
Seduto a una scrivania, prendevo il tè tra russi grandi e grossi, tutti barbuti o con i capelli fino alle spalle, e la conversazione verteva sul tema che occupa oggigiorno tutti i popoli: la libertà; le possibilità e il futuro della libertà in Europa. Un argomento cruciale e spinoso, poiché è chiaro a chiunque quanto l’idea di libertà sia in crisi, e con essa pure il suo concetto complementare, ossia la giustizia. Assistiamo, dovunque e contemporaneamente, al ritorno di una svolta antidealistica in cui l’individuo europeo, vittima di una sorta di crampo morale e di una singolare e perversa crudeltà verso se stesso, ha «deciso», insieme con grande entusiasmo e stringendo i denti, di rendere concreto l’assoluto, ovverosia di assolutizzare qualcosa di concreto come il potere, la patria o la classe. Non nego che ci sia un che di bello, di virile, di eroico e pure di attuale in una scelta del genere. Però mi meraviglia, anzi un po mi offende, come si sopporti questa mortificazione di ogni ideale quasi senza vergogna, direi quasi senza un naturale senso di ribellione contro l’oppressione dell’umano, contro l’onnipresente politicizzazione, fatto che provoca ad esempio lo scandalo della rovina e della corruzione della giustizia.
Thomas Mann, Resoconto parigino
