
Iniziata quando Tolstoj era giovanissimo, la sofferta meditazione sulla religione, la morale e la fede in cui consiste «La confessione» (Confessione, da qui in poi), raggiunge un momento critico in cui la mancanza di risposte alle domande sul senso della vita mette l’autore di fronte all’impossibilità di accettare la vita stessa (si legga la prima parte dell’articolo).
Ma sono anche gli anni forse più fecondi della sua produzione di narratore.
La crisi e i due grandi romanzi
Chiedersi inutilmente qual è il senso della vita: questo il tormento di Tolstoj, che affiora già negli anni Sessanta, quando matura il progetto e poi la stesura dell’epopea napoleonica di «Guerra e pace». La stella polare dell’autoperfezionamento, che lo ha guidato fin lì nella Confessione, è ora messa in discussione e la riflessione si orienta man mano verso la sfiducia nei confronti della razionalità e verso la convinzione che qualsiasi ragionamento su Dio non può non includere il rapporto tra il finito e l’infinito. Da questa tensione scaturirà la necessità di ammettere, per quanto assurde e mostruose, le risposte date dalla fede, risposte distanti dalla razionalità, ma comuni alle persone semplici, che non negano valore alla vita, come lui invece sta facendo.
Questo processo, come detto, è agli inizi durante gli anni della stesura – 1863-‘69 – di «Guerra e pace», opera monumentale che gli darà celebrità e successo. È una fase “vegetativa”, di stasi, in cui il problema religioso viene accantonato (almeno in apparenza), insieme con tutte le sue angosce. L’equilibrio tra visione del mondo e motivazione artistica non è stabile, ma vicende e personaggi del romanzo riflettono in pieno il Tolstoj di questi anni, sereno ma anche vagamente inquieto. Andrej Bolkonskj vive intensamente sia l’orrore della guerra, sia i problemi della pace (è scettico, per esempio sulle possibilità di riscatto dei servi della gleba); crede nell’amore di Nataša Rostova, ma fino a un certo punto, salvo riscattarsi alla fine, prima di morire. Anche Pierre Bezuchov si dibatte nei dilemmi morali di un mondo che capirà a poco a poco; è testimone del dramma della guerra, soprattutto durante le giornate di Mosca e la ritirata dei francesi. Nataša è un personaggio solare, in pace con la natura, personaggio mediante il quale amore e matrimonio trovano il loro compimento. Valori che il secondo Tolstoj avrebbe rinnegato in modo deciso. Le parti saggistiche, invece, così critiche nei confronti del potere e degli inganni della Storia, confermano il Tolstoj della Confessione.
Il travaglio spirituale negli anni Settanta, quelli in cui Tolstoj progetta e scrive «Anna Karenina» (1873-‘77), si è acuito e la scelta religiosa si è avvicinata. Se l’alter ego di Tolstoj in «Guerra e pace» è Pierre, che alla fine sposerà Nataša, in «Anna Karenina» questo ruolo spetta a Levin, coprotagonista del romanzo. In comune Pierre e Levin hanno la convinzione che gli uomini possono trovare la felicità nella semplicità, anche solo in assenza di dolore e se soddisfano i bisogni elementari, non avendo realmente bisogno di altro. E se quella di Levin e Ketty è la coppia perfetta, in cui l’amore è una scelta consapevole compiuta secondo il senso della responsabilità, la passione di Anna e Vronskij è invece un amore assoluto, turbinoso, che sfida ogni prudenza e ogni convenzione sociale. E infatti verrà sconfitto dalle regole della società. Il monologo di Anna poco prima di suicidarsi esprime in maniera icastica la tensione dell’uomo Tolstoj tentato dal suicidio; in quel momento Anna in un certo senso “è” Tolstoj. Ma le scelte di Levin e di alcuni personaggi minori di «Guerra e pace» coincidono con il già citato orientamento filo-popolare dell’autore: si pensi alla saggia semplicità di Platon Karataev e di altri personaggi, come contadini, soldati, ma anche membri dei Rostov. Al contrario, Andrej Bolkonskij e Pierre Bezuchov, così complessi, sono destinati a una costante e faticosa ricerca. Lo stesso Levin in «Anna Karenina» diviene il paladino della campagna e della vita familiare, ma solo dopo aver superato una lunga fase di inquietudine.
