Pillola di narrativa: “Il libro delle case” di A. Bajani.

Un’architettura narrativa originale, una storia suggestiva e una trama che ha come protagonista i luoghi e, in modo particolare, le case. Ecco le tre principali caratteristiche de Il libro delle case di Andrea Bajani che racconta la vicenda di un uomo, chiamato Io, che si sviluppa attraverso la descrizione delle case che occupa. I luoghi, che diventano il vero soggetto del romanzo, raccontano la vita mantenendo la memoria di ciò che è accaduto al loro interno, le voci sussurrate, le paure, le persone che vi hanno vissuto. Ma esplorare ogni casa vuol dire anche sondare i sentimenti di chi l’ha abitata; ogni stanza, infatti, ha una risonanza emotiva con la storia che si narra e tutte seguono lo sviluppo del protagonista che vi si muove all’interno. Questo iter si intreccia con la cronaca del tempo che assiste, ad esempio, all’omicidio di Aldo Moro e al ritrovamento del corpo martoriato di Pasolini all’Idroscalo.

I capitoli, brevi, ognuno dedicato a una casa diversa, si susseguono non in ordine cronologico ma attraverso salti temporali che coprono circa venticinque anni. I personaggi non possiedono un nome proprio (Io, Madre, Padre, etc) e di loro si parla in terza persona, originando una prosa distaccata, che allontana il lettore dalla vicenda del singolo e attribuendogli, in tal modo, una caratura universale. Il narratore onnisciente osserva da lontano la vicenda descrivendola con destrezza ma senza dialoghi né coinvolgimento emotivo. Ed è questa mancanza, l’assenza di empatia, che rende ancor più freddo lo stile minimalista dell’autore. È come se il protagonista parlasse della sua vita attraverso i luoghi ma senza prendervi parte, è come se si dissolvesse. Il romanzo è interessante per i dettagli, per l’idea singolare di fondo, per aver reso la casa lo strumento finalizzato ad indagare l’esistenza di una persona ma nell’insieme non ammalia.


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