Perché ho abbandonato questi 5 libri

Ci sono due tipi di lettori e lettrici: chi davanti a un libro che non piace, rinuncia, lo abbandona dopo qualche capitolo, senza remore. Poi ci sono i testardə, quellə che insistono, pagina dopo pagina, fino alla fine, spintə dall’idea che, chissà, magari, a un certo punto, l’opera saprà riscattarsi. Io appartengo a quest’ultimo gruppo: lasciare un libro letto a metà mi infastidisce, mi crea, non posso negarlo, sensi di colpa. Non posso fare a meno di chiedermi: e se quell’ultima pagina gettasse una luce nuova su quanto letto finora?
Sono dunque rarissimi i casi in cui ho gettato la spugna (lo dico con rammarico per il tempo che a volte ho di fatto perso), e mi incuriosisce notare che non sempre l’ho fatto per questioni inerenti all’opera in sé. Del resto, come vi raccontavo in Storie di libri (non) comprati, la vita interiore modella e definisce le nostre letture. E allora ecco qui una carrellata di 5 libri che ho abbandonato, con le ragioni che mi hanno portata a questa decisione. Non me ne vogliate, ma alcuni sono grandi romanzi della letteratura occidentale; forse non è ancora arrivato il momento giusto.

1. Northanger Abbey di Jane Austen

Jane Austen è una delle poche autrici di cui posso dire di aver letto quasi tutto. Prediletto è senza dubbio Emma, direi l’opera più completa e meno prevedibile. Ho gradito Orgoglio e pregiudizio e, forse appena un po’ meno, Ragione e sentimento (per me Brandon avrà sempre il volto di Alan Rickman). E sono rimasta piacevolmente sorpresa da Mansfield Park, dalla sua protagonista il cui carattere è tanto diverso da quello di tutte le precedenti eroine di Austen. Eppure, lo ammetto, con Northanger Abbey (prima opera completata dall’autrice, sebbene pubblicata solo postuma) la scintilla non è proprio scattata. Lo abbandonai dopo poche pagine, ma credo che la ragione sia prima di tutto linguistica, dato che incautamente avevo deciso di leggere il testo in originale, e, si sa, l’inglese di inizio ‘800 è piuttosto diverso da quello a cui sono abituata. All’epoca ero ancora una studentessa di letteratura e linguistica italiana e inglese, avevo trovato il libro in un cesto dell’usato gratis al dipartimento di anglistica. Terminata da poco la lettura di Emma (in italiano), ero molto impaziente di iniziare un altro libro della stessa autrice. Ahimé, la difficoltà della lingua mi impedì di cogliere l’ironia, i dettagli, i personaggi che rendono le narrazioni di Austen appassionanti e pungenti. Nella speranza di recuperare questo classico, ne ho acquistato una versione italiana. Vedremo.


2. I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij

So che spezzerò il cuore a moltə, e ci tengo a dire qui qualcosa che in realtà vale per ognuno degli autori e delle autrici menzionatə: il fatto che io abbia abbandonato questi libri non costituisce alcun giudizio sul loro valore. Era il 2016, di Dostoevskij avevo letto Notti bianche e Delitto e castigo, entrambi mi erano piaciuti molto. Avevo iniziato I fratelli Karamazov da poco, ero arrivata a pagina 152 (lo so perché il segnalibro è ancora lì) quando un bruttissimo lutto aveva investito la mia vita con violenza. Per quasi un anno non lessi quasi nulla, qualche saggio qui e là, e abbandonai quest’opera, perché leggerla (come accade per i grandi classici) significava rifugiarmi in un silenzio che mi spaventava, guardarmi dentro, riflettere inevitabilmente su quanto mi stava accadendo. Per tanto tempo non sono stata in grado di farlo. Eppure confido che un giorno arriverà il momento per riprendere i mano questo romanzo che dalle prime pagine era riuscito a trascinarmi con la sua prosa densa e maestosa.


