Incipit del giorno – 5 luglio 2023

«Storia contemporanea» si suol chiamare la storia di un tratto di tempo, che si considera un vicinissimo passato: dell’ultimo cinquantennio o decennio o anno o mese o giorno, e magari dell’ultima ora e dell’ultimo minuto. Ma, a voler pensare e parlare con istretto rigore, «contemporanea» dovrebbe dirsi sola quella storia che nasce immediatamente sull’atto che si viene compiendo, come coscienza dell’atto; la storia, per esempio, che io faccio di me in quanto prendo a comporre queste pagine, e che è il pensiero del mio comporre, congiunto necessariamente all’opera del comporre. E contemporanea sarebbe detta bene in questo caso, appunto perché essa, come ogni atto spirituale, è fuori del tempo (del prima e del poi) e si forma «nel tempo stesso» dell’atto a cui si congiunge, e da cui si distingue mercé una distinzione non cronologica ma ideale. «Storia non contemporanea», «storia passata», sarebbe invece quella che trova già innanzi a sé una storia formata, e che nasce perciò come critica di essa storia, non importa se antica di millenni o remota di un’ora appena.

Benedetto Croce, Teoria e storia della storiografia, dal primo saggio Storia e cronaca.

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