento, in nome del sincretismo e contro la modernità.
- La paura della diversità e il razzismo, esacerbati per raccogliere consenso.
- L’appello alle classi medie frustrate, approfittando di un momento di crisi.
- Il nazionalismo, la xenofobia e l’ossessione del complotto, possibilmente internazionale, ma anche interno (gli ebrei possono essere l’obiettivo migliore, visti come nemici interni ed esterni).
- Nemici troppo forti, o troppo deboli, a seconda dei casi, ma con la convinzione di poterli sconfiggere.
- La vita come guerra permanente, sicché il pacifismo è sempre collusione con il nemico. Lo scopo è una soluzione finale, il controllo del mondo, dunque contraddittoriamente un’era di pace.
- Un “elitismo popolare” (o di massa), o leaderismo, fondato sul disprezzo aristocratico per i deboli e sull’organizzazione rigidamente burocratica del gruppo.
- L’educazione all’eroismo, che deve essere la norma e che si collega al culto della morte.
- La volontà di potenza in materia sessuale, che comporta il machismo, il conformismo sessuale e il culto delle armi.
- Un “populismo qualitativo”, nel senso che gli individui non hanno diritti, perché questi sono delegati al “popolo”, inteso in modo astratto e rappresentato dal leader (vera voce del popolo che si contrappone al disprezzato parlamentarismo).
- La “neolingua”: lessico povero e sintassi elementare nel nazismo e nel fascismo, oppure quella creata da Orwell in 1984.
Nella parte finale, Eco torna ai ricordi del dopoguerra per sottolineare la differenza tra libertà e dittatura, invitando a non dimenticare il senso di queste parole, perché
l’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. […] L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo…
La parte centrale è quella più interessante del libro e forse quella più datata: interessante, perché potrebbe fornire una griglia per giudicare il grado di fascismo di un partito o di un movimento politico; datata, perché forse trascura alcuni aspetti della pratica politica di questo secolo, ciò che era inevitabile nel 1995, e perché si rifà anche troppo alla Storia del Novecento.
COMMENTO
Alcune premesse
Dal 1995 a oggi il panorama politico europeo e mondiale è cambiato in modo tumultuoso, dall’avvento del terrorismo islamico alle recenti vittorie elettorali di Trump e dei movimenti populisti europei, dalle reazioni alla crisi del 2008 all’arroccamento conservatore dell’Unione Europea, e l’elenco potrebbe continuare. Parlare di “fascismo” potrebbe risultare perciò limitativo o fuorviante, perché i movimenti internazionali di destra sfruttano a loro beneficio i problemi di oggi, legati alla diffusione dell’islamismo o ai migranti, vale a dire a questioni divenute centrali, o ritenute tali, a partire da questo secolo. È però anche vero che molte simbologie e alcuni rituali sono rimasti – camicie nere o brune, croci celtiche e altre amenità varie – a conferma di un fondamento storico considerato necessario come mezzo identitario; ma soprattutto permangono atteggiamenti, modi di pensare e scelte “ideali” che rimandano alle caratteristiche trovate da Eco: sono orientamenti verso qualcosa di simile a un “fascismo originario”, o a una tendenza o potenzialità pronta ad esprimersi in modo più completo, cioè apertamente fascista.
Nuove categorie si sono affermate nella scienza politica – identitarismo, inclusione-esclusione, populismo ecc. – ma in qualche modo possono essere ricollegate a quelle di Eco, meno moderne, ma ma tali da comprenderle. Per esempio, una società “chiusa”, securitaria, anti-solidale e non inclusiva fa parte degli archetipi numero 5 e 7: la paura della diversità e il razzismo, da una parte, e nazionalismo e xenofobia, dall’altra. Quanto alla categoria «populismo», può rientrare nel punto 13, il “populismo qualitativo”; sull’abuso del termine, che in effetti uso malvolentieri, posso rimandare a un altro mio articolo: https://giornatedilettura.wordpress.com/2018/04/22/uso-e-abuso-di-un-termine-discutibile-populismo-vittorio-panicara/
Ma il concetto di Ur-Fascismo, denominazione che preferisco a «Fascismo eterno», può essere accettato senza obiezioni? In fondo un’ideologia fascista, quella dello Stato corporativo, anche se per poco tempo, è esistita, al pari di una dottrina insegnata a scuola, per quanto fatta di slogan e di principi tra loro non sempre ben connessi. Ma dal manifesto del ’19 alle scelte del PNF compiute per instaurare il regime, le contraddizioni non mancarono e non possiamo riconoscere in un filosofo, Ugo Spirito o lo stesso Giovanni Gentile, l’ideologo vero e proprio del fascismo, movimento che sul piano delle idee è stato molto meno coerente del nazismo. Credo che l’impostazione scelta da Eco sia corretta.
