
Lei prende dal tavolo il coltello della carne.
Lui le afferra il polso.
Lei si divincola, digrigna i denti. È l’11 febbraio 1996, è il pieno dell’inverno, il sole non è ancora sorto. La luce sul soffitto va e viene.
“Cosa vuoi fare con quello, eh?”
Il coltello cade a terra con un rumore gelido, poi ritorna il silenzio. Lui si muove a tentoni, sbanda contro il cassetto. Lo apre, cerca una candela, non la trova. Lei raccoglie il coltello e lo punta contro se stessa, al collo, rovescia la testa come un animale sedato. Lui cerca di prenderglielo dalle mani, ma è un gesto meccanico, lento, senza terrore. Lei lo allontana con un calcio, ma è scalza, lui fa un sorriso di scherno, un ghigno che mette in mostra gli impianti sui molari e tutta la sua faccia diventa immobile e crudele.
Viola Di Grado, Fuoco al cielo.
