
Chi scelse di battezzare “Caronte” uno dei traghetti che fanno la spola fra la sponda calabra e sicula, avrà agito senza malizia, per uno sfoggio di memoria classica o, addirittura, per scaramanzia. Certo è che, senza volerlo, ha finito col ricordare al turista che, non solo sta varcando le soglie di un Paradiso, ma anche di un luogo d’ombra e di pena. È qui, al cimento di questa contraddizione, che la Sicilia vi aspetta. È come se, navigando tra Scilla e Cariddi, sul solco della nave due sirene affiorassero e vi tentassero con due lusinghe contrarie: una celeste, che parla di gelsomini d’Arabia, letizie di luna, spiagge simili a guance dorate; l’altra scura, infera, con mezzogiorni ciechi a picco sulle trazzere e sangue che s’asciuga adagio ai piedi di un vecchio ulivo. Nel rapporto tra queste due voci, nel loro incontro e scontro, consonanza e dissonanza, sta il segreto doloroso e la ricchezza della nostra storia. A farla breve, il primo consiglio a chi sbarca in Sicilia è di spiare in ogni parlata o mimica indigena, in ogni spettacolo naturale e contegno umano, la testimonianza, ora alterna, ora contemporanea, di un fumo nero e di un fuoco.
Gesualdo Bufalino, La luce e il lutto, Ed. Riuniti/Sellerio.

L’ha ripubblicato su l'eta' della innocenza.
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