«Il Signor Norris se ne va» di Isherwood

1–2 minuti

La prima cosa che mi colpì fu che gli occhi dello sconosciuto erano di un insolito colore azzurro chiaro. Quegli occhi incontrarono i miei per alcuni secondi, ed erano assenti, e senza dubbio spaventati. Allarmati e soffusi di innocente malizia, mi ricordavano vagamente un incidente che non potevo inquadrare; qualcosa che aveva a che fare coi primi anni di scuola. Erano gli occhi di uno scolaro sorpreso nell’atto di una marachella. Non che l’avessi còlto, evidentemente, in altro che non fossero i suoi pensieri: forse immaginava che potessi leggere anche in quelli. In ogni modo, sembrava non avermi udito, né avermi visto attraversare lo scompartimento dal mio angolo al suo, perché trasalì violentemente al suono della mia voce, così violentemente, anzi, che il suo sussultare mi colpì come una ripercussione. D’istinto, feci un passo indietro.
Fu davvero come se i nostri corpi si fossero urtati nella via. Eravamo ambedue confusi, ambedue pronti a scusarci.


Cristopher Isherwood, Il signor Norris se ne va

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