La conversione al Vangelo
Nella Confessione Tolstoj è chiaro: cogliere l’infinito nel finito significa conoscere il senso della vita, significa avere la fede, questo Tolstoj l’ha ben compreso. Ma ciò che le religioni tradizionali riconoscono alla fede, i contenuti, non ci dicono veramente cos’è la vita, e i fedeli talvolta s’ingannano. Almeno quelli ricchi e colti, ma i credenti poveri, semplici e ignoranti, i pellegrini, i monaci, i contadini, loro no. Per loro la fede è necessaria, perché conferisce un senso alla vita e dà la possibilità di affrontarla. Si tratta di una moltitudine immensa, che Tolstoj ha iniziato ad amare. La sua stessa vita di possidente istruito, una vita da parassita, non gli ha permesso fino a quel momento di cogliere questa semplice verità. Se la razionalità può provargli che Dio non esiste (Tolstoj cita espressamente Kant), la preghiera, dunque l’irrazionalità, postula al contrario l’esistenza di un creatore, di un Dio che è vita. L’idea del suicidio è così definitivamente sconfitta. Ritrovare la fede per Tolstoj non significa soltanto dare un senso alla vita, riconoscendo che ogni uomo viene al mondo grazie alla volontà di Dio, ma vivere per la salvezza rinunciando ai piaceri della vita. Ma qualche questione irrisolta rimane.
Se la fede è patrimonio del popolo, è anche vero che l’esercizio della fede si avvale di credenze che Tolstoj non può accettare, anche se le rispetta: i sacramenti, le cerimonie religiose, i digiuni, le devozioni, il culto delle reliquie e delle immagini sacre. L’aspetto rituale della fede e la vita della chiesa, che si considera infallibile, lo respingono, per quanto sia determinato a fondere la sua esistenza con quella dei fedeli più umili. Soprattutto la Resurrezione e l’Eucaristia sono per lui incomprensibili e gli sembrano delle imposizioni volute da qualcuno che non sa cosa sia la fede. Stessa cosa per la vita dei martiri. Vive con queste incertezze per almeno tre anni (così dichiara nella Confessione), finché decide che gli è possibile mantenere la fede soltanto se rinuncia all’ortodossia. Ha studiato il rapporto fra la chiesa ortodossa e le altre chiese, appurando che la chiesa ortodossa considera i cattolici e i protestanti eretici e portatori di menzogne. Più conosce la dottrina, più cresce in lui l’ostilità e si convince che le varie chiese cercavano il sistema migliore per adempiere a certi obblighi umani di fronte agli uomini. E nel far questo, assolvendo in campo religioso compiti che nulla hanno a che fare con la fede, le chiese non possono evitare il ricorso alla violenza e la sua giustificazione. Tanto è vero che il loro atteggiamento nei confronti della guerra e della pena di morte (che Tolstoj ha sempre aborrito) è per lo meno ambiguo. La condanna non potrebbe essere più netta.
Concludendo, se il popolo possedeva il segreto della fede, era anche vero che la tradizione della chiesa era un misto di verità e di menzogna, che però poggiava sulle Sacre Scritture. Che occorreva allora esaminare. Queste ultime dichiarazioni della Confessione hanno una data: 1879.
