“Tutti i nostri corpi” di Gospodinov. Recensione a cura di Maresa Schembri

La raccolta di racconti di Gospodinov, Tutti i nostri corpi, dà un occasione al lettore di rivalutare la categoria del “racconto”, genere narrativo molto spesso sottovalutato. Infatti, si tratta di centotré storie brevissime, di abbacinante ricchezza dato che i chiaroscuri emotivi spaziano dall’umorismo alla malinconia, dalla bizzarria all’amarezza, dalla comicità all’assurdità. Sorprende non poco la capacità dell’autore di riuscire a comunicare al lettore così tanto con poche righe, al punto che anche la parola non detta diventa espressiva tanto quanto quella esplicita. Questo si traduce in un gioco funambolico di detto e non detto, una sorta di esperimento narrativo ad impatto e molto efficace: sono storie fulminee che incanalano con incisività le intuizioni di Gospodinov, diventando così tatuaggi sulla pagina scritta.

Ognuno di noi porta segretamente con sé una casa abbandonata, sostiene il protagonista di uno di questi racconti e in quella dimora vuota sono stratificati i fardelli di cui l’essere umano è incapace di liberarsi, sovrastato da una inveterata nostalgia. Georgi Gospodinov si incunea tra le pieghe del ricordo per dargli nuova vita nella consapevolezza che l’esperienza che lo produce sia da rintracciare in egual misura in ciò che è stato vissuto e letto. Prende forma così una scrittura rarefatta che usa la brevità per tracciare i sedimenti interiori di una realtà polimorfa.

Il primo di questi 103 racconti è un manifesto di poetica che ricalca quanto appena sostenuto: «La lettura produce ricordi. Da tempo non ricordo e mi rifiuto di indagare su quali provengano dalla lettura e quali no. Non percepisco nessuna differenza, tutto è stato vissuto, tutto mi fa venire la pelle d’oca, tutto ha lasciato una cicatrice. In tutti i miei corpi…».

Un pugno di frasi per veicolare un temperamento o una sensibilità. La lettura agevole e immediata di questi racconti, però, continua anche dopo essere finita. Nel senso che l’interpretazione semantica delle parole non si esaurisce con la loro visibilità grafica ma trascina in una serie di riflessioni ben più corpose dei vocaboli che le rappresentano sulla pagina.

Tutto in Gospodinov finisce per assumere il metro della malinconia: per ciò che è accaduto o accadrà, ma anche per ciò che non succederà mai e non è mai successo. Passato e futuro reali e possibili si rincorrono, si riconoscono, incespicano l’uno nell’altro creando una dimensione di atemporalità nella quale viaggia il lettore e determinando in tal modo significativi passaggi di tempo e di senso. La generale percezione, infatti, è di un tempo sospeso: la presenza di riferimenti storici e politici (in particolare i risvolti del socialismo per dipingere un quadro della società bulgara contemporanea) si fonde col mito.

Disinteressato alla semplice mimesi della realtà, l’autore commissiona al paradosso il compito di immortalare la sofferenza nel logoramento fisico e interiore e calarsi nelle tenebre della psiche. Con grande lucidità Gospodinov tratteggia 103 mondi, 103 corpi che si fanno storie in cui il paradossale diventa il mezzo per dare forma a interrogativi esistenziali.

2 commenti

  1. […] La prima, uscita martedì scorso, è dedicata a Tutti i Nostri Corpi di Georgi Gospodinov, recensito da Maresa Schembri. Questo libro ci guida attraverso un viaggio letterario affascinante, esplorando le profondità dell’animo umano e della condizione umana. La recensione completa offre uno sguardo approfondito su questa straordinaria opera, e potete leggerla qui ➡️ “Tutti i nostri corpi” di Gospodinov. Recensione a cura di Maresa Schembri […]

    "Mi piace"

Lascia un commento