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Per quasi tutte le nostre scoperte siamo debitori alle nostre violenze, all’esacerbarsi del nostro squilibrio. Persino Dio, per quanto ci incuriosisca, non lo scorgiamo nell’intimo di noi stessi, bensì al limite esterno della nostra febbre, esattamente nel punto in cui, la nostra rabbia fronteggiando la sua, ne risulta una collisione, uno scontro rovinoso per Lui non meno che per noi. Colpito dalla maledizione insita nell’atto, il violento non forza la propria natura, non va al di là di se stesso se non per farvi ritorno come un forsennato, come un aggressore, seguito dalle proprie imprese venute a punirlo per averle suscitate.
Incipit de La tentazione di esistere di E. M. Cioran
