Questa è la terza puntata di un ciclo di 4 dedicate a Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche. Qui trovate le altre puntate:
- prima puntata: «Così parlò Zarathustra»: una recensione in 4 atti
- seconda puntata: Zarathustra: l’esaltazione dionisiaca dell’esistenza
- quarta puntata: Il superuomo e l’eterno ritorno

Dopo aver visto nelle sue tappe fondamentali lo schema del Così parlò Zarathustra, su quella traccia è ora possibile dare un quadro più sintetico della visione del suo autore, partendo dalla diagnosi che della vita aveva fatto Schopenhauer, ritenendola dolore, lotta e contrasto. Il reale, lungi dall’essere razionale come aveva preteso Hegel, è dominato invece dal caso e dall’irrazionalità. E l’uomo, in questo fluttuare, è un essere sbandato che cerca e pena. Ma per Nietzsche questa pur esatta diagnosi costituisce soltanto un aspetto della relazione complessa che l’uomo mantiene con la realtà. Ciò che conta è invece anche l’attitudine che assume di fronte a questo stato di cose.
È noto che la posizione pessimistica del filosofo di Danzica avrà un peso determinante su molti aspetti della cultura del secolo e in particolare su Wagner, verso cui Nietzsche provò tanti sentimenti contraddittori, dall’esaltazione iniziale alla dolorosa denigrazione finale. La concezione schopenhaueriana aveva infatti giocato un ruolo decisivo nella volontà di annientamento del Wotan wagneriano, e non è escluso che abbia orientato il compositore verso il misticismo passivo del Parsifal, che a Nietzsche sembrò il punto più basso toccato dal suo amico di un tempo, anch’egli caduto, come gli rimproverò, “ai piedi della Croce”. Prendendo quindi le distanze da questo atteggiamento di rinuncia che poteva avere conseguenze tanto deleterie, Nietzsche assume invece nei confronti della vita dominata dalle forze illogiche un atteggiamento lontano dalla rassegnazione. E per bocca di Zarathustra, afferma invece l’accettazione entusiastica e orgiastica delle sue forze primigenie.
Solo che questa attitudine presuppone un’inversione di valori e il rifiuto di quella morale che a lungo ha condizionato il libero volere, anche se non è possibile farlo d’un colpo, poiché troppi pregiudizi ingombrano ancora la mente degli uomini; troppe tradizioni hanno assoggettato il libero sentire; troppe regole sono state imposte da interessati o ipocriti maestri. Per questo l’affrancamento va condotto per tappe successive, in cui lo spirito si libera progressivamente, e di cui Zarathustra disegna il decorso con le tre metamorfosi.
La prima tappa è simboleggiata dal cammello, allegoria dell’ubbidienza cieca. È questo dir sì al volere altrui e non al proprio che gli sembra il massimo dell’aberrazione a cui l’uomo può giungere, come condizione innaturale che sopprime i congeniti istinti di affermazione. Il recupero della libertà e della possibilità di creare nuovi valori è rappresentato dal leone: che, una volta riconosciuto lo stato di schiavitù in cui ha vissuto, ha una reazione di ancora imperfetta ma inequivocabile rivolta. A questa seconda segue infine la terza fase, in cui la metamorfosi si completa nel volere gioioso del fanciullo, fatto di genuinità, innocenza, follia e arbitrio: sulla cui forza primigenia la morale corrente non ha più presa, e in cui lo spirito di rinunzia cede il posto ad una sacrosanta affermazione di sé, che scavalcando la negazione del leone vuole ormai affermare nuovi valori e ideali rispondenti alle sue esigenze.
Stabilito così il cammino che lo spirito deve percorrere, Zarathustra intensifica i discorsi di accusa e di esaltazione. Si tratta in primo luogo di smascherare le menzogne, le trappole con le quali la morale tradizionale ha irretito il sano sviluppo umano; di cercarne le cause, analizzarne l’impostura, e confutarne le tesi. E poi, in un secondo tempo, opporre a questa vecchia e decrepita morale una nuova e più sana concezione, in cui l’uomo, ormai libero e in possesso delle sue facoltà più prepotenti, possa non solo affermarsi ma superarsi, ed aprire così la via al Superuomo, contro tutti gli ostacoli che ne hanno impedito finora l’affermazione.
Per questo l’avversario più formidabile da combattere è quel movimento antimondano che va sotto il nome di cristianesimo: che volto a distogliere lo sguardo dal presente e a congiurare contro l’organizzazione di una società superiore, ha dato il massimo contributo a radicare nei cuori la morale della rinuncia. Nietzsche non gli rimprovera, come gli illuministi, di aver seminato la lotta e la ferocia, ma di aver assunto un atteggiamento rassegnato nei confronti della vita, e di aver svalutato la realtà per sottometterla un principio trascendente, con la sua predicazione di disinteresse, abnegazione e sacrificio.
A rafforzare questa distorta visione concorre ancora la filosofia negativa. Che astraendosi dal concreto e chiudendosi nella pura visione intelligibile di principi trascendenti, finisce per scoprire un’altra dimensione. Postulando inoltre nella logica e nelle idee il criterio della verità, riduce l’evidenza a realtà fenomenica, e consuma così il distacco da quella terrena, calunniandola e negandole gli attributi più evidenti. Ne consegue allora una frattura tra un mondo reale e uno apparente, a tutto discapito di quest’ultimo, che cade sotto il bersaglio di un profondo disprezzo. Zarathustra non si stanca perciò di inveire contro questa illusione, dannosa perché fugge dall’esperienza sensibile, piuttosto che servirsi di essa per trarne il maggior profitto possibile. Egli conosce la pazza illusione con cui si scredita la materia predicando l’astrazione. Anche lui un giorno ha creduto che il mondo fosse l’opera di un “Dio tormentato”, che creandolo aveva distolto l’occhio dal proprio dolore. Ma allora era nella fase trascendentalistica, e credeva ancora che tutto fosse il prodotto di una mente consapevole. Poi ha invece capito che Dio è una pura creazione dell’uomo, condotto a postularne l’esistenza dal basso di una condizione costellata di male e dolore. Mentre Zarathustra, che fin da quando aveva lasciato la caverna per la prima volta aveva già chiara coscienza della “morte di Dio”, e con essa di ogni sogno metafisico, ha assunto l’impegno di predicare una nuova morale, in lotta irriducibile con quella vecchia, da schiavi… Che oltre ad essere mortificante ha il difetto di distogliere l’uomo dal suo impegno terreno, se l’anima è solo una “piccola parte di corpo” che ha generato spirito e fantasie ultraterrene. E una volta compreso questo, è tempo di affermare i nuovi valori, e preparare l’avvento del superuomo…

[…] 2️⃣ Continua la nostra mini-rubrica su Nietzsche con la terza puntata, pubblicata ieri mattina. Qui viene discussa la visione unica e audace di Nietzsche sulla vita, la morale e il Superuomo. La trovate qui L’accettazione della vita secondo Zarathustra […]
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