Tra scienza e soprannaturale: «Dracula» di Bram Stoker

Ho appena finito di leggere un classico della letteratura dell’orrore: Dracula di Bram Stoker. Tutta la mitologia antica e contemporanea che ruota attorno al vampiro parte da qui, sebbene questa non ne sia la prima apparizione letteraria. Non è un romanzo semplice né costituito da una mera serie di eventi che coinvolgono personaggi privi di spessore narrativo, come avevo invece scritto de del romanzo di Walpole in Alle origini del genere gotico: «Il castello di Otranto»

Dracula esce nel 1897, sul finire dell’epoca vittoriana, di cui riflette da un lato l’ossessione per l’occulto e l’inconscio, dall’altro istanze più progressiste, come l’emergere della figura della New Woman, esplicitamente citata nel romanzo, e la fiducia nella scienza empirica. Siamo nella fase di massimo sviluppo del Positivismo, per cui diventa indispensabile fare affidamento su fatti concreti, misurare ogni aspetto conosciuto e non del mondo esterno ma anche interno dell’uomo, analizzato da studiosi quali Lombroso e Freud. Le due correnti dello scientismo da un lato e dello spiritismo dall’altro coesistono in tutti i livelli sociali (sia nel popolo che nelle classi più agiate, cui gli stessi protagonisti appartengono).

La loro commistione influenza la creazione di Dracula. Per scriverlo Stoker, irlandese di nascita, si affida al folclore gaelico, inserendone richiami in tutto il testo. Più evidente è però l’influsso della tradizione del romanzo gotico, soprattutto del suo filone più sofisticato, riadattato a una sensibilità più moderna, in cui si inseriscono, rispetto ai primi esempi, tematiche di natura etica e filosofica, come accade per esempio in Frankenstein di Mary Shelley, ne La caduta della casa degli Usher di Poe e ne Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde di Stevenson. La stessa figura del vampiro, per quanto ripresa e rimodellata dalla nostra contemporaneità, è a sua volta un rimaneggiamento, poi passato a canone, di quanto narrato nel racconto breve Il vampiro di John Polidori (1819) e nell’omonimo romanzo di Francis Varney (1845-1847). Stoker gli regala una tridimensionalità nuova, descritta con clinica precisione dal dottor Van Helsing, medico olandese dall’inglese incerto, protagonista della vicenda e simbolo del fondersi di superstizione e scienza: 

«Il Nosferatu non muore come fa ape quando punge una volta. Anzi, ogni volta diventa più forte, ha ancora più potere di fare male. Questo vampiro che è tra noi è, nella sua persona, così forte come venti uomini; è di intelligenza superiore a quella mortale, perché sua astuzia è frutto di anni e anni; ha ancora aiuto di negromanzia, la quale è, come dice suo etimo, divinazione per mezzo di morti, e tutti morti a cui lui può andare loro vicino sono a suo comando. Lui è bestia, più che bestia. Lui è diavolo cattivissimo, non c'è cuore in lui. Può apparire, entro certi limiti, quando e dove vuole, e in tutte le forme che può; comanda elementi in suo raggio di azione: tempesta, nebbia, tuono. Lui comanda tutte le creature inferiori: ratto, civetta e pipistrello, e poi falena, volpe e lupo. Lui può crescere e diventare piccolo, e può a volte sparire e diventare invisibile».

