Malgrado gli sforzi per essere libero nei giudizi, questo giovanotto colto e pieno di buoni propositi – il tipico esemplare dell’ultimo venticinquennio–, se preso alla sprovvista, si rivelava ancora schiavo delle abitudini e delle convenzioni che gli erano state insegnate in passato. Nessun profeta gli aveva detto – e lui non era abbastanza profeta per dirselo da sé – che, in fondo, la sua giovane moglie meritava le lodi di Re Lemuel, alla pari di qualsiasi altra donna che provasse avversione nei confronti del male, giacché il suo valore morale doveva essere giudicato non dai risultati, ma dalla predisposizione naturale. Inoltre, la persona a noi vicina in una situazione del genere soffre, perché mette a nudo, senz’ombra di dubbio, la propria miseria; mentre le figure lontane vengono apprezzate, poiché la distanza trasforma in pregi artistici i loro difetti. A forza di giudicare tutto ciò che Tess non era, trascurava, invece, ciò che era, e dimenticava che la parte può essere più significativa dell’intero.

Thomas Hardy, Tess dei D’Urberville