La coscienza della scrittura, nell’ultimo libro di Annie Ernaux

Spesso sentiamo il richiamo degli antipodi, dell’altro polo. Quando siamo alla ricerca di un senso da dare al mondo, alla vita, e non sappiamo rassegnarci a trovare negli altri solo il nostro riflesso, a vivere e lavorare esclusivamente attraverso una serie di identificazioni, allora preferiamo il diverso al simile. Piuttosto che continuare a incaponirci nel nostro percorso, tra mille difficoltà, sempre sul punto di rinunciare e sull’orlo di un baratro, è meglio a un certo punto osservare la ricerca condotta da altri. E in questo che la lettura ci nutre, può salvarci dal processo tortuoso e tormentato della scrittura, e darci la forza di continuare. Quando si tratta di portare più avanti possibile un’indagine in cui a essere messo in gioco è l’intero essere, allora ci si sente disposti ad affrontare i pericoli più grandi, a correre ogni tipo di rischio, pronti a decifrare l’altro attraverso un’analisi retrospettiva delle proprie esperienze, nel solco dell’esempio di Montaigne, Chateaubriand, Rousseau o Leiris.

Frédéric-Yves Jeannet dialoga con Annie Ernaux, in La scrittura come un coltello

Lascia un commento