
Lee rivolse la sua attenzione a un giovane ebreo che si chiamava Carl Steinberg, e che conosceva superficialmente più o meno da un anno. La prima volta che aveva visto Carl, Lee aveva pensato: «Saprei che uso farne, se i gioielli di famiglia non fossero già impegnati da Zia Roba».
Il ragazzo era biondo, la faccia magra e angolosa con qualche lentiggine, sempre un po’ rosea intorno alle orecchie e al naso come se avesse appena finito di lavarsi. Lee non aveva mai conosciuto nessuno pulito come lui. Con i suoi occhietti rotondi e i capelli biondi e lanuginosi, gli ricordava un uccellino. Carl era nato a Monaco e cresciuto a Baltimora. Sembrava europeo nei modi e nell’aspetto. Nella sua stretta di mano c’era l’eco di un batter di tacchi. In genere Lee riusciva a parlare più facilmente con i giovani europei che con quelli americani.
William S. Burroughs, Queer

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