LA SCUOLA DI MILETO – Anassimandro

Briciola di filosofia #14

Abbiamo già visto come in generale i primi filosofi ionici, abbandonate le cosmologie di Omero e di Esiodo, si concentrarono sull’investigazione razionale della natura (fusis) ricercando in particolare l’arché, ossia quel principio che dà origine a tutte le cose, si ritrova a sostrato di tutte le cose, e in cui tutte le cose si risolvono.

A Talete, il fondatore della prima scuola filosofica di Mileto, abbiamo già dedicato una briciola parlando dei saggi antichi, e a quella rinviamo. Qui basterà ribadire che è considerato come colui che per la prima volta, spostando l’indagine dal mito a un principio razionale, individuò quell’arché in un elemento fisico: l’acqua. È possibile che ve lo inducesse la considerazione che il nostro corpo è composto soprattutto di “liquido”, e che in una regione assolata come l’Anatolia l’acqua era una risorsa fondamentale, senza cui non sarebbe stata possibile nessuna forma di esistenza. Sembra una scoperta placida: ma è il nuovo approccio a segnare una svolta capitale per la storia umana.

Se Talete fu il fondatore della scuola, non ne fu certo l’unico rappresentante, ma ebbe altri collaboratori e discepoli, il più formidabile dei quali, benché parzialmente “traditore” (allo stesso modo in cui Aristotele lo sarà un giorno del suo maestro Platone, ribadendo che Amicus Plato, sed magis amica Veritas), fu Anassimandro. Pensatore e scienziato audace, le cui intuizioni hanno trovato sorprendenti conferme ai nostri giorni, Anassimandro non solo introdusse lo gnomone (orologio solare), rendendo più attendibile il computo del tempo; ma a lui si deve ancora la scoperta dell’ubiquità dello zodiaco, e una ricostruzione (molto approssimativa, va detto) della sfera celeste.

Pur condividendo l’approccio razionale di Talete, Anassimandro se ne distanziò tuttavia con uno scarto importante, individuando l’arché non in uno dei quattro elementi naturali (aria, acqua, terra e fuoco, secondo una tradizione che sopravviverà ben oltre Aristotele), ma in un principio più complesso che chiamò apeiron: termine che si può tradurre approssimativamente con indefinito.

L’affermazione di questo principio indeterminato nasceva dalla necessità di spiegare la molteplicità delle cose che cadono sotto i nostri sensi, con la loro costante variazione. Per farlo, Anassimandro ne postulò l’origine in qualcosa di intrinseco alla natura stessa, ritenendo che il principio che dava origine a tutte le cose nelle loro difformità non poteva essere un elemento specifico. Doveva invece essere indefinito per poterle produrre tutte, ma anche illimitato, per poterne spiegare l’inesauribile variazione. E al tempo stesso non avrebbe potuto smettere di esistere come sostrato permanente attraverso le variazioni, altrimenti anche le cose da esso scaturite avrebbero smesso di essere, e invece di tante realtà ci sarebbe stato il nulla.

Essendo dunque privo di limiti ed immortale, l’Apeiron è perciò senza origine e fine, ed è l’unica realtà che permane al di sotto della dissoluzione continua delle cose. Le quali nascono e muoiono secondo la necessità di un mondo scosso da una serie di contrari che tendono a sopraffarsi l’un l’altro, generando uno stato di ingiustizia. Uno stato però non destinato a durare, visto che il tempo, con imparziale equilibrio, assegna un limite a ciascuno di loro. E siccome il mondo è dominato dalla scissione dei contrari, la prima ingiustizia da espiare è la fine della dissoluzione del mondo stesso nell’indeterminato, in cui le cose che da esso prendono origine ritornano, per la legge dell’hubrys espiando il fio della propria colpa.

Oltre a ciò, con slancio audace Anassimandro si spinse ad affermare che il nostro non è che uno degli innumerevoli mondi che l’hanno preceduto o che lo seguiranno o che coesistono, o nascono e muoiono. Ipotesi anche questa anticipatrice di alcune conquiste dell’astronomia attuale (come non pensare alle galassie…?). Certo, siamo ben lontani dai risultati della scienza odierna: ma intuizioni come quella della terra sospesa senza essere tenuta da nulla ma solo a causa dell’uguale distanza dalle parti, e l’idea che la vita abbia avuto origine con gli animali acquatici, non sono forse intriganti anticipazioni della fisica o dell’evoluzione delle specie?


 

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