
L’Uomo rifletteva tra sé e sé, perché in un certo senso, mentalmente, l’Uomo era unico. Era formato da trilioni, trilioni e trilioni di corpi senza età, ciascuno al suo posto, ciascuno immobile e incorruttibile, ciascuno accudito da automi perfetti e altrettanto incorruttibili, mentre le menti di tutti quei corpi si fondevano liberamente l’una nell’altra, indistinguibili. «L’Universo sta morendo» disse l’Uomo. Guardò, intorno a sé, le Galassie sempre più fioche. Le stelle giganti, così spendaccione, si erano spente da un pezzo, laggiù nel buio del più oscuro passato remoto. Quasi tutte le stelle erano nane bianche, sul punto di spegnersi. Nuove stelle erano state costruite con la polvere interstellare, alcune per un processo naturale, altre dall’Uomo stesso, e anche quelle stavano per decadere. Era ancora possibile far cozzare tra loro delle nane bianche e, dalle possenti forze così sprigionate, far scaturire nuove stelle; ma una soltanto, ogni mille nane bianche distrutte, e anche quelle poche, presto o tardi, avrebbero finito per decadere.
Isaac Asimov, L’ultima domanda in Il meglio di Asimov
