Un pensatore senza scuola: Senofane

Briciola di filosofia #16

Trovate le puntate precedenti, sulla pagina dedicata a questa rubrica: Briciole di filosofia


Abbiamo visto come i greci, grandi navigatori, avessero fondato lungo tutto il Mediterraneo molte colonie autonome, ma strettamente in contatto con la madrepatria; e come proprio queste zone periferiche erano state la culla della filosofia, almeno un secolo prima che sbarcasse ad Atene. Tra queste colonie ci siamo già occupati della Scuola di Mileto, i cui rappresentanti, pur mossi alla ricerca della sostanza unica (arché) che sottostava al mutamento e alla molteplicità delle cose, non per questo le ritenevano false e illusorie. Un’analoga ricerca muove anche la scuola sorta quasi parallelamente nella colonia di Elea (questa volta in Campania), ma di orientamento del tutto diverso, perché contro il materialismo degli ionici puntò invece sulla realtà immutabile di un principio ideale, rispetto a cui le cose che si offrono ai sensi sono solo mutevoli apparenze. Così, appena nata, la filosofia già fissava i poli dialettici che si contrappongono fino ai nostri giorni, ogni volta che ci si confronta con la domanda su cosa sia la “realtà”.

Fondatore riconosciuto della scuola eleatica è generalmente considerato Parmenide, di cui ci occuperemo nella prossima briciola. Spesso però ad essa viene associato anche Senofane di Colofone: un pensatore difficilmente assimilabile, che passò la vita girovagando senza fissa dimora fino all’età di 92 anni, e che quindi non è escluso che giungesse anche ad Elea. Poeta, autore di elegie, di silloi (giambi) di contenuto morale e religioso, frammezzati di riflessioni teologiche e filosofiche, nonché di un poema dal consueto titolo Sulla natura (perì fuseos), Senofane rimane però un pensatore indipendente, giacché solo in parte il suo pensiero è accostabile a quello degli eleati, mentre altri elementi potrebbero ricondurlo anche alla scuola di Mileto.

La ragione principale per cui oggi, con qualche distinguo, è ancora attuale, poggia sulla sua famosa critica all’antropomorfismo, con cui attacca apertamente la religione olimpica dei greci, come era stata tramandata soprattutto da Omero ed Esiodo. Sono loro, secondo Senofane, che hanno diffuso, tra tante superstizioni, una immagine erronea degli dèi, attribuendo loro sentimenti e psicologia umana, senza nemmeno peritarsi di caricarli delle medesime infamità, come delitti, violenza, furto, adulterio o frode…

Gli uomini credono che gli dèi hanno avuto nascita, e hanno un corpo simile al loro. Perciò gli etiopi immaginano i loro dèi camusi e neri, i traci li dicono con gli occhi azzurri e i capelli rossi. E anche i buoi, i cavalli e i leoni, se potessero, li immaginerebbero somiglianti a se stessi…

A questa “ingenuità antropomorfica”, Senofane contrappone invece la concezione di un unico Dio, in nulla simile agli uomini, ma

 immobile e immutabile, perché a lui non si conviene nessun mutamento. Che tutto intero vede, tutto intero pensa, e senza fatica tutto realizza con la sola forza del pensiero.

In questo modo, di colpo, Senofane non solo toglie credibilità alle fantasie dei poeti, che risultano pertanto banditori di fole, ma soprattutto, a breve distanza dalla sua nascita, la filosofia spazza credenze secolari, ritenute saldissime perché radicate nella sensibilità greca, e in generale del mondo antico.

Ma se il suo attacco dà un duro colpo all’ingenua rappresentazione della divinità con caratteri umani, sbaglierebbe chi invece credesse che la sua critica all’antropomorfismo si abbatta sul politeismo a favore di un monoteismo di stampo cristiano. Al contrario, in essa è condannata ogni visione di un dio con attributi umani, che pensa, sente, comprende, si irrita, si arrabbia, giudica, condanna, distrugge, punisce o gratifica i suoi adepti. E qui siamo anche fuori da qualsiasi idea del sacro, che, tra preghiere, ceri, messe, ex-voto e ringraziamenti, si è sbizzarrita in un variegato mercimonio…

Ma se non questa, qual è allora l’idea di Dio che Senofane propone? Polemizzando col politeismo popolare a cui opporre un’intuizione dell’unità di Dio, solo in apparenza egli sembra indulgere al monoteismo. Ma a ben guardare, nella sua concezione è da scorgere piuttosto una forma di panteismo. Così che il suo Dio, assumendo una dimensione cosmologica e identificandosi con l’universo, vira verso una nozione del sacro che nel corso dei secoli avrà non poche riprese, dagli stoici fino a Spinoza e oltre.

Non pago di aver scardinato il pantheon antico, una spallata Senofane dà anche ad alcuni valori tanto cari ai greci, affermando che non l’atleta vincitore delle gare di Olimpia merita gli onori supremi, ma chi supera la moltitudine con l’ingegno e col sentimento morale, ribadendo così la superiorità dell’intelligenza e della sapienza sui valori vitali della robustezza e della prestanza fisica. Non è dato sapere, ma facilmente intuibile, cosa Senofane penserebbe dell’odierno delirio per nuovi miti, e della “deificazione” di un campione sportivo dalle quotazioni milionarie, contro i milioni di indigenti che combattono per la sopravvivenza…


 

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