3. Insciallah di Oriana Fallaci

Anche di questo libro ho ancora segnata la pagina oltre la quale non ero riuscita a proseguire, ma qua la possibilità che io ne riprenda la lettura è decisamente più bassa. Insciallah è un romanzo di Oriana Fallaci, autrice che avevo scoperto con Se il sole muore e Niente e così sia, di cui scrissi in “NIENTE E COSÌ SIA”: IL LIBRO NECESSARIO DI ORIANA FALLACI. Peggio, molto peggio andò, per quanto mi riguarda, con La rabbia e l’orgoglio che trovai disturbante, per ragioni di posizione politica, benché avessi cercato di tener presente la situazione storica da cui erano scaturite quelle riflessioni. Insciallah appartiene invece alla narrativa e, lasciatemelo dire, non ne apprezzai lo stile, i personaggi piatti, i dialoghi troppo lunghi. Certo, non ho idea di come avrebbe proseguito il testo, oltre quella quarantina di pagine, ma non ho mai sentito il bisogno di scoprirlo. Credo che il meglio di sé, delle sue analisi, talvolta anche controverse, Fallaci l’abbia saputo donare altrove.


4. Via della pazza folla di Thomas Hardy

Torniamo a un’opera che invece mi rincresce di non aver saputo apprezzare: Via della pazza folla di Thomas Hardy. Premesso che la narrativa di stampo realista non è in cima ai miei gusti, va detto che di Hardy lessi con trasporto e partecipazione Tess dei d’Urberville di cui apprezzai l’intento di denuncia e le straordinarie descrizioni del paesaggio, anche se avevo trovato certi atteggiamenti della protagonista psicologicamente poco credibili. Ciononostante il destino di Tess aveva saputo toccarmi sia a livello intellettuale che emotivo. Non posso dire certo di quest’altro romanzo, abbandonato dopo 140 pagine (sì, anche qui ho tenuto il segno), e di cui ricordo solo la freddezza con cui procedevo nella lettura. Nulla di quanto leggevo mi coinvolse: gli eventi si susseguivano, così come le facce e i nomi, per me privi di rilevanza narrativa o psicologica, su pagine che presto mi stancai di voltare. Lo stile del tempo, seppur in parte distorto dalla traduzione, può aver giocato un ruolo, come mostra del resto l’ultimo romanzo di questa breve serie.


5. Mastro Don Gesualdo di Giovanni Verga

Con Mastro Don Gesualdo non si può dire che io non ci abbia provato: ne lessi più di due terzi, prima di arrendermi e ne riuscì ad apprezzare qualche passaggio più lirico, ma nulla in confronto al piacere con cui avevo letto I Malavoglia. Non riuscii ad arrivare alla fine, sebbene fossi in lettura condivisa (era il periodo della pandemia), il che forse spiega perché proseguii più testardamente del solito. Onestamente non credo ci riproverò, sicuramente non nell’immediato futuro: forse è un libro che si apprezza in un’età più matura, chissà…

Ecco, da lettrice, questi sono i miei “scheletri nell’armadio”, libri che a guardarli lì, sulla mensola, mi provocano ancora irritazioni perché non sono mai riuscita a portarli a termine. Questo non significa che abbia una cattiva opinione di queste opere, di cui non voglio certo sconsigliare la lettura! Il mio intento era quello di parlarvi un po’ di me, di chi si nasconde dietro uno dei volti di Giornate di lettura. Spesso lo faccio recensendovi ciò che ho letto, questa volta vi ho raccontato i libri che invece ho abbandonato (chissà se per sempre).

5 commenti

  1. […] Venerdì è invece uscito un articolo dedicato ai libri abbandonati, cosa è meglio fare? Abbandonare un libro che non ci piace? oppure continuarne testardamente la lettura? Di questo e altro abbiamo parlato, facendo l’esempio di 5 romanzi rimasti a metà. Se volete recuperare l’articolo, potete cliccare qui: Perché ho abbandonato questi 5 libri […]

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  2. […] In un articolo uscito su Giornate di lettura l’anno scorso vi raccontavo di alcuni libri di cui non ero riuscita a terminare la lettura. Nella maggior parte dei casi avevo semplicemente scelto il momento sbagliato per dedicarmi a quei romanzi, saggi o racconti. L’abbandono di quei libri non dipendeva, infatti, dalla qualità della scrittura o dal contenuto. […]

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