Adesso siamo in grado di vedere il nesso che secondo la concezione kantiana esiste tra etica e libertà. Agire eticamente significa agire spinti dal dovere, in nome della legge morale; la legge morale consiste in un imperativo categorico, un principio che ci impone di trattare le persone con rispetto, come fini in se stesse. Io agisco liberamente solo quando la mia azione è in armonia con l’imperativo categorico, perché tutte le volte che nel mio agire seguo un imperativo ipotetico, l’azione si compie in nome di qualche interesse o scopo dato al di fuori di me stesso. In quel caso, però, non sono veramente libero; la mia volontà non è determinata da me, ma da forze esterne: dalle necessità della situazione in cui mi trovo o dai bisogni e desideri che mi accade di avere.
Riesco a sfuggire ai dettami della natura e delle circostanze soltanto se agisco in autonomia, seguendo una norma che mi impongo da me stesso; tale norma dovrà essere libera dal condizionamento dei miei particolari bisogni e desideri. Quindi le rigorose concezioni kantiane circa la libertà e l’etica sono connesse; agire liberamente, cioè in modo autonomo, è tutt’uno con l’agire eticamente, in armonia con l’imperativo categorico.
Michael Sandel, Giustizia: il nostro bene comune