I 14 archetipi: una revisione.
Se si guardano da vicino le 14 caratteristiche dell’Ur-Fascismo, altre obiezioni sono possibili: sono tutte necessarie? e non potrebbe essercene una più importante delle altre? O qualcuna meno? Insomma, non sarebbe opportuna una loro revisione? In effetti, qualche correttivo mi pare possibile, visto che le categorie di Eco non possono non essere datate, troppo vicine all’esperienza storica novecentesca e trovate da lui in maniera essenzialmente empirica.
Innanzitutto, leggendo i primi due punti, si riceve una strana impressione, come se Eco avesse dimenticato di tracciare una linea di confine tra una destra moderata e una destra radicale, questa sì magari fascista. Un partito liberale anche molto conservatore in genere rispetta lo Stato di diritto, le forme democratiche e il libero mercato, mentre una forza estremista di destra si rifiuta di riconoscere i principi liberal-democratici, l’uguaglianza giuridica dei cittadini e la libertà in politica e in economia. In una parola, l’estremismo di destra rifiuta i principi del 1789 e dunque i diritti umani. Tutto ciò pertiene ai primi due punti trovati da Eco – il culto della tradizione e il rifiuto del mondo moderno – che sarà bene associare in una sola categoria e considerare la condizione a priori per scegliere una forza politica da valutare secondo il suo eventuale grado di Ur-fascismo. Farebbero parte di questo nuovo primo punto il tradizionalismo sincretista e l’irrazionalismo anti-illuministico, contrario ai principi del 1789; si potrebbe semplificare in “comportamento anti-democratico e illiberale, contrario ai diritti umani”.
Anche le categorie 3 e 4 di Eco possono essere abbinate: il culto dell’azione e il disprezzo della cultura sono alla base del rifiuto di ogni forma di dissenso, rifiuto tipico di ogni totalitarismo.
L’archetipo 5, al contrario, è troppo composito: accrescere la paura del diverso per ottenere consenso prepara sì il razzismo, ma non necessariamente, e quest’ultimo è già un passo oltre. La discriminazione, “noi” e gli altri, è tipica della destra radicale ed è apparentata al razzismo, ma non coincide con esso perché ha bisogno di alcune mediazioni. La gravità di queste scelte, inoltre, consiglia di separare l’intolleranza, la lotta al diverso, dal razzismo vero e proprio.
I punti 8, 9 e 11 di Eco sono molto vicini: il bisogno di un nemico, debole o forte a seconda dei casi, dipende dalla vita vissuta come una lotta permanente, una sorta di anti-pacifismo, e ha come conseguenza l’educazione all’eroismo. In sintesi: il culto anti-pacifista, guerrafondaio, della lotta e dell’eroismo.
Le caratteristiche numero 10 e 13, leaderismo ed “elitismo di massa”, da una parte, il “populismo qualitativo”, in cui il leader è l’interprete del cosiddetto “popolo”, dall’altra, oggi coincidono con le caratteristiche comuni a tanti partiti e movimenti populisti (direi non quelli di sinistra, se mai esistono). L’indicazione generica potrebbe essere “populismo e leaderismo”.
Gli altri punti, a mio avviso, possono rimanere uguali, per un totale di 10 archetipi:
- comportamento anti-democratico e illiberale, contrario ai i diritti umani;
- culto dell’azione e disprezzo della cultura, repressione del dissenso;
- paura del diverso, intolleranza e discriminazione;
- razzismo;
- appello alle classi medie frustrate;
- nazionalismo, xenofobia e complottismo;
- la vita come guerra, anti-pacifismo, educazione all’eroismo;
- conformismo e volontà di potenza in materia sessuale (machismo), contro le donne;
- populismo e leaderismo;
- neo-lingua.
