Maldamore – #7
Figlio di Zeus e della mortale Alcmena, Ercole (Erakles) è l’eroe più popolare della mitologia greco-romana. Dotato di una forza eccezionale, ancora in culla stritola due enormi serpenti inviati da Era per sopprimere il frutto delle corna del consorte. Crescendo, sposa Megara, ma l’implacabile Era infierisce di nuovo suscitandogli una follia per la quale Ercole uccide la moglie e i tre figli. Poi, rinsavito, come espiazione gli tocca la schiavitù del re Euristeo, che gli impone le mitiche dodici fatiche.

Lavori sovrumani
Messosi all’opera, Ercole strangolò con le nude braccia il leone che terrorizzava la regione di Nemea, facendosi mantello della pelle; poi toccò all’Idra di Lerna, un serpente acquatico con nove teste, di cui cauterizzò i monconi per impedirne la ricrescita; acchiappò la velocissima cerva di Cernia sacra ad Artemide, dopo un anno di inseguimento; bloccò nella neve l’enorme cinghiale che devastava la regione dell’Erimanto; deviò il corso di due fiumi per ripulire d’un colpo le stalle di Augia mai spazzate; abbatté i mostruosi uccelli dalle bronzee penne affilate del lago Stinfalo; acciuffò il toro selvaggio che devastava Creta; domò le cannibaliche cavalle di Diomede dandogli in pasto il proprietario stesso; sottrasse la magica cintura dell’amazzone Ippolita, uccisa per malinteso; riportò in Grecia i buoi del mostro Gerione dopo averlo steso con la clava; incaricò Atlante di sottrarre i pomi d’oro delle Esperidi mentre lui lo sostituiva sorreggendo il pondo del cielo; scese infine nell’Ade per trarne il tricefalo guardiano Cerbero.
Un po’ di riposo?
Dopo simili mirabilie, l’indefesso un po’ di riposo se lo sarebbe meritato, con lauta pensione. Ma il certame più arduo era ancora da venire: e non con mostri o briganti, ma nientedimeno che con una… gentil donzella. Giacché quando (sempre per grazia di quella buona dea di Era che lo rese ancora demente) uccise l’amico e ospite Ifito, gli fu affibbiata a nuova espiazione di essere venduto schiavo, per indennizzare col ricavato i figli della vittima.
Tre anni di schiavitù amorosa
Ed è così che il più forte degli eroi greci venne acquistato da Onfale, sovrana della ricca e opulenta Lidia che, potente e sensuale, viveva in un sontuoso palazzo tra ogni sorta di piaceri. Col suo fascino esotico la regina incantò subito il rude guerriero. E lei, fosse pure ricambiandolo, ne approfittò per affidargli un’altra caterva di missioni in difesa del suo regno. Messosi di nuovo pazientemente all’opera, Ercole catturò allora i briganti Cercopitechi che depredavano i turisti; uccise il crudele vignaiolo Sile che obbligava i passanti a lavorare le sue vigne; pose fine alla tirannia di Sonoritone che li obbligava a falciare i suoi campi; e fece prigionieri gli abitanti di Tone, che devastavano le terre di Onfale. La quale, se fin là un tentennamento aveva avuto, conquistata da tante prodezze, gli offrì l’anello nuziale e gli partorì Lamo, ennesimo rampollo maschio della figliolanza dell’eroe che ne aveva già sfornati sessantotto, contro un’unica striminzita femminuccia!
L’inversione dei ruoli
Ciò non significa, beninteso, che quella gratificazione fosse una vacanza, se si considera che proprio ora toccò a Ercole l’anticipata e più evirata delle sue fatiche, quando, su richiesta della sposa, abbandonò abiti e coturni per indossare le vesti fluttuanti dei lidi. E con collane di pietra ballanti sul petto villoso, bracciali d’oro intorno a bicipiti e tricipiti, gemme scintillanti sulle nocche nodose, resosi “signorina” tra le ancelle col crine ornato di fiori, si prestò pazientemente a cardare la lana con le manone che ad ogni tocco spezzavano il filo, ai piedi di Onfale accomodata sul trono ricoperta del trofeo simbolico del leone di Nemea, brandendo la leggendaria clava ancora macchiata del sangue. E si capisce che, avendolo così fruttuosamente addomesticato, dopo i tre anni prescritti a malincuore lasciasse andare lo sposo ammansito, ora sì decisamente “bello di fama e… sventura…”
Espiazione, umiliazione e conflitto
La vicenda di Ercole, il più palestrato degli eroi antichi, che, deponendo i simboli della virilità, si piega a una donna fino a divenirne servitore, occupa un posto singolare nella mitologia classica, perché ribalta in forma paradossale i ruoli tradizionali. Ché se Onfale esalta il potere femminile di sedurre e dominare, l’umiliazione dell’eroe è una bacchettata all’orgoglio e alla tracotanza maschile; e evidenzia quanto l’amore scardini le dinamiche della relazione, e quanto i ruoli possano sovrapporsi, scambiarsi e annullarsi, in un gioco di negoziazione e conflitto.
Omnia vincit amor
Ecco perché il mito conserva una sorprendente attualità: e oltre a mettere l’accento sull’inversione dei ruoli di genere, sulla fluidità dell’identità e sul gioco di potere all’interno della coppia, offre spunti preziosi per superare stereotipi e pregiudizi, confermandosi come strumento di analisi e crescita. Non sconfitto da un nemico esterno, ma piegato da una forza superiore, Ercole viene chiamato a confrontarsi con i propri limiti, per cui nessuno, nemmeno il più vigoroso sbruffone, può sottrarsi al dispotismo erotico. La sua vicenda con Onfale, oltre che per la ricchezza allusiva, diventa specchio della vulnerabilità di fronte all’amore, il cui potere può scombinare ogni certezza, e condurre bulli presuntuosi e persino tirannici all’annientamento o al ridicolo, spingendo chi ne è vittima a comportamenti indegni o imbarazzanti. E a nulla vale che, una volta smorzata la vampata, il malcapitato si spenni per essersi lasciato sopraffare, e a riscattare la vergogna si curi con l’ironia e il cinismo, come accade al protagonista di Appunti di un colloquio interrotto...

