Maldamore: un rapporto “animalesco”

4–6 minuti

Nelle puntate precedenti…

Se le prime due coppie fin qui viste erano anomale, essendo la prima legata ai primordi dell’umanità e la seconda perché vi interagiva un personaggio storico con uno fantastico, per i prossimi numeri entrerò docilmente nel mito, e mi occuperò di coppie rigorosamente letterarie e frutto dunque di fantasia.

Ok, non parleremo qui di un grande amore ideale, alimentato da nobili e alti sentimenti: ma una passione così travolgente da spingere una donna al delirio dei sensi per un partner preoccupante non si iscrive di diritto tra le storie sfigate? Ma partiamo dall’inizio… Dall’amplesso tra Zeus ed Europa erano nati tre figli, Minosse, Radamante e Serpedonte, che essendo i genitori in altre faccende affaccendati furono allevati dal re di Creta Asterione. Transitato però costui a miglior vita, a rivendicarne l’eredità si fece avanti Minosse (non si sa se per diritto), che cacciando i fratelli ne divenne il successore. Quindi, per provvedere alla discendenza, senza prendere troppe informazioni sui suoi costumi, scelse per sposa Pasifae, figlia del dio Elios e della ninfa Perseide, nonché sorella della maga Circe, che di per sé era già tutto un programma. Anche se poi, da buon seduttore, Minosse si concesse numerosi amorazzi, sia maschili che femminili, che di certo non mandarono in brodo di giuggiole la consorte, che a sua volta lo cornificò in maniera a dir poco spettacolare… 

Sentendosi infatti un beniamino degli dèi, un bel giorno Minosse ebbe la funesta idea di promettere al dio del mare Poseidon di sacrificargli un bell’animale, se glielo avesse inviato con segno di favore. Il dio allora fece emergere dalle acque un maestoso torello: che però il re, colpito dalla prestanza (ahi! ahi!), decise di risparmiare, sacrificandone un altro al suo posto. Per punire Minosse della mancata parola, non senza un pizzico di perverso sollazzo Poseidon ispirò allora alla moglie Pasifae un’insana passione per il dotato “stallone” (leggi: “torone”). E lei, per realizzare un così complesso accoppiamento, chiese all’architetto scultore Dedalo di trovarle il modo. Conformemente alle istruzioni ricevute, l’artista fabbricò una perfetta struttura in legno, che ricoperta di pelle bianca assomigliava in maniera impressionante a una… mucca.  Detto fatto, la vogliosa regina vi scivolò dentro e si dispose alla bisogna. E anche il toro, appena vide quello splendido esemplare femminile, apriti cielo! s’infiammò a sua volta; e vuoi o non vuoi si congiunse col simulacro, mettendo incinta la clandestina, che avrebbe poi partorito un mostriciattolo chiamato… Minotauro

A narrare questa grottesca vicenda è la Biblioteca di Apollodoro (un autore del I sec. a.C.), poi ripresa da Igino nelle Fabulae del I sec. d.C., e ovviamente da Ovidio, che nelle Metamorfosi vi fa poetici accenni, e non poteva sfuggire come esempio di “matta bestialitade” a Dante, che la sanzionò con versi scultorei nel canto XXVI del Purgatorio:

perché ‘l torello a sua lussuria corra
con lei
che s’imbestiò ne le ‘mbestiate schegge 

Rimandando al prossimo numero la sorte dell’orrido feto, fatto sta che alla base del misfatto stava un duplice inganno: quello della promessa mancata di Minosse, e quello della madre spacciatasi per giovenca… anche se un po’ di responsabilità la daremmo anche a Dedalo, che da candido artista proverbialmente tra le nuvole, non ebbe sospetto alcuno sull’uso che la regina intendeva fare della sua opera, e sull’atto che programmava. E si spiega che in tempi più recenti una vicenda così strana si prestasse a interpretazioni simboliche, come metafora dell’arroganza punita e della lascivia bacchettata.

Non sappiamo se il “partner” si accorse mai del camuffamento, e cosa ne pensasse. Forse però, fantasia per fantasia, una mezza idea se ne può avere consultando nelle Metamorfosi di Apuleio la disavventura del povero Lucio: che trasformato da un unguento sbagliato in asino, subì gli stessi assalti di una lussuriosa matrona, che però transitò da bovino a equino…  Quanto a Pasifae, che ne fu dopo questa insolita avventura? Continuò a spassarsela clandestinamente? Certo è che dopo un parto così esclamativo la faccenda non si poteva più occultare. Sicché per i bollenti spiriti di quella coppia non c’era futuro possibile, e la separazione incombeva. Benché la leggenda non dia contezza del loro destino, qualcosa si coglie dalla diversità delle fonti. Una di queste lascia intendere che Pasifae non venne punita dal coniuge, e continuò a vivere a Cnosso come regina segregata in quanto “degenere”. Ma autori di epoca ellenistica e tardo-antica incominciarono invece a rappresentarla come una maga che, malgrado il ruolo marginale a corte, mantenne una tale forza d’incantesimo, che ogni volta che Minosse giaceva con un’amante, eiaculava serpenti e scorpioni letali per la malcapitata. Altre versioni ancora lasciano intendere che vegetò in modo oscuro, “colpevole” di trasgressione, e rassegnata a non poter più avere l’adorato animale, ma comunque madre di figlie che, se buon sangue non mente, saranno travolte da passioni proibite, e su cui torneremo… 

E dunque, per rientrare nei parametri di questa rubrica, che Pasifae abbia avuto col toro un unico rapporto fecondo (come accade in alcuni film a effetto), o che abbia insistito nella perversione zoofila, una coppia così decisamente mal assortita non poteva certo sperare di distribuire confetti agli invitati. E non perché non possa durare una relazione incentrata unicamente sul sesso, smentita peraltro da ossessioni persino fatali; ma perché gli ostacoli erano più di uno: andando dagli impedimenti “tecnici” alla sanzione divina, dal marito cornuto e furente al biasimo sociale, che non vede di buon occhio accoppiamenti eterogenei, che si tratti di stranieri, diversi e irregolari. E così, mentre il toro finì probabilmente in mattanza, Pasifae si mutò in figura emblematica della sessualità trasgressiva, e di ogni rapporto anormale, malato, degenere, rispetto alle coppie benedette dal cielo e dagli uomini… 

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