di Gerardo Passannante

Se generalmente sono le loro produzioni poetiche o narrative ad assicurare agli autori la permanenza nelle storie letterarie, altre spie, spesso segrete e involontarie, ci permettono di scrutarli nella via intima benché non sempre edificante. A dirci quanto, dietro ogni realizzazione, che gli piaccia o meno, che se ne vanti o se ne vergogni, si cela una persona viva, con difetti e virtù. Senza dire che talvolta sono proprio queste carte neghittose a restituircene il vero volto. Ecco perché ci piace spiarli, con discrezione e attenti all’opera, per il buco della serratura.
Per sapere come nasce questa rubrica ☛ Le mie pagelle letterarie
Per leggere la prima puntata ☛ Poeti del ‘700: le mie pagelle
Per leggere la seconda puntata ☛ Scrittori del Settecento: le mie pagelle
Per leggere la terza puntata ☛ Teatro del ‘700: le mie pagelle (1/2)
Per leggere la quarta puntata ☛ DAL DRAMMA AL MELODRAMMA
Giambattista Vico (1668 – 1744) – Autobiografia (1728)
★★★★★★★★★☆
Più che raccontare i fatti della sua vita, in questa breve autobiografia in terza persona, quasi guardandosi dall’esterno e perciò valutandosi con obiettività, Vico ricostruisce, attraverso esperienze familiari e culturali, il sorgere e l’evolvere del suo pensiero. E racconta come, dagli studi di metafisica e diritto romano, attraverso la riflessione su autori antichi e moderni, quali Platone, Tacito, Bacone, Grozio e Cartesio, giunse alla composizione di quel capolavoro che è la Scienza Nuova. Con cui, mirando a costruire un sistema che sapesse accordare l’idealismo platonico con una filologia rigorosa, edificò l’opera che “di tutte le deboli opere del suo affannato ingegno arebbe voluto che sola fusse restata al mondo”. E fa quasi tenerezza scoprire come quest’uomo d’animo ingenuo ma di spirito fervido, conscio del proprio valore e al contempo umile, riuscì a stendere l’opus magnum “tra lo strepito de’ suoi figliuoli.”
Antoine-François Prévost – Memorie di un uomo di nobili condizioni (1728)
★★★★★★☆☆☆☆
A metà strada tra il romanzo e la biografia, questo mastodonte in sette volumi dell’abate Prévost contiene una prolissa serie di avventure romanzesche, patetiche o tragiche, occorse al narratore in Europa e in Turchia. Tra ratti, travestimenti, matrimoni forzati e monasteri dove i personaggi cercano rifugio, alla linea principale mille vicende si intersecano, perlopiù inessenziali e dispersive, che tradiscono l’incontrollata indulgenza dell’autore verso il rocambolesco del tempo. Si tratta di un accumulo complessivamente futile e pettegolo, di scarso interesse, che si riabilita però nell’ultimo libro con l’immortale vicenda del Cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut.
Francesco Algarotti (1712 – 1764) – Viaggi in Russia (1739)
★★★★★★☆☆☆☆
Durante il viaggio che fece a Pietroburgo tra il 1738 e 1739, questo curioso saggista, previa la conoscenza delle corti di Inghilterra e di Prussia, custodiva termini di paragone per un giudizio sul popolo che dopo Pietro il Grande si affacciava sulla scena internazionale. Della Russia che guardava all’Europa colse l’organizzazione civile e militare basata sull’autorità dello zar e sulla potenza dei boiari; e se evidenziò le inclinazioni alla moda e alla cultura francese, non gli sfuggirono i contatti stabiliti con la Cina per il commercio di generi di prima necessità. Con vivacità di stile, in una prosa farcita di citazioni latine ma senza sbavature, Algarotti descrive abitudini, oggetti orientali, orologi, stoffe, giade e profumi, con un tono meravigliato che inclina al fiabesco.
