
Probabilmente era più semplice non permettersi di innamorarsi di nessuno, pensò Isabel. Essere se stessi e basta, refrattari alle ferite inferte da altri. C’era molta gente del genere, contenta della propria vita solitaria… Ma lo era davvero? Si era chiesta quante di queste persone erano sole per scelta e quante perché nessuno era mai entrato nella loro vita a sollevarli del peso della solitudine. C’era una bella differenza tra la rassegnazione o l’accettazione della solitudine e la libera scelta di stare soli. Il mistero fondamentale, ovviamente, era questo: che bisogno c’era di innamorarsi? Una risposta riduttiva era che si trattava semplicemente di una questione biologica e che l’amore forniva la motivazione che permetteva alle persone di stare insieme per crescere i figli. Come tutte le questioni di psicologia evolutiva sembrava tanto semplice e scontata, chiara, ma se era tutto lì, allora perché ci si innamorava di idee, cose, luoghi? Auden aveva intuito questa potenzialità quando aveva scritto di essersi innamorato da bambino di una pompa motore, che allora gli pareva «bella quanto te in ogni dettaglio».
Alexander McCall Smith, Il club dei filosofi dilettanti.