Le ultime opere
Iniziano così lo studio e la traduzione dei Vangeli, senza contare le opere teoriche, con saggi e polemiche sull’essenza della religione e della fede, in difesa dei Vangeli. Nel 1879-‘80, gli anni della stesura finale della Confessione, esce la «Critica della teologia dogmatica», una violenta requisitoria contro l’ortodossia, mentre nel 1882 Tolstoj pubblica «Concordanza e traduzione dei quattro Vangeli», opera seguita un anno dopo da «Qual è la mia fede?». Il suo nuovo credo è basato sul sermone della montagna e sulla citazione non resisterai al male con il male, fondamento della dottrina della non-resistenza al male, che grande successo avrà all’inizio del nuovo secolo (Mahatma Gandhi compreso, che aveva contatti con Tolstoj). Nasce il tolstoismo, un movimento spontaneo di suoi seguaci con cui la chiesa ortodossa dovrà fare i conti. Tolstoj si è avvicinato al mondo contadino, a un “popolo” depositario della verità religiosa, in opposizione alla falsità dogmatica di una chiesa che amministra sacramenti privi di un vero fondamento religioso. La chiesa falsa lo spirito e la lettera del Vangelo.
Le opere importanti degli anni Ottanta riflettono il pensiero di un autore che non si fa più illusioni sugli uomini e sulla stessa società europea e occidentale. «La morte di Ivan Il’ic» (1886) narra la sorte di un uomo “normale”, che ha accettato per intero le convenzioni sociali; la descrizione della sua malattia, della solitudine e della paura di fronte alla morte, che a un certo momento dovrà essere accettata in tutto il suo scandalo, mostrano in modo plastico la caducità dell’uomo. L’explicit, memorabile, racconta la morte del protagonista. A partire dal 1887 Tolstoj scrive la «Sonata a Kreutzer», che nella forma di uno sconcertante monologo ossessivo attacca con violenza l’amore sensuale e denuncia l’assenza di poesia nel matrimonio (il racconto fu accusato di misoginia). «Che cos’è l’arte?» (1898) critica la funzione estetica in se stessa, proponendo dal punto di vista etico un’arte cristiana, che abbia valore soltanto se corrisponde alla coscienza religiosa del popolo e se aiuta a vivere una vita morale.
Ma gli anni Novanta sono caratterizzati dalla reazione della chiesa ortodossa contro di lui, in seguito al suo distacco e alla sua dottrina, con una violenta campagna di stampa, censure delle sue opere e accuse di eresia. Solo l’immensa popolarità di Tolstoj e la risonanza internazionale del suo nome gli evitano l’esilio o l’internamento in un manicomio. Tolstoj reagisce con opere come «Il regno di Dio è con noi» (1893), in cui accusa lo Stato e la Chiesa di essere responsabili dell’infelicità del popolo; appoggia e aiuta concretamente ii movimenti settari, perseguitati dal governo perché rifiutavano la leva militare. Nell’ultimo grande romanzo, «Resurrezione», scritto nel decennio 1889-‘99, il protagonista, il principe Nechljudov, riassume in sé molti personaggi tolstojani ed esprime in sintesi la trasformazione stessa dell’autore così come risulta dalla Confessione. Nechljudov, infatti, cerca tenacemente di riscattare con una nuova vita le colpe della sua giovinezza e il male causato a Maslova, una giovane donna divenuta prostituta a causa sua e ingiustamente condannata alla deportazione in Siberia. Le idee e le azioni di Nechljudov esprimono la critica sociale di Tolstoj, che considera il carcere e i delitti commessi dalla magistratura la parte affiorante di un sistema di violenze e crimini ben più vasti e profondi commessi dalle istituzioni. Un atto d’accusa sconvolgente, tremendo e globale. La scomunica del 1901 da parte del sinodo ortodosso non deve perciò meravigliare, così come l’imputazione: falso dottore, accecato dall’orgoglio.
La fuga temporanea da Jasnaja Poljana nel 1910, quando abbandona famiglia e proprietà, ha un alto valore simbolico, coerente con il suo integralismo: per lui è intollerabile la divaricazione crescente tra la sua vita agiata di possidente e la sua predicazione di ritorno al Vangelo. La breve fuga finisce con la sua morte alla stazione ferroviaria di Astapovo, il 7 novembre 1910. Le sue ultime parole – fa’ ciò che devi – sono il giusto congedo di una vera e propria autorità morale, il coronamento di una evangelizzazione tanto problematica quanto sincera.
