Jon Fosse e i criteri del premio Nobel

Una settimana di letture #102
Vittorio Panicara

L’assegnazione del premio Nobel per la letteratura è da sempre oggetto di discussioni e polemiche. Si giudicano le scelte degli accademici di Stoccolma come se le loro decisioni determinassero riconoscimenti di merito imperituri ed esclusioni definitive, tali da impedire per sempre ai non premiati la permanenza nell’olimpo universale dei grandi autori.  Se ciò fosse vero, scrittori della forza di Tolstoj, Borges, Joyce e Proust dovrebbero allora precipitare nel dimenticatoio. Ma naturalmente non è così. I grandissimi sono tali perché intorno a loro si è cementato un plauso universale, tributato da generazioni di lettori, dalla critica più consapevole e dai pubblici più vari ed esigenti. E il tutto, si spera, lontano da ogni logica di mercato. La giuria svedese, si sa, commette tanti errori – è composta di esseri umani, incapaci di pronosticare il futuro e spesso miopi nei confronti della letteratura contemporanea – e un breve esame delle motivazioni che corredano l’attribuzione del Nobel può forse farci capire i criteri che guidano le scelte dell’Accademia, e magari permetterci di accertare se queste sono valide e se sono state sempre coerenti.
In generale, un premio Nobel deve essersi distinto in un campo dello scibile umano portando «i maggiori benefici all’umanità». Il premio viene assegnato…

to the person who has done the most or best to advance fellowship among nations, the abolition or reduction of standing armies, and the establishment and promotion of peace congresses
(www.nobelprize.org Nobel Foundation)