Dracula, il vampiro, non è solo una bestia; possiede anche una notevole intelligenza e la capacità di affascinare. Ciò è particolarmente evidente nella prima parte del romanzo, dedicata al resoconto della visita dell’ignaro Jonathan Harker al castello del conte in Transilvania. Sebbene i primi presagi della natura corrotta del suo essere emergano presto (non mangia mai, la sua figura non si riflette nello specchio, ha denti aguzzi), il suo carisma attira l’attenzione degli interlocutori grazie ai modi eleganti e al parlare colto e dominante. L’ambientazione rumena e l’aura da intellettuale non sono casuali, poiché dietro la sua figura se ne cela una storica realmente esistita: Vlad Tepes, o Dracula, che governò la Valacchia tra il 1448 e il 1476, e ne fu uno dei tiranni più sanguinari. Dracula partecipò anche al conflitto tra cristiani e turchi in quelle terre, un conflitto a cui il conte fa riferimento, accennando quasi stancamente al declino della sua dinastia. Questi sono i pochi momenti, poi sfruttati dai rimaneggiamenti contemporanei, in cui emerge il suo volto più umano e drammatico, costretto come egli è alla dipendenza dal sangue umano per sopravvivere (non per niente verrà sconfitto da un esperto di malattie infettive). Si tratta di un corpo la cui anima è già dannata, incatenato a un destino che lo blocca tra due mondi, emblema del diavolo.


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Di ciò si perde traccia nella seconda parte, in cui del conte si narrano solo le stragi e il dolore che provoca: lui è il mostro. L’ambientazione si trasferisce in Inghilterra, e il ventaglio dei personaggi si allarga includendo Mina Harker, compagna di Jonathan, l’amica Lucy Westenera, la cui trasformazione avverrà sotto gli occhi del lettore proprio dopo una visita del conte. Accanto a loro compaiono il già menzionato Professor Abraham Van Helsing, il collega psichiatra Dr. John Seward e i due innamorati di Lucy: Arthur Holmwood e Quincey Morris (questi ultimi due personaggi forse meno curati, tant’è che le loro personalità si confondono). Dopo la morte di Lucy, saranno loro a portare avanti la missione di annientare per sempre il vampiro. Nonostante il titolo, quest’ultimo non ricopre mai il ruolo di protagonista, dal momento che il lettore vive tutto attraverso gli occhi delle sue vittime o di chi cerca di distruggerlo, ma ha poco o nessun accesso ai suoi pensieri. 

La simbologia cristiana impregna ogni pagina, emblema dell’eterna lotta tra il bene e il male, in cui tutti sono chiamati a imprese coraggiose per salvare la purezza di Mina Harker, sottoposta con forza da Dracula a un “battesimo del sangue”. Il comandante indiscusso del piccolo gruppo è il dottor Van Helsing, quasi un diacono, pronto a brandire tanto le armi della scienza (ipnosi e trasfusioni) quanto quelle della religione (crocifissi, effigi della Madonna) e della superstizione (aglio, specchi), sebbene si dichiari apertamente non credente. Egli è il sacerdote del bene e rappresenta in sé le due anime dell’atmosfera culturale del Positivismo tardo ottocentesco di cui sopra.

«Chi di noi, un anno fa, poteva contemplare simile possibilità, in bel mezzo di nostro scientifico, scettico, pragmatico secolo decimonono? Abbiamo perfino rifiutato una fede che abbiamo visto provata sotto i nostri stessi occhi. Prendiamo dunque per momento come vero che vampiro e credenza in sue limitazioni e cura contro di lui si fondano su stessa base»

Egli sprona i compagni, e soprattutto il collega ad andare oltre ciò che conoscono nella quotidianità, ad aprire la mente al soprannaturale, perché dopotutto accettarne l’esistenza è presupposto necessario e imprescindibile per poterlo affrontare con la ragione:   

«Siete un uomo intelligente, amico John, ragionate bene e vostra mente è acuta, ma avete troppi pregiudizi. Voi non permettete a vostri occhi di vedere e a vostre orecchie di sentire, e tutto quanto è fuori dalla vostra vita quotidiana non vi riguarda. Non credete che ci sono cose che voi non potete capire e che tuttavia esistono? E che alcuni vedono cose che altri non possono? Ma ci sono cose antiche e nuove che non possono essere contemplate da occhi di uomini solo perché essi conoscono, o credono di conoscere, cose che altri hanno detto a loro. Ah, errore di nostra scienza è di pretendere di spiegare tutto! E se non spiega, allora dice che non c'è niente da spiegare […]» 

