La frase del giorno – 10 giugno 2019

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Il diritto cosmopolitico dev’essere limitato alle condizioni dell’universale ospitalità

Qui, come negli articoli precedenti, non si tratta di filantropia ma di diritto, e ospitalità significa quindi il diritto di uno straniero che arriva sul territorio altrui, di non essere trattato ostilmente. Può venirne allontanato, se ciò è possibile senza suo danno, ma fino a che dal canto suo si comporta pacificamente, l’altro non deve agire ostilmente contro di lui. Non si tratta di un diritto di ospitalità, cui lo straniero può fare appello (a ciò si richiederebbe un benevolo accordo particolare, col quale si accoglie per un certo tempo un estraneo in casa come coabitante), ma di un diritto di visita spettante a tutti gli uomini, quello cioè di offrirsi alla socievolezza in virtù del diritto al possesso comune della superficie della terra, sulla quale, essendo sferica gli uomini non possono disperdersi all’infinito, ma devono da ultimo tollerarsi nel vicinato, nessuno avendo in origine maggior diritto di un altro a una porzione determinata della terra. Tratti inabitabili di questa superficie, il mare e i deserti di sabbia, impongono separazioni a questa comunità umana, ma la nave e il cammello (la nave del deserto) rendono possibile che su questi territori di nessuno gli uomini reciprocamente si avvicinino e che il diritto sulla superficie, spettante in comune al genere umano, venga utilizzato per eventuali scambi commerciali. L’inospitalità degli abitanti delle coste (ad esempio dei Barbareschi) che si impadroniscono delle navi nei mari vicini o riducono i naufraghi in schiavitù, l’inospitalità degli abitanti del deserto (ad esempio dei beduini arabi) che si credono in diritto di depredare quelli che si avvicinano alle tribù nomadi è dunque contraria al diritto naturale. Ma questo diritto di ospitalità, cioè questa facoltà degli stranieri sul territorio altrui, non si estende oltre le condizioni che si richiedono per rendere possibile un tentativo di rapporto con gli antichi abitanti. In questo modo parti del mondo lontane possono entrare reciprocamente in pacifici rapporti, e questi diventare col tempo formalmente giuridici ed infine avvicinare sempre più il genere umano ad una costituzione cosmopolitica.

Se si paragona con questo la condotta inospitale degli Stati civili, soprattutto degli Stati commerciali del nostro continente, si rimane inorriditi a vedere l’ingiustizia ch’essi commettono nel visitare terre e popoli stranieri (il che è per essi sinonimo di conquistarli). L’America, i paesi dei negri, le Isole delle spezie, il Capo di buona speranza ecc., all’atto della loro scoperta erano per loro terre di nessuno, non tenendo essi in nessun conto gli indigeni. Nell’India orientale, con il pretesto di stabilire ipotetiche stazioni commerciali, introdussero truppe straniere e ne venne l’oppressione degli indigeni, l’incitamento dei diversi Stati del paese a guerre sempre più estese, carestia, insurrezioni, tradimenti e tutta la rimanente serie dei mali, come li si voglia elencare, che affliggono il genere umano.

 

Immanuel Kant, Per la pace perpetua

http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaK/Kant_11.htm

 

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