Il destinatario del Nobel, in questo caso, ha il profilo di uno scienziato, o di un personaggio storico che ha dato un contributo concreto alla pace e al progresso. Un vero e proprio letterato, come figura di riferimento del Nobel, non pare alle viste. Possiamo combattere la guerra o la povertà nel mondo mediante una raccolta di poesie o un romanzo? Se sì, in modo molto indiretto.
Ma il Nobel per la letteratura ha i suoi criteri specifici. Lo scrittore premiato deve aver prodotto il lavoro più notevole in direzione idealistica, o ideale (produced the most outstanding work in an idealistic direction). Ma si tratta di un enunciato vago e ambiguo, anche tenendo conto dell’originale in svedese. La creatività dello scrittore ha come tale una “consistenza” ideale, dagli effetti pratici non controllabili e soprattutto non voluti (a parte la ricerca della ricchezza, della fama e del successo, logicamente). Un Nobel deve essere integerrimo e aver portato un contributo all’umanità, come si è visto, ma un letterato da questo punto di vista può far poco. Si pensi alla motivazione del premio, piuttosto discusso, a Bob Dylan (che comunque non andò a ritirare personalmente il premio): aver creato espressioni poetiche nuove nella tradizione della grande canzone americana (for having created new poetic expressions within the great American song tradition). Ma cosa avevano i testi di Dylan che non avevano quelli di altri grandi cantautori dello stesso momento storico? E soprattutto qual è stato il suo originale impatto culturale? Negli anni Sessanta e Settanta la sua voce è stata importante, sì, ma era solo una voce all’interno di un coro, quello della protesta giovanile. In altri casi, come nel 2022, con Annie Ernaux, il motivo è stato spiegato in maniera più credibile: la scrittrice partiva dal personale per arrivare al politico e veniva premiata «per il coraggio e l’acume clinico con cui ha svelato le radici, le rimozioni e i limiti collettivi della memoria personale». Ma se pensiamo alla sostanza dei romanzi di Ernaux, che sono di denuncia sociale in nome delle donne, non sono gli stessi meriti conseguiti, tanto per dire, da un bravissimo sociologo? O da un politico mosso da grandi ideali? Dov’è lo specifico letterario, cioè estetico? Inoltre, altri grandi autori non premiati, come Virginia Woolf, Orwell, Roth, Murakami, Kundera, Houellebecq ecc. non hanno dato anche loro, se questo è il criterio prevalente, un contributo positivo alla comprensione della società, della contemporaneità e delle recenti svolte storiche? La vaghezza delle formulazioni non poteva che provocare ingiustizie e incoerenze.
O formulazioni criptiche, come quella di qualche giorno fa, con il premio 2023 al norvegese Jon Fosse: «Per le sue opere teatrali e di prosa innovative che danno voce all’indicibile».  Fosse, stando alla giustificazione del premio, è uno scrittore “totale”, poliedrico, qualità non trascurabile per la Svenska Akademien, e soprattutto si segnala per una scrittura paradossale, che ci avvicina al silenzio («Fosse combina forti legami locali, sia linguistici che geografici, con tecniche artistiche moderniste»); inoltre, sa toccare il nostro animo con «ansie, insicurezze, domande sulla vita e sulla morte».  Jon Fosse «è oggi uno dei drammaturghi più rappresentati al mondo ed è sempre più riconosciuto per la sua prosa. La condizione umana è il tema centrale della sua opera». Dopo la “scrittura piatta” di Ernaux e le sue denunce sociali, Fosse, dunque, ci riporta a un ambito più intimista, ciò che sembrava escluso con le scelte precedenti, quasi tutte caratterizzate principalmente dall’impegno civile (si pensi al premio a Fo, piuttosto sorprendente) e alla soluzione dei problemi dell’attualità (clima, migrazioni, intolleranza, guerra ecc.). A questo proposito, molti hanno accusato gli accademici svedesi di privilegiare le candidature progressiste e orientate politicamente a sinistra. Può darsi, anche se la collocazione politica degli scrittori non dovrebbe mai influenzare il giudizio di una giuria e del resto è difficile essere coerenti in questo senso. Nel 1934 il grande Pirandello fu premiato grazie ai suoi innegabili meriti artistici, ma aveva in tasca la tessera del PNF da circa dieci anni…
Ma a questo punto conviene tornare al punto di partenza. I criteri per assegnare il Nobel per la letteratura non stanno in piedi e hanno causato problemi a non finire. È praticamente impossibile, infatti, stabilire se uno scrittore per essere considerato “bravo” deve scrivere allo scopo di migliorare il mondo con il suo impegno sociale e civile, o per dare unicamente espressione a emozioni, percezioni e visioni che emergono dalla sua interiorità e che toccano tutti gli uomini. Ma forse è difficile che ci sia uno solo di questi due orientamenti nelle opere di un qualsiasi scrittore, e di conseguenza è incongruente o addirittura contraddittorio pretenderlo. Non solo, ma manca anche una scala di valori che permetta di riconoscere sul momento le eccellenze, come accade invece in medicina, o in fisica, o in chimica, dove i risultati sono concreti e ben visibili. I classici della letteratura si impongono con il tempo e quando vengono creati si fanno riconoscere soltanto da pochi, e gli accademici di Stoccolma non sono degli indovini. I criteri delle loro scelte, come abbiamo visto, sono vaghi e imprecisi, il loro lavoro è destinato a un esito incerto e discusso.
Il premio Nobel per la letteratura non può essere abolito, ma per lo meno dovremmo imparare a relativizzarne l’importanza. Può dare visibilità e credibilità ad autori validi (oltre a una cospicua somma di denaro), può farci interessare maggiormente alla letteratura, ricercandone i caratteri che la valorizzano, ma non può fare molto di più. Pretendere dal Nobel un giudizio dal valore assoluto e incontrovertibile è poco ragionevole ed espone a molte delusioni.

✍️ GLI ARTICOLI DELLA SETTIMANA

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Ricorre oggi il centenario della nascita di Italo Calvino. A questo autore Stefano Brugnolo ha dedicato ieri un articolo apparso qui su Giornate di lettura che ne ripercorre alcune opere e la poetica. Potete recuperare qui il suo intervento: Calvino e il pensiero balbuziente

Per la nostra rubrica Gli estratti abbiamo invece pubblicato:

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