Un’osservazione: come detto, il punto 1 è quello discriminante, nel senso che deve essere presupposto come presente affinché una formazione politica possa dirsi di estrema destra e possa essere eventualmente “accusata” di Ur-Fascismo. Questo pone una difficoltà, visto che ben poche forze politiche estremiste di destra ammettono il rifiuto dei diritti umani, che dunque deve essere desunto dalla loro pratica politica. Tra gli altri archetipi, però, si potrebbe instaurare una gerarchia, essendo il populismo, per esempio, più importante di una “neo-lingua”, ma questo complicherebbe inutilmente l’esame e renderebbe le conclusioni troppo opinabili. Ma un’esemplificazione a questo proposito può essere significativa. Escludendo il numero 1, metterei al primo posto come pericolosità per la democrazia il razzismo, punto numero 4, seguito da nazionalismo/xenofobia (punto 6), intolleranza/discriminazione (punto 3), populismo/leaderismo (8), la vita come guerra (7), la repressione del dissenso (2), poi alla pari tutti gli altri. Ma questa classificazione è troppo soggettiva per essere impiegata in una ricerca che voglia essere in qualche modo credibile.
Infine, Eco, parlando delle 14 categorie, afferma che esse non costituiscono di per sé un sistema ed è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista. Secondo me, la formulazione non chiarisce fino a che punto un solo punto possa essere indicativo di Ur-Fascismo, ma la nuova sistemazione data da me dovrebbe evitare le contraddizioni di quella di Eco e potrebbe dare dei risultati significativi se le caratteristiche saranno presenti in grande quantità.
Le forze politiche scelte; l’esame
La scelta dei personaggi politici e delle formazioni a loro connesse è caduta su realtà vicine a noi, tutte caratterizzate da una visione autoritaria del potere (punto 1):
- l’amministrazione Trump (d’ora in poi solo Trump);
- il Fidesz (Unione civica ungherese) di Viktor Orbàn, teorico della “democrazia illiberale” (Orbàn);
- Il Front National (FN) di Marine Le Pen in Francia (lepenismo);
- L’SVP di Blocher in Svizzera, «Partito del popolo svizzero» (SVP, tradotto malamente nella Svizzera italiana con Unione Democratica di Centro, UDC);
- La Lega di Salvini (Lega);
- Il Movimento 5stelle di Grillo e Di Maio (M5S);
- Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni (Fd’I);
- Forza Italia di Silvio Berlusconi (FI).
La gran parte di queste forze politiche sono considerate populiste di destra, ma il M5S reclama una sua posizione “post-ideologica”, che supererebbe la divisione destra/sinistra, mentre Fd’I (nonostante qualche nostalgia del Ventennio) e soprattutto FI sono dichiaratamente di destra ma non “fasciste”. Anche la Lega, a parole, si mantiene a distanza da formazioni proto-fasciste come Casa Pound o Forza Nuova. Nel caso di Stati Uniti, Ungheria, Francia e Svizzera, nessuno (o quasi nessuno) sbandiera nomi o simboli fascisti o nazisti, ma i fatti godono di una loro autonomia ed è meglio far parlar loro…
La ricerca delle categorie di Eco, per quanto riviste, ha lo scopo di mettere alla prova i criteri stessi e non quello di gettare discredito sulle forze politiche in esame, italiane e non italiane. Le conclusioni raggiunte saranno messe a confronto con ciò che la pubblicistica generalmente afferma di Trump, Salvini ecc., preso come unità di misura; si tenterà di stabilire soltanto se le categorie possono dare esiti verosimili. Come si vedrà, l’applicazione nella pratica non è stata agevole e questo è solo un tentativo quasi ludico, senza ambizioni scientifiche.
I risultati
In cima a questa speciale classifica troviamo Trump, il lepenismo e la Lega di Salvini (e forse questa non è una gran sorpresa), con 7 caratteristiche – compreso il punto 1 – su 10.
