
Quando Xu mi morde, quando mi ha tra i denti, nuda e cattiva su di me, io sto bene. Non è una cosa umana ma è accaduta lo stesso, come accadono i tifoni o i terremoti. È cominciata in un pomeriggio di novembre, contro i vetri del suo appartamento a Wujiaochang, con i fari bluastri dei centri commerciali in piena faccia, ed è proseguita in luoghi meno personali. Ex fabbriche tessili e macelli anni Trenta, luoghi pieni di logica e di abbandono, architetture algide e ferrose, luce autunnale alla deriva su filari di lamiere in disuso. Ero a Shanghai da poco più di un mese ma già la conoscevo intimamente. Nanjing Road che la attraversava come una colonna vertebrale, le periferie polverose lungo il fiume Huangpu, i parchi immensi con le bandiere spiegate e le peonie larghe e rosse come teste di neonato. I grattacieli glitterati del Bund e il vento arido che soffiava verso ovest e attraversava tutto, faceva tremare tutto, il vetro e l’acciaio e le siepi opulente, gli ex complessi industriali fatiscenti, i platani allineati nei quartieri occidentali. Ero lì solo da un mese e già mi sembrava casa, come sembrano casa tutte le cose che insieme soffocano e tengono al sicuro.
Di Grado, Fame blu.

[…] Incipit del giorno – 6 maggio 2024 di Viola Di Grado […]
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