Un triller psicologico: Paura di Stefan Zweig

Schermata 2019-12-22 alle 19.34.51.pngLo scorso novembre una bookblogger di instagram, @a_s_blackmore, ha indetto una gara di lettura che trovate sotto l’hashtag #sfidadeiclassici. Inutile dire che ho colto la palla al balzo e mi sono iscritta alla “competizione”. Il grande vantaggio di questo tipo di sfide è quello di avere la possibilità di conoscere autori nuovi, opere nuove e di potresti confrontare con altri lettori. Lo stesso mi è capitato proprio lo scorso mese, quando, dopo aver stilato la lista di autori da leggere per la sfida dei classici, ho deciso di incominciare col romanzo breve Paura di  Stefan Zweig. 

Stefan Zweig nasce austriaco nel 1881, ma morirà britannico nel 1942, suicidandosi in Brasile insieme alla seconda moglie. Decide di naturalizzarsi britannico per ragioni politiche, dopo che l’Austria viene annessa al Terzo Reich. Zweig infatti è noto per essere stato un fervente pacifista, cosmopolita, europeista e convinto oppositore dei regimi totalitari. Sì forma nel periodo della Belle Époque e, poco prima dell’inizio della guerra, si trasferisce in Svizzera dove frequenta autori del calibro di  Hermann Hesse e James Joyce. È anche un collezionista di manoscritti autografi di autori famosi quali Mozart, Bach, Beethoven, Goethe e Balzac. 

Nel 1933 le sue opere, insieme a quelle di Freud, Mann, Einstein, vengono bruciate dal regime nazista durante una delle molteplici Bücherverbrennungen berlinesi.

Al pubblicò è noto più come autore di biografie, tra le quali la più famosa è sicuramente Maria Antonietta – una vita involontariamente eroica, un’opera di stampo storico che riesce a rendere un ritratto completo e bilanciato di una delle figure più discusse della storia occidentale. 

In questa recensione voglio però parlare di un romanzo: Paura. Protagonista della storia è Irene Wagner, moglie di un avvocato appartenente all’alta borghesia; l’atmosfera in cui è immersa questa famiglia è quella della Belle Époque. All’inizio del libro vediamo Irene mentre sta uscendo dall’appartamento del suo amante, un musicista che frequenta per svago, per sottrarsi dalla noia e non per un vero sentimento, quando una donna sbucata dal nulla la ricatta: o le darà dei soldi o tutti sapranno della sua tresca. La nostra protagonista sente il mondo, il comodo e caldo nido fatto di conformismo e di ritualità, caderle addosso; ed è qui che entra in gioco la vera regina della scena narrativa: la paura. Un sentimento angosciante, descritto con un ritmo serrato, che non lascia un attimo di respiro al lettore. Irene è pedinata dalla donna che la sta ricattando e a ogni passo sente il suo fiato sul collo, visto che osa addirittura entrare in casa sua, lì dove pensava di essere al sicuro.  La penna di Zweig è instancabile, pagine e pagine di sapiente scavo psicologico, scritte con un ritmo incalzante e mai noioso; tant’è che il lettore riesce a provare la stessa paura della protagonista. La frequentazione di Freud traspare chiaramente nel libro, non solo dall’analisi dei sentimenti di Irene, ma anche dalle parole di suo marito. Quest’ultimo infatti narra spesso alla moglie le deposizioni dei colpevoli e come essi vengano “convinti” a confessare, descrivendo i processi psicologici che li portano inizialmente a negare tutto e poi a cedere, per liberarsi del peso e accettare la punizione. Il marito, quindi, pur essendo all’oscuro della tresca della moglie, le concede molte chance per farla confessare, ma lei non cederà, fino al colpo di scena finale, studiato, coerente, geniale! 

L’angoscia, il terrore di Irene: sono loro i veri protagonisti della storia che la porteranno allo soglie del suicidio. Lei infatti non si capacita di dover dire tutto al marito e di dover affrontare la gogna sociale alla quale la scoperta dello scandalo la sottoporrebbe. Vede il mondo sgretolarsi sotto i suoi piedi ed è proprio allora che capisce il vero valore delle cose: l’amore per i figli, per suo marito e la sicurezza di una vita che prima trovava monotona, ma che ora farebbe di tutto per riavere indietro. 

Certo, il messaggio veicolato dalla storia appare un po’ conformista ad un lettore di oggi (soprattutto alla luce del malcelato paternalismo del marito); tuttavia non è qui che risiede il clou del libro. La maestria di Zweig, infatti, sta nell’aver preso una trama molto banale e averla trasformata in un piccolo gioiello della letteratura. Solo in Proust (sì, mi permetto di dirlo!) avevo trovato un’analisi, un’introspezione così chiara, trasparente e dettagliata. Si tratta di un vero thriller psicologico in cui il lettore rimane con il fiato sospeso lungo tutto il testo, fino ad immedesimarsi completamente nella protagonista, provando così la sua stessa paura, sentendosi intrappolato inesorabilmente nel vortice senza uscita del ricatto. 

Si tratta di un libro di veloce, ma non banale, lettura che mi sento di consigliare perché per me, che non avevo mai letto nulla di questo autore, è stata davvero una piacevolissima sorpresa!

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