
Mi pare che esista un famoso aneddoto in cui un giovane scrittore, deciso a iniziare un suo romanzo in maniera tanto efficace e originale da sbalordire il più blasé degli editori scrisse la frase: “‘Maledizione’, esclamò la duchessa”.
È strano, ma questa mia storia si apre più o meno nello stesso modo. Con un’unica differenza: la signora che sbotta con la medesima frase non è una duchessa.
Eravamo ai primi di giugno. Ero stato a Parigi per affari e stavo tornando, col treno del mattino, a Londra dove ancora dividevo l’appartamento col mio vecchio amico Hercule Poirot, ex funzionario della polizia belga.
Il rapido per Calais era stranamente vuoto; c’era una sola persona nel mio scompartimento. Avevo lasciato l’albergo in fretta e furia, e stavo ancora controllando se non avevo dimenticato qualche valigia quando il treno si mise in moto. Fino a quel momento avevo soltanto avuto una percezione di una presenza, ma quasi subito la presenza si materializzò in modo piuttosto brusco. Balzò dal sedile, abbassò in fretta il finestrino, sporse la testa, la ritirò, sospirò e disse:
«Maledizione!».
Agatha Christie, Aiuto, Poirot!
Vuoi rimanere aggiornato sulla pubblicazione di recensioni, citazioni e pillole qui su Giornate di lettura ? Allora puoi abbonarti, lasciando qui sotto la tua mail. È gratis!
