Maldamore – #2

L’amore infelice di Saffo per Faone è il capitolo più noto, ma anche più controverso, della sua figura, perché non emerge dai suoi versi ma da una leggenda sviluppatasi solo in età ellenistica e romana.
Chi era Saffo?
La più grande poetessa antica, vissuta tra il VII e il VI sec. A., fu celebre per i suoi componimenti lirici intensi e raffinati, di cui purtroppo restano solo pochi frammenti, alcuni celeberrimi, come questo lamento sconsolato:
Tramontata è la luna e le Pleiadi
insieme ad essa.
Nella profonda notte il tempo scorre,
ed io da sola giaccio.
Il fatto che “saffismo” sia divenuto sinonimo di lesbismo lascia ben intendere in che direzione andavano i suoi gusti sessuali. Ma come avviene in penuria di notizie, il mito ha preso il sopravvento sulla storia, dando luogo a leggende sia maligne che poetiche. La vicenda più nota la vuole innamorata di Faone, un giovane traghettatore di Lesbo reso bellissimo da Afrodite, ed essendone stata rifiutata si sarebbe gettata dalla rupe di Leucade. Da dove nasce questa fantasia, visto che nelle sue poesie la passione ideale per l’uomo scompare davanti a quella della carne verso le donne?
Colpa di Ovidio
Ma tant’è, tra la cronaca e il mito, sulle lunghe distanze è sempre il mito a spuntarla. E così la vicenda terrena della greca Saffo ha ceduto alla favola di Ovidio, romano di sette secoli dopo: che nelle Eroides (una serie di epistole inventate che celebri donne scrivono ai loro amati) immagina che Saffo rimproveri Faone di averla respinta, prima di compiere il suo tragico gesto:
Ma io piango il mio amore, e l’elegia sa il pianto, e alle mie lacrime non si accorda la lira. Come un fertile campo arde nelle messi incendiate, così io brucio… Non mi piace Anattoria, non mi piace la pallida Cidro, né come una volta mi affascina Attide, o altre cento che amai di colpevole amore, o ingrato che da solo possiedi ciò che fu di molte… Se la natura invidiosa mi ha negato la bellezza, chiedo al mio ingegno la grazia che mi manca… Se per essere tua una donna deve essere degna del tuo aspetto, nessuna mai lo sarà… Non ti chiedo di amarmi, ma di lasciarti amare… E avrei chiesto solo che tu non mi dimenticassi… Quanto sarebbe meglio unirmi a te, piuttosto che precipitarmi dall’alto della rupe… Se non sai dire ora la ragione dell’abbandono, annunciala con uno scritto all’acqua di Leucade, dove io cercherò il mio destino…
In questa lettera, su cui mi sono permesso tagli e adattamenti, fondendo amore, tragedia e mitologia, Ovidio modulando sulla leggenda forse già circolante, con un processo di addomesticamento eterosessuale inaugura il topos di Saffo infelicemente innamorata del bellissimo Faone, che ha poi attraversato i secoli.
John Lily
In tempi più recenti la vicenda fu ripresa dall’eufuista John Lily, che nella sua Saffo e Faone ricama sull’epistola di Ovidio, addolcendola. Così, alla donna disperata per il rifiuto appare una naiade, che le consiglia il salto dalla rupe di Leucade, sull’esempio di Deucalione che così aveva fatto transitare l’amore dal suo petto a quello di Mirra. E Saffo, seguendo il consiglio, guarisce e conquista Faone. Il fatto però che questa versione a lieto fine sia piuttosto sconosciuta conferma la persistenza del nucleo drammatico.
Alessandro Verri
Nel romanzo L’avventura di Saffo, poetessa di Mitilene, pubblicato nel 1780 come traduzione di un manoscritto greco recentemente scoperto, Alessandro Verri riprese il mito: e pur aggiungendovi qualche svolazzo, presenta Saffo come una fanciulla non avvenente e a digiuno di esperienze. Ma che avendo trascurato un sacrificio a Venere, la dea rende bellissimo Faone, di cui lei si innamora perdutamente e diventa poetessa. E quando capisce che ne riceve in cambio solo una sterile compassione, si getta nelle onde dello Ionio.
Giacomo Leopardi
Questo romanzo, presente nella biblioteca paterna, fu certamente letto da Giacomo Leopardi, che diede la più intensa proiezione di sé nell’ Ultimo canto di Saffo del 1822: in cui, sul tema della bellezza interiore offuscata dalla deformità fisica, ben oltre la disperazione amorosa innestò la denuncia del male universale:
Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso
Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo
Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?
In che peccai bambina, allor che ignara
Di misfatto è la vita, onde poi scemo
Di giovanezza, e disfiorato, al fuso
Dell’indomita Parca si volvesse
Il ferrigno mio stame? Incaute voci
Spande il tuo labbro: i destinati eventi
Move arcano consiglio. Arcano è tutto,
Fuor che il nostro dolor…
… E tu cui lungo
Amore indarno, e lunga fede, e vano
D’implacato desio furor mi strinse,
Vivi felice, se felice in terra
Visse nato mortal.
Franz Grillparzer
Appena qualche anno prima era stato rappresentato a Vienna il dramma in 5 atti Saffo del poeta austriaco Franz Grillparzer. Qui, in variante romantica, vediamo la poetessa reduce dai trionfi delle Olimpiadi, ma che sazia di gloria desidera scendere dalle cime eteree della poesia verso le gioie dell’amore terreno con Faone. Il quale però ricambia le ardenti profferte con una fredda ammirazione, attratto com’è da una ragazza semplice e di umili origini come lui. Accecata dalla gelosia, Saffo si scaglia allora sull’innocente schiava, fermata in tempo da Faone. Ma dopo questa caduta il suo animo nobile ha il sopravvento; e riconoscendo al genio l’impossibilità di scendere impunemente dai vertici della poesia verso i comuni mortali, prende commiato dal mondo lanciandosi nei flutti.
Il mito nell’opera
Tra le realizzazioni artistiche ispirate alla leggenda penso allo splendido dipinto di Jaques-Louis David Saffo, Faone e Cupido, custodito all’Ermitage. Mentre, tra le trasposizioni musicali, mi piace ricordare l’opera in tre atti Saffo di Giovanni Pacini, su libretto di Salvatore Cammarano (sì, quello della Luisa Miller e del Trovatore verdiani, per intenderci), rappresentata a Napoli nel 1840; la Sapho di Charles Gounod (1855) e quella di Jules Massenet (1897).
Una tipologia ibrida
Come inquadrare questa storia infelice nella nostra rubrica? L’inesauribile modalità dell’eros ha spulciato, nel tempo, tra le biografie di personaggi realmente esistiti; o ha partorito pure fantasie. Qui invece siamo davanti a una tipologia ibrida, con l’interazione tra un personaggio reale con uno immaginario. Certo, schiere di scrittori l’hanno fatto, da Manzoni a Tolstoj, e giù giù fino ai più squalificati sfornatori di patacche pseudostoriche, me compreso. Solo che Saffo non ci sta. Troppe poche notizie abbiamo di lei per tentare una ricostruzione attendibile, per non dire di Faone che è appena un’ombra. Ci resta il bandolo di una lesbica innamorata di una larva maschile, con tutte le incompatibilità del caso, visto che a separarli non è un dispetto di Venere ma l’incompatibilità chimica dei protagonisti, che non trova punto di fusione se non in poesia, dove sopravvivere a dispetto della realtà (che è poi una delle tematiche dei miei Appunti…).

