
I. «Dio vi dia la salute», augurò il custode del cimitero ai due amici che uscivano. Nino protestò: — Perchè irridi vecchio al nostro stato mortale? ben sai tu che a nulla ci giova la salute.
II vecchio taceva e guardava le sue tombe.
— Pure, disse poi crollando il capo, pure…. Dio vi dia la salute.
I due amici uscirono e s’incamminarono in silenzio per la via deserta.
N. ruppe il silenzio quasi continuando.
— Parlava in buona fede — eppure il suo augurio suona irrisorio.
- Rico.
— Tale in fatti suona a noi che non l’abbiamo la salute.
- N.
— Ma l’avessimo anche, non essa ci salverebbe dall’estremo passo che il vecchio ha in sua balìa.
- R.
— No certo. Ma è diverso per chi è sano e per chi è ammalato.
- N.
- — E che importa a me più esser sano o ammalato se devo morire? O se pur c’è una differenza più mi sarà doloroso abbandonare questo mondo che a me sano sarà lieto, che abbandonare un luogo di tormento per cessare nell’incoscienza il dolore del male. Chè se la morte è il supremo dei mali è per la via degli altri mali ch’io potrò prepararmi a sopportarlo.
- R.
- — Dici bene, ma dimmi: come si fa a sopportare il male? Forse che perchè io lo sopporti esso diventa meno male di quanto fosse prima o come avviene?
- N.
- — Certamente esso resta quale è, ma io non lo sento più così come prima lo sentivo.
- R.
- — Cosi dunque come il freddo è male quando il tuo corpo s’irrigidisce e il sangue non circola più e tu senti dolore a ogni estremità, ma se tu con la ginnastica e l’abitudine indurisci il corpo prima e quando ogni volta nel freddo tu non cerchi riparo, ma cerchi col movimento di far circolare il sangue, tu potrai sopportar quello senza dolore e non ti sarà più un male.
- N.
- — Così appunto.
- […]
Carlo Michelstadter, Dialogo della salute.
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