Arendt e “Alcune questioni di filosofia morale”

Nelle ultime settimane, immagino che saremo in molti ad avere ripensato a Winston Spencer Churchill, di gran lunga il maggiore statista del secolo, da poco spentosi dopo una vita incredibilmente longeva, il cui picco è stato raggiunto alle soglie della vecchiaia. Quest’uomo, e ciò che per cui egli si è battuto con le sue convinzioni, i suoi scritti, i suoi discorsi grandiosi ma nient’affatto magniloquenti, contrasta in maniera singolare con quello che pare oggi lo Zeitgeist, lo spirito del tempo. Un contrasto che ci colpisce soprattutto quando pensiamo alla grandezza di questo personaggio. E stato definito un uomo del XVIII secolo finito non si sa come nel xx, quasi che le virtú del passato avessero preso per mano il nostro destino nel suo momento di peggior crisi – e forse, fino a un certo punto, è proprio cosí. Ma può darsi pure che ci sia qualcos altro. In un certo senso, è come se, con il passare dei secoli, una sorta di istanza eminente dello spirito umano risorgesse per brevi periodi quasi a volerci mostrare che la vera grandezza – la nobiltà, la dignità, la fermezza, e una specie di ridente coraggio – rimane essenzialmente la stessa, a prescindere dall’epoca in cui ci troviamo a vivere.

Hanna Arendt, Alcune questioni di filosofia morale (Incipit)

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