Si possono avere opinioni politiche diverse, si può non condividere le visioni che ha sempre avuto per l’Italia, ma pochi possono non riconoscere il peso politico che Pier Luigi Bersani ha avuto nella politica italiana. Quest’anno è uscito per Rizzoli il suo quarto libro, Chiedimi chi erano i Beatles, che ho acquistato ad agosto durante un viaggio a Bari per un’inchiesta sul campo.

Bersani è un politico di lungo corso, volto noto prima dell’Ulivo e poi del Partito Democratico, che dal 2022 ha scelto di fare un passo indietro dai ruoli ufficiali, ma non certo dall’impegno civile. E all’interno della sua attività politica, il rapporto con le nuove generazioni è sempre stato centrale, così come lo è nel libro stesso. In effetti, è uno dei pochi politici che è riuscito a intercettare l’interesse di generazioni diverse, grazie anche a un linguaggio ricco di metafore che è diventato una cifra stilistica. È Bersani stesso a sottolineare più volte che il linguaggio non sia solo comunicazione, ma sostanza: usare metafore e immagini concrete significa rendere la politica accessibile e quindi più democratica, senza mai impoverirne la complessità.
Chi erano i Beatles?
In realtà, il titolo del libro può trarre in inganno, dato che non si parla dei Beatles in senso stretto. Si tratta, e non stupisce, di una metafora. La memoria di quell’epoca, e della rivoluzione che i Beatles portarono nella società di allora va letta qui in chiave simbolica. Il gruppo, infatti, rappresenta un’epoca di passioni, impegno e sogni collettivi che Bersani mette a confronto con il presente. Il riferimento è chiaro: un giorno qualcuno dovrà spiegare ai giovani chi erano i Beatles, cioè cosa significava avere ideali, essere disposti a sacrificare qualcosa per perseguirli e a crederci fino in fondo, anche di fronte a batoste e delusioni. E quel qualcuno vuol essere proprio Bersani.
Chiedimi chi erano i Beatles è molte cose insieme: un ricordo di passate esperienze politiche, una rivisitazione dei tornanti più importanti della storia italiana ed europea, ma anche un abbozzo delle sfide future che attendono la sinistra. I ricordi personali raccontati dall’autore non sono mai meri aneddoti: diventano esempi di un modo di intendere la politica. Bersani parte da una domanda di fondo: che cos’è la politica e quale rapporto esiste tra l’ideale e il reale? Da qui si racconta, ad esempio, il percorso che ha portato alle cosiddette “lenzuolate”, ossia le riforme promosse per liberalizzare e regolamentare un mercato all’epoca sprofondato nel caos e nell’ingiustizia sociale. Bersani sottolinea proprio in questa occasione quanto centrale debba rimanere nel discorso politico la distinzione tra economia di mercato, da governare con regole e limiti, e società di mercato, che invece rischia di sacrificare i beni civici e il ruolo del cittadino sull’altare della concorrenza.
Dalla Resistenza alla rivoluzione digitale
Il percorso narrativo tocca i momenti cardine della storia italiana: dalla Resistenza armata alle rivolte e agli scioperi degli anni Quaranta e Sessanta, in cui persero la vita sindacalisti e attivisti. Da quel contesto nacque la stagione d’oro della sinistra, che legò in modo indissolubile la soggettività del lavoro allo sviluppo della democrazia. Oggi, sostiene Bersani, siamo di fronte a un nuovo tornante storico: la rivoluzione tecnico-digitale. Qui le sfide riguardano il controllo degli algoritmi, la gestione dell’intelligenza artificiale, la garanzia di salari equi e la lotta al precariato. È in queste pagine che emerge con forza la critica al tecno-capitalismo: un modello che rischia di travolgere il legame sociale se non governato, e che rende urgente interrogarsi su come mantenere una società giusta in tempi di trasformazioni globali e tecnologiche.
Il Partito Democratico e la politica dal basso
Un altro nodo importante è la necessità di riabilitare la politica attraverso il profilo professionale di chi la pratica. Per Bersani ciò significa ripartire dalle basi: la gavetta, la formazione graduale del cittadino politico, il coinvolgimento in esperienze di impegno dal basso. I veri politici, scrive, sono coloro che fanno politica non per sete di potere, ma per spirito di servizio.
Il libro ricostruisce anche la storia del Partito Democratico, dalle radici dell’Ulivo in avanti. Qui emerge la difficoltà cronica della sinistra: tenere insieme anime molto diverse — cristiani, laici, sinistre radicali — e trasformare un movimento in un partito coeso. Bersani sottolinea però che la politica non vive solo nei partiti: continua a pulsare nell’associazionismo, nelle realtà locali, persino nelle pro loco, luoghi di socialità che non vanno snobbati. Nelle pagine finali troviamo riflessioni sulle autonomie, sul fine vita, sul rapporto tra cattolicesimo e sinistra, e un elogio della metafora come strumento democratico, capace di rendere comprensibile a tutti la complessità senza banalizzarla.
Alcune impressioni
Chiedimi chi erano i Beatles permette di conoscere più da vicino una figura politica che, al di là delle opinioni, merita rispetto per la coerenza e l’impegno. Bersani riesce a parlare in maniera trasversale, mantenendo autenticità senza scivolare nella demagogia. Le parti storiche, pur non essendo saggi divulgativi, offrono una visione d’insieme dei grandi snodi del Novecento e delle loro conseguenze sulla democrazia e sul tessuto civile.
Ci sono però anche dei limiti. La prima delusione, per me, è stata la mancanza di attualità: si parla delle elezioni del 2013, c’è qualche accenno alla pandemia, ma nulla o quasi sulla politica degli ultimi anni. Avrei voluto leggere le sue riflessioni sulla fortuna delle destre, sul governo Meloni, sulla leadership di Elly Schlein o sul distacco dal PD ai tempi del renzismo e la fondazione di Liberi e Uguali.
Un altro punto critico è l’attenzione quasi esclusiva ai temi del lavoro, del welfare e della democrazia economica. Temi cruciali, certo, ma resta fuori gran parte del dibattito sui diritti civili: discriminazioni di genere, educazione alle differenze, uguaglianza sociale in senso ampio. In un libro che si rivolge ai giovani, questa assenza pesa e stona, soprattutto se pensiamo che persino una segretaria di partito dichiaratamente bisessuale tende oggi a sorvolare su queste questioni.
In definitiva, Chiedimi chi erano i Beatles è una lettura stimolante, che restituisce il ritratto di un politico capace di coniugare memoria e visione. Non è un libro esaustivo né aggiornato su tutte le questioni, ma è un invito a riflettere sul senso stesso della politica e sulla necessità di riportarla alla sua radice più autentica: essere uno strumento per migliorare la vita collettiva.

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