Solo aprendo la mente si possono davvero capire le cause che si nascondono dietro comportamenti incomprensibili come il sonnambulismo di Lucy, oppure la mania di mangiare esseri animali di Renfield. Le scoperte fatte in campo psicologico hanno un ruolo centrale nella narrazione, dove riemergono i concetti di pazzia, isteria, nevrosi, ma soprattutto di inconscio. Sarà proprio grazie all’ipnosi che il nemico passerà da bestia a preda, attraverso il legame instaurato durante il battesimo con Mina. 

Anche quest’ultima è una figura interessante, per la sua capacità di trasformarsi da vittima corrotta a strumento di lotta. Capiamoci, non siamo certo, per ciò che riguarda questo aspetto, davanti ad un romanzo progressista. La distinzione tra i due generi è ben marcata. Il potere degli uomini è aggressivo, attivo, e volto a difendere; quello delle donne è per riordinare le idee, ma mai per combattere. L’intelletto dei primi serve a scoprire e riflettere, quelle delle seconde è atto a riordinare, sistematizzare. L’energia maschile è volta al rischio e all’avventura, quella femminile a documentare, anche perché la donna non deve mai essere messa in pericolo o in tentazione. Mina rientra perfettamente in questo ideale di donna vittoriana remissiva che ubbidisce sia al marito che a Van Helsing che in un primo momento la allontana dai loro piani: 

«La situazione è già abbastanza ardua per noi, che siamo tutti uomini di mondo e che durante la nostra vita ci siamo trovati più volte in difficili frangenti; ma ciò non si addice a una donna»

In lei però ci sono anche dei tratti contrari a questa tendenza: è infatti una donna indipendente, che lavora, che reagisce con fredda prontezza in caso di pericolo (soprattutto durante le crisi di Lucy). Prende su di sé l’onere di documentare i progressi della loro missione, e partecipa attivamente a discussioni ed iniziative, tanto che molte scoperte che si fanno sul conte Dracula e sui suoi movimenti avvengono proprio grazie a lei. E in effetti la decisione di allontanarla dal gruppo sarà fallimentare e presto ritrattata da un Van Helsing profondamente affascinato non tanto a livello carnale ma intellettuale: 

«Ah, meravigliosa Madame Mina! Ha cervello di uomo - cervello che uno uomo, se avesse, sarebbe molto dotato - e cuore di donna. Buon Dio ha creato lei per uno scopo, credetemi, quando Lui ha fatto questa così buona combinazione»

Prima di concludere questo articolo, mi piace spendere due parole sullo stile. Tutta la vicenda è narrata non in presa diretta, mentre accadono i fatti, ma attraverso resoconti (diari, pezzi di giornali, lettere) scritti a rotazione da tutti i personaggi. Si tratta di una scelta interessante che rende la lettura più variegata, perché sottolinea, anche se in qualche caso non sempre con efficacia, la differenza di carattere che separa i protagonisti. Io non sono una grande amante del soprannaturale, ma questo stratagemma aiuta a rendere meno netto il divario tra ciò che è reale e ciò che è magico. Il lettore non può non sentire paura, seppur per cose che nella vita vera non accadrebbero mai, e questo aiuta molto l’immedesimazione. 

Alla luce di quanto detto dello stile, della presenza di personaggi sostanzialmente ben delineati e dei temi affrontati nel testo (la lotta tra il bene e il male, il rapporto tra umano e bestiale, ma soprattutto tra scienza e soprannaturale), Dracula si presenta certamente come un capolavoro della letteratura, che ho apprezzato molto nonostante i dubbi iniziali.

Una lettura che mi sento assolutamente di consigliarvi, in questo periodo, ma anche nel resto dell’anno, perché no. 

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