
Parte con questo primo articolo la rubrica lanciata mercoledì scorso Le mie pagelle letterarie. Seguono una serie di poeti e poetesse del ‘700 cui ho dato dei voti, al di sotto dei quali trovate anche qualche linea di motivazione. A parità di voto, ho disposto gli autori in ordine alfabetico. (Come detto nella presentazione non do, ma ci sarebbero da dare, parecchie insufficienze).
- Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) – Tutte le Poesie
★★★★★★★★★★ (10/10)
Lui svetta sempre, qualunque cosa faccia. Come Mida, qualsiasi cosa tocca diventa oro. Qui mi riferisco a tutta la sua produzione lirica, e non solo a quella settecentesca. Ma lo ritroveremo ancora e ancora.
- Vittorio Alfieri (1449-1803) – Rime,
★★★★★★★★☆☆ (8/10)
Pur rifacendosi a Petrarca e Tasso, scava nell’intimo delle passioni senza pietà, e tra sonetti e epigrammi questo “austero che avea sul volto / il pallor della mote e la speranza”, mette l’anima a nudo
- William Blake (1757-1827) – Canti dell’Innocenza e dell’esperienza
★★★★★★★★☆☆ (8/10)
Da lui ho appreso come l’impulso visionario possa farsi anche critica sociale; che le visioni possono essere più reali del mondo esterno; e che l’artista è veggente di una verità cosmica che si erge contro i falsi miti.
- Giuseppe Parini (1729-1799) – Odi – Il giorno
★★★★★★★★☆☆ (8/10)
Intrigante questo prete che elogia la bellezza femminile, considerando l’amore superiore alla morte, e mette alla berlina il “lombardo Sardanapalo”, per puntare sulla funzione civile della poesia.
- Robert Burns (1759-1796) Poesie in dialetto scozzese
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Le sue poesie in dialetto erano molto apprezzate dalle donzelle, che giustamente le mandavano a memoria per il loro lirismo, lo stile nitido e il sottile umorismo in cui era espresso il sentimento della natura.
- Melchiorre Cesarotti (1730-1808) – Canti di Ossian (Traduzione)
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Fu grazie a lui se la febbre di Ossian dilagò anche in Italia, ed è ancora grazie a lui che li ho letti. Traduttore di un falso letterario, potremmo dirlo. Ma fu ancora lui che importò anche l’Elegia di Gray.
- André Chenier (1762-1794) – Elegie
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Sventurato ma accalorato poeta che finì la giovane vita sulla ghigliottina. Appassionanti trovo anche i suoi versi satirici contro la viltà degli amici, non privi di una vena di malinconia per il costante pensiero della morte.
- Thomas Gray (1716-1771) – Elegia scritta in un cimitero di campagna
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Amo la sua composizione più nota, che poi è anche quella che maggiormente ebbe corso tra i contemporanei. Una nobile meditazione sulla morte, venata di malinconia ma risolta in compostezza neoclassica.
- Friedrich Klopstock (1724-1803) – Messiade / Odi e Inni
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Nel suo poema ispirato alla Bibbia, narra in ritmi solenni la redenzione, con gratitudine per l’immortalità dell’anima capace di percepire l’armonia dell’universo. Goethe lo celebrò in una scena famosa del Werther.
- Ivan Krylov (1768-1844) – Favole
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Nelle sue favole di animali attinge al folclore pagano, e senza ambizioni intellettuali, esercita, con saggezza spicciola e nella lingua del popolo, una critica ai vizi umani, in primis l’ignoranza e la stupidità.
- James Macpherson (1736-96) – Canti di Ossian
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Quando si dice le mode! I Canti di Ossian sono un falso. Ma che falso, se sono ancora oggi capaci di immergerci nell’atmosfera lugubre del Nord, dove non si sa se sono più violenti gli elementi della natura o le passioni.
- Giovanni Meli (1740-1815) – L’origini di lu munnu, Canzunetti
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Ecco chi seppe elevare il dialetto siciliano a forma d’arte, cantando l’amore per la natura e la campagna, con nostalgia bucolica per la vita pastorale e contadina, ma non priva di perizia compositiva
- Pietro Metastasio (1698-1782) – Poesie
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Con eleganza i suoi versi cantano l’amore con una tenerezza nutrita di rimpianto e gioia. Sentite un po’: È la fede degli amanti / come l’araba fenice: / che vi sia, ciascun lo dice;/ dove sia, nessun lo sa…
- Ippolito Pindemonte (1753-1828) – Poesie campestri, I cimiteri
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
A tutti noto per la traduzione dell’Odissea, si confessò in 4 versi: Melanconia, /ninfa gentile,/la vita mia /consegno a te. Interruppe il poema sui Cimiteri, incapace di reggere il confronto con i “Sepolcri”.
- Alexander Pope (1668-1744) – Il ricciolo rapito
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Descrive il mondo effimero ed elegante con spietata lucidità, ma con una maestria verbale che è magia evocativa. Accade quando la satira, oltre a essere irrisione, tocca, sotto apparente leggerezza, le corde più profonde.
- Edward Young (1683-1765) – Notti
★★★★★★★☆☆☆ (7/10)
Ho sempre amato questa meditazione sulla morte, che risolve lo sgomento davanti al mistero in un’atmosfera cupa e tenebrosa, che rinnova ogni volta considerazioni luttuose sulla fragilità della vita.
- Giorgio Baffo (1694-1768 ) – Raccolta universale delle opere
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Espresse in dialetto veneziano una vocazione erotica. Non è granché. Ma lo perdono per questi versi: /Ghe vuol de tutto per la vita umana/ xe necessario, è vero, la matrona,/ma ghe vuol qualche volta la puttana.
