Quella di oggi è una briciola un po’ particolare. Ricorre infatti domani l’anniversario della nascita di Marco Aurelio, l’imperatore passato alla storia anche come filosofo. Alla sua biografia, ma soprattutto al suo pensiero, è dedicato questo contributo.
Potete recuperare gli altri articoli della rubrica qui: Briciole di filosofia

(Roma 26 Aprile 121 – Vindobona (Vienna) 17 Marzo 180)
Adottato giovanissimo da Adriano*, che impose al successore di farne il suo successore, una volta divenuto imperatore alla morte di Antonino, Marco Aurelio poté applicarsi solo parzialmente alle riforme a cui teneva. Giacché, trovandosi a governare in uno dei momenti più calamitosi per l’impero, zeppo di rivolte, barbari e pestilenze, questo spirito pacifico fu condannato a trascorrere la maggior parte della sua carriera in una serie di guerre contro i Marcomanni e i Quadi, di cui resta memoria nella colonna romana. Quando poi stanco di una vita travagliata sentì avvicinarsi la fine, si lasciò morire stoicamente astenendosi dall’alimentarsi, e contrariamente a quanto si vede nel Gladiatore di Ridley Scott, non dovette essere vittima di quel figlio sciagurato che comunque fu Commodo.
Ricordato come l’imperatore filosofo in tutti i manuali, Marco Aurelio filosofo lo fu, ma non in maniera sistematica, con un’opera sui generis in cui è racchiusa la totalità delle sue riflessioni, dal titolo Τὰ εἰς ἑαυτόν (Tà eis heautón), diversamente tradotto come Colloqui con se stesso, Pensieri, Ricordi: il solo libro che tra una battaglia e l’altra ebbe l’agio di scrivere di notte, e non in latino ma nel greco della tradizione colta.
L’opera, in XII libri ma incompiuta, si compone di una serie sparsa di massime e sentenze a mo’ di consolazione privata, in cui l’autore scende a colloquio con se stesso. Se con la concezione dei tre principi costitutivi dell’uomo (il corpo come materia (ulé), l’anima come soffio vitale (pneuma), e l’intelletto (Nous)), sembra inclinare allo stoicismo, Marco Aurelio non trascura pertanto il contributo di altri pensatori fondamentali. A partire da Epicuro, di cui condivide la persuasione che la conoscenza inizi con la sensazione, e che l’impressione dell’oggetto sull’anima generi la rappresentazione da cui scaturiscono il ricordo e l’esperienza. Ma anche da Eraclito, dal quale accoglie l’idea della continua trasformazione delle cose, per cui tutto muta e fluisce, al punto che effimere sono le azioni umane, ed effimera è la fama sia presso i contemporanei che i posteri.
Ciò spiega la costante presenza, nel suo pensiero, dell’idea della morte e della vanità delle cose, con conseguente necessità per l’uomo di opporre l’unico baluardo possibile alle leggi di natura, che consiste nell’adeguamento responsabile e lucido alla sorte che gli è imposta. Dalla consapevolezza del fluire di tutte le cose verso la fusione panteistica dell’uno col tutto, nasce da un lato l’idea cosmopolita dell’uomo cittadino dell’universo, e dall’altro l’imperativo di vivere secundum naturam entro un ordine universale: accettando la caducità e l’inesorabile passare delle cose, la loro insignificante durata, la brevità e la sostanziale nullità della vita, riscattata solo dall’attimo presente. Che poi altro non significa che accogliere ogni evento come viene, e considerare quello che è ritenuto il massimo dei mali, la morte, come la semplice dissoluzione degli elementi di cui siamo composti in altri elementi: sicché, più che temerla, è necessario non farsi cogliere impreparati, e vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Ma significa anche, sul piano morale, affermare quel poco di libertà concessa all’uomo, ascoltando la voce della coscienza e curando, come vuole Epitteto, solo le cose che sono in nostro potere. E perciò aprirsi a sentimenti di solidarietà verso i simili che condividono il nostro stesso destino, assolvendo ai compiti connessi alla propria posizione sociale, e con responsabilità civica e morale compiere quel dovere che solo dà senso a un’esistenza iscritta in un ferreo destino di morte.
PENSIERI (Contrariamente al mio solito, questa volta per empatia mi astengo da commenti semiseri…)
- Hai un limite di tempo prestabilito che svanirà se non lo utilizzi per la serenità, e anche tu svanirai e non potrai più approfittarne.
- Se guardi l’abisso del tempo passato e quello infinito futuro, che differenza c’è tra tre giorni e tre generazioni?
- Considera quale frazione d’infinito è stata assegnata all’uomo, e come ogni uomo si dissolve in un istante
- Il presente è l’unica cosa di cui si può essere privati, dato che è l’unica che possediamo, mentre nessuno può perdere ciò che non ha
- La vita dell’uomo dura un attimo, e la sua essenza fluisce come un fiume
- Considera la rapidità con cui avvolge tutte le cose l’abisso del tempo
- Tutte le cose che ora vedi muteranno e non esisteranno più
- Tutto è trasformazione, non verso il non essere ma verso ciò che non è ancora
- La terra intera non è che un punto di cui il luogo che abiti non è che una frazione
- A chi muore vecchio tocca la stessa età di chi muore prematuramente
- La vita dell’uomo non è altro che fumo, un nulla
- Nella vita anche tre atti possono essere l’intero dramma.
- Presto la terra ci ricoprirà, poi anch’essa si trasformerà in qualcosa d’altro, e questo in altro ancora, all’infinito
- Tutte le cose che vedi periranno, insieme a coloro che le hanno viste perire
- Tu esisti come parte del tutto e scomparirai in ciò che ti ha generato.
* Come molti di voi sapranno, in Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar l’anziano imperatore si rivolge proprio al giovane Marco Aurelio.
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[…] Martedì è uscito, come ogni due settimana, un contributo per la rubrica Briciole di filosofia curata da Gerardo. Questa volta volte si è trattato di una Briciola un po’ speciale, pubblicata il giorno prima dell’anniversario della nascita di Marco Aurelio. Protagonista dell’articolo è stato proprio l’imperatore filosofo, di cui Gerardo ha ripercorso il profilo biografico e il pensiero (con una serie di pensieri). Volete recuperare l’articolo? Lo trovate qui: Chi era Marco Aurelio, l’imperatore filosofo? […]
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