Breve commento
Il cammino di Tolstoj, prima durante e dopo la conversione, è la ricerca di una fede e di un ideale di vita che non può dargli nessuna religione positiva; è la ricerca di Dio, o meglio di una divinità che dia un senso alla vita e che giustifichi i valori morali del Vangelo. Ciò comporta la rinuncia a tutto ciò che invece lo aveva sorretto fino alla crisi degli anni Settanta: la fiducia nell’autoaffermazione, nel progresso e nel perfezionamento di se stessi sulla via della virtù. Ma, come si è visto, i germi della sfiducia e l’incertezza s’insinuano già nel giovane Tolstoj, arrivando poi con «Anna Karenina» a una tensione morale che investe anche personaggi forti come Levin, in cui l’autore non può non riconoscersi. Del resto, già nel finale di «Guerra e pace» s’intravede nel popolo degli umili una fonte di verità che incrina la serenità di giudizio dell’io narrante, mentre lo splendore del personaggio di Nataša rimane intatto e l’evoluzione di Pierre indica ancora una possibilità concreta di quell’autoperfezionamento che il secondo Tolstoj avrebbe rinnegato. La ricerca della fede e del fondamento della morale, l’incertezza sulle verità ultime sono comuni alle due parti della produzione tolstoiana, che sembrano più distanti di quanto non siano realmente. Ma la discontinuità esiste e la cesura è data proprio dalla conversione. Il secondo Tolstoj è quello intransigente che rompe con la chiesa ortodossa, che spinge all’estremo lo sforzo ascetico, che abbraccia l’eresia, sorretto dalla fiducia nel popolo dei fedeli, nell’umile popolo protagonista della storia universale, che egli conosceva in modo diretto e che tuttavia idealizzava. Nelle masse oscure e dimenticate delle campagne russe Tolstoj vedeva una promessa di salvezza, arrivando a proporre la ribellione nei confronti della chiesa in nome della speranza di salvezza che intravedeva nella loro vita. Da qui emerge l’ultima contraddizione: l’impossibilità di seguire il “principio popolare” e di vivere effettivamente come gli umili, unica possibilità di salvezza. Per conseguire un obiettivo così velleitario, Tolstoj considera soltanto due possibilità: o la fuga dalla società (si ricordi la fuga del 1910), o una riforma sociale in quel momento improbabile.
Tolstoj ha saputo proporci sostanzialmente l’aspirazione all’assoluto e l’invito a vivere cercando Dio, e allora non ci sarà vita senza Dio. La pars destruens della Confessione lascia dietro di sé vere e proprie macerie e oggi che il popolo di Tolstoj non esiste più, se mai è esistito, non ci rimane che cercare le risposte alle grandi domande seguendo una prospettiva laica, con o senza Dio.

FONTI
Le opere citate nel testo, tutte di Tolstoj:
- La confessione, Feltrinelli 2000
- Infanzia. Adolescenza. Giovinezza, Newton & Compton 1997
- I racconti di Sebastopoli, Garzanti 2004
- I Cosacchi, Mondadori 2005
- Guerra e pace, BUR 2008
- Anna Karenina, Newton & Compton 1996
- La morte di Ivan Il’ic e altri racconti, Mondadori 2005
- La sonata a Kreuzer, Mondadori 2006
- Resurrezione, Newton & Compton 1995
Link sull’autore in generale e sulla Confessione:
https://www.treccani.it/enciclopedia/lev-nikolaevic-tolstoj
https://www.liberliber.it/online/autori/autori-t/lev-nikolaevic-tolstoj/
https://www.liberliber.it/online/autori/autori-t/lev-nikolaevic-tolstoj/confessione/

[…] di Vittorio Panicara dedicata a La confessione di Tolstoj. La potete recuperare ciccando qui: IN CAMMINO ALLA RICERCA DI LEV N. TOLSTOJ, RECENSIONE DI «LA CONFESSIONE»: SECONDA E ULTIMA PARTE . Qui invece trovate la prima parte: IN CAMMINO ALLA RICERCA DI LEV N. TOLSTOJ, RECENSIONE DI «LA […]
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