L’attuale amministrazione statunitense disapprova e reprime il dissenso di giudici, giornali, alleanze e Stati nazionali una volta amici (l’UE, addirittura), mentre in nome del nazionalismo vara provvedimenti protezionistici, etnocentrici, xenofobi, aggressivi verso l’esterno, volti anche a osteggiare le minoranze; molte dichiarazioni di Trump sono state tacciate di razzismo, o di machismo (e anche alcuni scandali hanno dato conferma di questi atteggiamenti). Gli analisti politici come Revelli riconoscono nella sua azione politica una continuità storica con il populismo americano, e lui stesso, benché milionario, è leader in nome del cosiddetto popolo. Infatti non caratterizzerei il messaggio di Trump come rivolto per lo più alle classi medie frustrate, visto che ha avuto successo nelle elezioni del 2016 presso tutte le classi sociali, ma la cosa è controversa (alcuni studiosi non la pensano così); lo stesso dicasi per i punti 7 e 10, anche se il “personaggio” mass-mediatico Trump ha qualcosa di affine a un nuovo protagonismo quasi “eroico” (per il XXI secolo) e il suo modo di comunicare è davvero poco ortodosso (è l’appassionato di wrestling che si rivolge a un pubblico che vuole messaggi semplici e rozzi).
Lepenismo e leghismo italiano sono molto somiglianti nei risultati al trumpismo, non per niente considerato un modello. Anche in questo caso non c’è stato un appello politico rivolto soprattutto alla classe media e i successi elettorali si sono verificati in regioni come l’Alsazia-Lorena e la Toscana, una volta rosse, dunque in ambito operaio. Il loro nazionalismo non è smaccatamente contro la pace, anche se le conseguenze delle loro scelte potrebbero essere letali per l’UE. Il loro modo di comunicare è diretto, utilizza i social in modo spregiudicato, come una specie di marketing (soprattutto Salvini, come fa del resto anche Trump), ma non pare costituire una “neo-lingua”. I criteri da 1 a 4 sembrano guidare le loro scelte, così come le caratteristiche numero 6 (la xenofobia è evidente e ha raggiunto, per esempio con il padre di Marine Le Pen in Francia e con la Lega quando era Lega Nord in Italia, punte di razzismo), 8 (difesa della famiglia tradizionale, rifiuto del femminismo e delle unioni civili) e 9, dato che il loro populismo, per quanto la categoria sia debole teoricamente, è indiscutibile.
Trumpismo e leghismo – questo, come è noto, in coabitazione con il M5S – sono al potere e determinano costantemente la cronaca politica nazionale e internazionale con iniziative clamorose e propagandistiche, volte a tenere desta l’attenzione sui problemi su cui si sentono forti (i migranti, l’opposizione all’Islam). Gli osservatori non hanno mai avuto difficoltà ad accostare i loro comportamenti a ciò che in genere consideriamo “fascista”, e le categorie dell’Ur-Fascismo lo confermano.
A un gradino più basso, con 6 punti, ci sono Orbàn e Fratelli d’Italia. Neppure questa può essere una sorpresa, vista anche la reciproca frequentazione di Giorgia Meloni e Viktor Orbàn; si tratta di vedere, però, fino a che punto i successi di Fidesz in Ungheria abbiano attratto la Meloni al di là delle affinità politiche. Intollerante di qualsiasi opposizione, Orbàn sta reprimendo con successo il dissenso all’interno di uno Stato di cui ha radicalmente cambiato la Costituzione limitando la libertà di espressione; lo sbarramento all’Islam e ai migranti africani è sfociato nel razzismo, in nome di un nazionalismo populista xenofobo che fa da esempio e guida agli altri paesi di Visegrad. Gli unici punti per i quali non è detto che il criterio sia seguito sono i numeri 5, 7, 8 (valutazione molto incerta) e 10. È proprio la mancanza di un appello esclusivo ai ceti medi una delle caratteristiche della Nuova Destra, detta anche sociale, appunto per questa capacità di intercettare anche gli interessi delle classi lavoratrici. In Italia il partito della Meloni, molto vicino idealmente a Salvini, ma alleato di Berlusconi, si caratterizza per il suo nazionalismo acceso, con accenni di xenofobia e anche di razzismo non infrequenti; una certa simpatia per la figura di Mussolini si manifesta occasionalmente, ma non pare che sfoci nel culto dell’azione per l’azione, dell’eroismo e della guerra. Altra particolarità: il modo di far politica di Fd’I sembra più tradizionale e meno populista rispetto, per esempio, alla Lega e al M5S. In sintesi, non paiono soddisfatti i criteri numero 2, 7, 9 e 10.
