«Così parlò Zarathustra»: una recensione in 4 atti

Questa è la prima puntata di una serie di 4 dedicata a Così parlò Zarathustra, qui trovate le altre 3:


Ricorre oggi l’anniversario della morte di Friedrich Nietzsche, nato a Röcken nel 1844 e morto a Weimar nel 1900.

Si tratta di uno dei filosofi più influenti dei tempi moderni, che nel bene e nel male, tra incomprensioni e manipolazioni, ha gettato un’ombra gigantesca su tutto il Novecento, sia per la profondità delle vedute che per le controverse dottrine, per cui non è mancato chi l’ha scioccamente boicottato, ritenendolo un ideologo del Nazismo (anche se era morto da oltre un trentennio, dopo anni di coma vegetativo), e chi invece vi ha scorto un acuto anticipatore della crisi del mondo moderno.

Come che sia, il miglior modo per situarsi di fronte a uno che faceva “filosofia col martello” è quello di leggere almeno la sua opera più rappresentativa, Così parlò Zarathustra (Also sprach Zarathustra), di cui intendo fare un’analisi in quattro parti che ne faccia risaltare le qualità e la profonda originalità.


Per esplicita ammissione dello stesso Nietzsche, la prima idea di quella che è considerata la sua opera maggiore risale al mese di agosto del 1881, e precisamente con la concezione fondamentale dell’eterno ritorno. Dopo una lunga gestazione, ne avrebbe steso la parte finale “nell’ora santa in cui Richard Wagner moriva a Venezia”, ossia il 13 febbraio del 1883. Nella prefazione allo stesso libro da cui è presa la citazione precedente, Ecce homo, si può ancora leggere la consapevolezza persino esagerata che l’autore aveva di questa sua opera singolare, con la quale, egli dice, “ho fatto all’umanità il più grandioso regalo che essa abbia mai ricevuto.”

Il Così parlò Zarathustra si presenta come un lungo poema filosofico, comprendente la sostanza del pensiero nicciano, modulato in accenti che ricordano il tono ispirato della Bibbia e degli antichi testi religiosi dell’Oriente. L’elemento autobiografico vi è largamente presente, giacché Nietzsche ritiene che i problemi filosofici non possano essere avvicinati in maniera neutra, ma sono tali che un pensatore deve prendere personalmente posizione di fronte ad essi, in modo da scoprirvi “il suo destino, la sua fede e anche la sua maggiore felicità.”

L’opera, una delle più liriche esaltazioni della vita che siano mai state composte, è divisa in quattro parti, attraverso le quali è possibile seguire Zarathustra dalla sua prima apparizione, fino alla fervida attesa del prossimo avvento del superuomo, su cui si chiude. Tuttavia essa ha un andamento tutt’altro che sistematico, e i pensieri dell’autore non vi sono esposti in maniera organica, ma sono disseminati qua e là nelle infuocate prediche del profeta, nelle sue liriche meditazioni, nei suoi sconsolati soliloqui. Zarathustra, infatti, esprime raramente in modo chiaro e conseguente le sue idee, ma si abbandona sempre più spesso a intuizioni fulminanti, ad affermazioni apodittiche, ad accalorate tirate oratorie, non sempre immuni da retorica ma quasi sempre offerte con una potenza incisiva straordinaria. Scegliendo questa forma Zarathustra mostra una certa coerenza con la sua natura e le sue convinzioni, volte ad abbandonare la cieca fiducia nella forza onnipotente della ragione a favore di istinti più primordiali ed elementari, ritenendo così di servire meglio la causa del superuomo di cui annuncia la venuta. Essa sarà infatti possibile solo se portata avanti da individui che, abbandonando il filisteo asservimento a qualsiasi forma di organizzazione (compresi i rigori di una filosofia sistematica), sappiano essere anche creatori. Come lo stesso Zarathustra: che, malgrado la stima non eccessiva che sembra nutrire per la categoria, è egli stesso un poeta. E poetico, quindi sarà lo svolgersi del discorso, perché le uniche leggi alle quali la sua natura libera accetta di sottostare sono quelle della fantasia e dei moti spontanei del sentire e dell’agire. Non essendo pertanto agevole seguire il libro passo per passo nei suoi continui andirivieni, nelle sue ripetizioni e nei rinvii ellittici, adotterò qui il procedimento di una sua schematica ricapitolazione, rimandando poi a un’esposizione più sintetica quelli che mi sembrano essere i punti chiave del pensiero dell’autore.

Zarathustra, che ha passato un decennio in solitudine da eremita, iniziata nel suo trentesimo anno, con la sola compagnia dei suoi animali fedeli (l’aquila e il serpente), ormai “nauseato della ‘sua’ saggezza come l’ape che ha fatto troppa provvista di miele”, decide di scendere verso gli uomini e di portare loro il frutto della sua lunga meditazione. Appena giunto nella foresta si imbatte in un vecchio saggio che, riconoscendolo, gli dice di essersi ritirato dal mondo per adorare soltanto Dio; e, mettendolo in guardia dalla malvagità degli uomini, lo sconsiglia di recarsi in mezzo a loro. Ma il profeta, per nulla intenzionato ad accettare il consiglio, è piuttosto sorpreso che il vecchio non sappia ancora nulla della morte di Dio. E si dirige verso la città per portare il grande regalo al popolo.

Qui, approfittando di un raduno di gente in attesa dello spettacolo del funambolo, subito coglie l’occasione per il primo annuncio dell’Übermensch. L’uomo deve essere superato egli dice: “esso è soltanto una corda tesa tra l’animale e il superuomo”, e dunque un elemento di transizione e non un fine. Ma questo discorso, così nuovo e improvviso, non può non stupire i presenti, che si sono radunati per assistere a uno spettacolo e non per subire le infuocate parole del profeta, il cui senso gli resta completamente oscuro. La reazione che segue è quindi prevedibile: la folla, presa da futili occupazioni, deride Zarathustra, o nel migliore dei casi lo fraintende: come accade allo stesso funambolo, che crede il discorso fatto per lui. Il che forse è vero solo paradossalmente: e infatti la tragica fine dello spettacolo, col buffone che lo supera sulla corda determinandone la caduta mortale, dà una conferma involontaria alle parole del profeta. Il quale, animato da un accresciuto desiderio di proselitismo, dà inizio al ciclo dei suoi grandi discorsi.

Seconda puntata: Zarathustra: l’esaltazione dionisiaca dell’esistenza

5 commenti

  1. […] È partita invece venerdì scorso, in occasione dell’anniversario della morte di Friedrich Nietzsche una mini-rubrica di 4 puntata curata da Gerardo Passannante e dedicata ad un’opera che ha cambiato il pensiero occidentale: Così parlò Zarathustra. Uscirà una volta alla settimana, e trovate qui il primo articolo: «Così parlò Zarathustra»: una recensione in 4 atti […]

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