Frase del giorno – 18 giugno 2022

Siamo entrati nel nuovo secolo ancora troppo giovani, ma già con un enorme bagaglio di esperienze alle spalle. L’inizio della presidenza di Vladimir Putin per molti di noi ha coinciso con il momento in cui dovevamo decidere cosa fare della nostra vita. La sua figura e la sua retorica politica per molti di noi rappresentavano l’unico reale modello di comportamento politico, l’unica speranza per un futuro migliore. Negli anni abbiamo imparato a rispettarlo, abbiamo cercato di capirlo e soprattutto abbiamo creduto ciecamente nella sua visione del futuro, nella sua voglia di migliorar la vita della nostra patria.

Però. Però sono passati vent’anni, oggi siamo quarantenni, abbiamo famiglie, viviamo le nostre quotidianità spesso banali, a volte complicate, e la linea politica di Putin rimane sempre la stessa, immutabile, disperatamente stagnante mentre il mondo attorno cambia drasticamente, ogni giorno sempre di più.

E a volte, quando guardo i notiziari della tv russa, mentre la conduttrice con voce angelica racconta dell’ennesimo missile nucleare che abbiamo costruito, ancora una volta più potente e più distruttivo di quelli degli altri paesi, ennesima dimostrazione della nostra supremazia, i miei occhi leggono il testo del messaggio che scorre nella striscia in basso sullo schermo: dice che un bambino in qualche regione sperduta della nostra grande patria sta morendo di una terribile malattia che la nostra medicina non è in grado di affrontare, quindi viene richiesto un aiuto, un sms, per portare quel bambino negli Stati Uniti, oppure in Germania, dove potrà essere curato. E allora sento qualcosa rompersi dentro di me, come se in quel momento, e ogni volta, prendessi coscienza di appartenere a una generazione di persone usate, derise e tradite dai rappresentanti del potere che governa la loro patria.

Nicolai Lilin, Putin. L’ultimo zar.

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