- Domenico Balestrieri (1714-80) – Sora l’osteria, Lagrime in morte di un gatto
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Acuto osservatore dei costumi, si espresse con un brio canzonatorio che anticipa il Porta. Ma ebbe anche l’audacia di tradurre in milanese La Gerusalemme liberata.
- Aurelio Bertola (1753-98) – Notti clementine
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Mescola in diverse forme arcadiche idilli paesaggistici, fatti di grazia, eleganza, patetismo, sentimentalismo e sensibilità edonistica, senza ignorare una timida sperimentazione di neologismi.
- Giambattista Casti (1724-1803) – Novelle galanti
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Di formazione libertina e razionalistica, tratta con disinvoltura temi lirici ed erotici. Più che scandalizzare, tradisce insofferenza verso i bacchettoni, e tenta un’evasione edonistica al dogmatismo pruriginoso…
- Giovanni Crescimbeni (1663-1728) – Rime
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Istituzionalizza e idealizza fino al ridicolo la nobiltà d’animo di pastori che, bardati di delicatezza e leziosità, “non puzzano” né di formaggio né di sterco di percore…ma si direbbe di dopobarba Armani…
- Thomas Chatterton (1752-1770) – Poesie
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Come non sentire partecipazione per il destino del povero Thomas, morto avvelenato a soli 18 anni?! Poesia ancora acerba la sua, certo, che però prometteva bene. Per fortuna, a restituircelo, ci ha pensato poi De Vigny.
- Gravil Derzavin (1743-1816) – Ode sull’immortalità
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Gogol lo disse poeta della grandezza e della maestosità metafisica. Di certo, parafrasando l’Orazio del non omnis moriar, pretese di essersi eretto un monumento più solido del bronzo e più alto delle piramidi.
- Carlo Frugoni (1692-1768) – Navigazione d’amore, L’isola amorosa
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Le sue canzonette erotiche-mitologiche, roboanti e vacue, sono riconferma che per sedurre i contemporanei basta un po’ di maliziosa licenziosità e di facile paraculismo. Nihil sub sole novum.
- Christian Gellert (1715-1769) – Odi e canti religiosi
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Ha l’immenso meritof ai miei occhi di essere stato il “paroliere” di alcune cantate di Bach. E ciò lo riscatta dal difetto di non essere un grande poeta, e gli procura rispetto.
- Salomon Gessner (1730-88) – Idilli
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Mi si passi qui un po’ di campanilismo, trattandosi di un poeta zurighese. Ma trovo comunque incantevole come, sulla scia teocritea, i suoi quadretti raffinati abbiano saputo restituire le delizie della vita campestre.
- Antioch Kantemir (1708-1744) – Satire
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Difensore degli ideali di Pietro il Grande, stigmatizzò i vizi della nobiltà conservatrice che ne ostacolavano le riforme. Conservo delle sue Satire una copia anastatica in francese, di non agevole lettura, ma very intrigant.
- Pier Iacopo Martello (1665-1727) – Canzoniere
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Svincolatosi da eccessi di petrarchismo e marinismo, deve la sua gloria all’invenzione del “martelliano”, di fatto un settenario doppio destinato a molta fortuna. Anche un poeta mediocre può partorire un’idea feconda.
- Faustina Maratti Zappi (1679-1745) – Rime
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Animatrice di un famoso salotto letterario insieme al marito (qui sotto), si trascinò dietro una lunga vicenda processuale per il suo tentato rapimento, e fu sfigata anche per la vedovanza e la morte di un figlio.
- Paolini Massimi Petronilla (1663-1726) – Rime degli arcadi
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Altra donna di drammatiche esperienze (assassinio del padre, matrimonio da reclusa, morte del figlio, separazione e infine ritiro in un monastero: Il tutto in un verso: Sol del nostro valor l’uomo è tiranno.
- Paolo Rolli (1687-1765) – Canzonette e cantate
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Sfrutta l’endecasillabo falecio per un edonismo raffinato, di affettuosità tenera e sensuale. Racconta malattia, guarigione e passeggiate della dama. Ma anche lui resta per un verso: Solitario bosco ombroso…
- Diodata Saluzzo Roero (1775-1840) – Versi
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Senza nessuna originalità fu una modesta e manieristica cultrice della tradizione lirica tardo-arcadica e neoclassica. Ma ebbe anche un occhio attento ad eventi politici, e al gusto ossianico-cesarottiano.
- Ludovico Savioli (1729-1804) – Amori
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Ispirandosi ai lirici erotici latini (Ovidio), canta in epidermico gioco mondano la commedia dell’amore, fatto di toilette, maschere, carnevale, vita galante, infedeltà, abbandono, disperazione… E questo lo diverte.
- Iacopo Vittorelli (1749-1835) – Anacreontiche a Irene
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Semplificando il linguaggio in estenuata levità ottenne enorme successo con odicine tipo: Guarda che bianca luna! / Guarda che notte azzurra! /Un’aura non sussurra / non tremola uno stel. Un po’ pochino, eh?
- Giambattista Zappi (1667-1719) – Rime
★★★★★★☆☆☆☆ (6/10)
Si sbizzarrì tanto su amori pastorali, da essere bollato dal Baretti “lezioso, galante, inzuccheratissimo, di smascolinati sonettini, pargoletti piccinini, mollemente femminini, tutti pieni d’amorini…” Meglio fece la moglie…

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