Pillola narrativa: i “Diari” di Sylvia Plath.

Nei Diari Sylvia Plath non scriveva per il pubblico ma per se stessa. Questa osservazione che potrebbe essere scontata, in realtà ci fa cogliere l’autenticità del suo mondo interiore, dove passioni, delusioni, dolori e piccole e rare gioie rappresentano i fili di un’unica matassa. Si tratta di una lettura densa, morbosa, a tratti struggente, fatta di molte digressioni che seguono il viavai di pensieri dell’autrice, dando così loro forma ed espressione. La scrittura, infatti, è stato per lei un mezzo di interpretazione della vita e di se stessa, uno strumento che la teneva in contatto col mondo e che talvolta la salvava dalla sofferta solitudine in cui era persa.

Di intelligenza spigliata e di rara sensibilità, Sylvia ci ha lasciato in eredità questi diari che non sono altro che dei preziosi documenti atti a ricostruire il dolore di una vita spesa cercando di risalire dal burrone in cui era precipitata e tesi a testimoniare la sua sensibilità lacerata.

Il suo senso di inadeguatezza e di incapacità e la sua depressione la accompagnarono per tutta la sua breve vita, conclusasi con un gesto estremo alla sola età di trentuno anni in un gelido inverno inglese. (M.)

Annientare il mondo annientando se stessi è l’apice illusorio di un egoismo disperato”.

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