Poco al di sotto si situa lo svizzero SVP, tipico partito xenofobo e ultra-nazionalista, con istanze razziste mai esplicite (lo vieta la costituzione federale), dalle modalità tipicamente populiste: 5 punti e solo una vaga tendenza all’Ur-Fascismo. La sua insofferenza al dissenso è nota, ma non porta ad atti di censura veri e propri, anche perché governa insieme con gli altri partiti (per il Consiglio Federale svizzero vige una sorta di consociativismo). È un partito che, pur difendendo nei fatti l’oligarchia finanziaria, fa appello a tutte le classi sociali, con preferenza per la piccola proprietà terriera; è conservatore in materia sessuale e familiare, ma senza eccessi particolari. Il suo modo di comunicare è popolaresco per lo più in Blocher, abilissimo, mentre altri esponenti politici rientrano bene o male nella normalità. I punti di Ur-Fascismo presenti nella pratica politica dell’SVP, per quanto gravi, sono dunque solo 5: i numeri 1, 3, 4, 6 e 9.
Finora tutte le forze politiche segnalate per la loro vicinanza all’Ur-Fascismo sono anti-europeiste e sovraniste. Questa osservazione è così importante che meriterebbe una trattazione a parte. Basti prendere giustamente in considerazione l’assenza nelle analisi di Eco di una variabile, pro o contro l’Europa, che ha preso consistenza solo negli ultimi anni.
Solamente due partiti sugli otto esaminati sembrano lontani dall’Ur-Fascismo, FI e M5S, tra di loro fieri avversari. Mostrano solo 3 elementi di Ur-Fascismo: i punti 1, 9 e 10 per il movimento fondato da Grillo; 1, 5 e 9 per FI. In realtà, le due forze politiche, populiste in maniera diversa, mostrano tratti autoritari e illiberali un po’ particolari e i loro adepti rifiuterebbero la qualifica di oppositori dei diritti umani. Tipico del M5S è la neo-lingua creata da Grillo, mentre FI è un partito europeista.
Le conclusioni
Dopo questa prova, le categorie dell’Ur-Fascismo possono dirsi in buona parte accreditate, anche se tre di esse paiono desuete e anacronistiche, o inadatte: l’appello alle classi medie frustrate non è più tipico del fascismo, essendo la propaganda delle nuove destre interclassista; l’educazione alla guerra e all’eroismo è ormai riservata ai nostalgici dei regimi novecenteschi; un cenno a parte merita la neo-lingua, un fenomeno moderno dei media, che non è solo appannaggio della destra populista. I sette criteri rimanenti sono da considerarsi validi.
La speranza è che questo breve saggio possa essere utile a qualcuno nel momento in cui viene da chiedersi se un partito o un personaggio politico possono dirsi “fascisti” e quindi pericolosi per la democrazia, soprattutto oggi, in tempi di crisi della rappresentanza democratica. Le categorie di Eco, è bene ribadirlo, mettono in evidenza una tendenza, non altro, e sarà bene tenerne conto prima di definire qualche politico “fascista” (ammesso che l’epiteto oggi sia ancora offensivo…).
Termino citando, come viatico e come fa Eco alla fine del suo saggio, l’avvertimento di Franklin D. Roosevelt:
Oso dire che se la democrazia americana cessasse di progredire come una forza viva, cercando giorno e notte con mezzi pacifici, di migliorare le condizioni dei nostri cittadini, la forza del fascismo crescerà nel nostro paese” (4 novembre 1938).

Lo Stalinismo era oro, nonostante i difetti.
Fascismo e Nazismo sono servi di finanza e capitale e non ci vuole un genio per capire che entrambi i governi (tutti i regimi reazionari) non hanno meriti. È da cretini(oltre che criminali e ignoranti) rimpiangere un servo come Mussolini o Hitler.
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[…] «IL FASCISMO ETERNO», o meglio L’UR-FASCISMO di Umberto Eco (recensione di Vittorio Panicara) […]
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