Louis de Rouvroy de Saint-Simon (1675 – 1755) – Memorie (1750 ca.)
★★★★★★★★☆☆
Scritte con l’intento di dare un quadro della Corte di Versailles, il lungo racconto si concentra sugli ultimi lustri del Regno del Re Sole, con un’accuratezza storica tutt’altro che imparziale, e spesso affidata a pettegolezzi o a voci infondate. Avversando l’accentramento e l’assolutismo di Luigi XIV, con lo spirito di un laudator temporis acti, Saint-Simon parteggia per un ritorno al regime feudale, con tutte le prerogative e i privilegi tradizionali della nobiltà. Ma l’opera, che per il suo contenuto “sovversivo” restò inedita per tutto il diciottesimo secolo, oltre ad essere di capitale importanza per la storia del costume, resta uno dei monumenti più grandiosi della letteratura francese. Giacché questo testimone malevolo e nutrito di pregiudizi è un fine psicologo che, mancando di senso politico e alternando a termini preziosi espressioni triviali, sa scandagliare con occhio sicuro sentimenti e passioni, ambizioni e amor proprio, affetti e vanità, tracciando un’immensa galleria di ritratti. Che poi è la ragione per cui sarà uno degli autori di riferimento di Proust.
Saverio Bettinelli (1718 – 1808) –Lettere virgiliane (1757)
★★★★★★☆☆☆☆
Composte nel 1757 e pubblicate anonime, queste 10 epistole “scritte” da Virgilio per dare notizia sui poeti negli Elisi offrirono all’autore l’estro per svecchiare la letteratura dalla sterile imitazione dei modelli. E per farlo, non esitò a contestare polemicamente quegli stessi modelli, a partire da Dante. Forte del muto consenso di quei lettori che, senza osare dirlo, trovavano la lingua della Commedia indigesta per il delicato orecchio “arcadico”, Bettinelli la stroncò, salvandone solo alcuni episodi e un migliaio di versi sparsi. Se in difesa di Dante subito si mosse Gaspare Gozzi, con Bettinelli si schierarono comunque gli scrittori del Caffè, che evidentemente ne condividevano le perplessità. Non manca chi ritiene queste lettere uno dei migliori esiti polemici della nostra letteratura: ma io, che non sono ancora riuscito a perdonargliele, ricordo ancora che tra i santi bestemmiati negli anni voraci dell’adolescenza, Saverio Bettinelli era in pole position.
Giuseppe Baretti (1719 – 1789) – Lettere familiari a’ suoi tre fratelli (1762)
★★★★★★★☆☆☆
Di un viaggio in Portogallo, Giuseppe Baretti stese un diario sotto forma di lettere pubbliche che fingeva di rivolgere ai fratelli. Nello stile libero della corrispondenza giornalistica, se poneva poca importanza alla descrizione del paesaggio e non faceva profonde osservazioni politiche, l’autore eccelleva invece nella rappresentazione degli usi e dei costumi locali. Non per niente le lettere più belle non sono i pezzi di bravura sul terremoto di Lisbona o sulla corrida, ma quelle in cui riporta vivaci scenette della vita quotidiana, associando al giocoso bernesco l’umorismo inglese. Bloccata la pubblicazione in Portogallo per le ire di un ministro, a causa di giudizi ritenuti ingiuriosi e per le critiche alla cacciata dei gesuiti, l’opera con integrazione delle parti censurate usci più tardi a Londra, dove l’autore era entrato nella cerchia di Samuel Johnson. Grazie alla cui testimonianza peraltro fu assolto, dopo aver pugnalato a morte il protettore di una prostituta. A conferma che proprio non gli riusciva di restare alla larga dai guai.
Laurence Sterne (1713 – 1768) – Viaggio sentimentale (1768)
★★★★★★★★☆☆
Per virtù non disgiunta da un briciolo di galanteria, in questo piccolo capolavoro di pacato umorismo, sotto lo pseudonimo shakespeariano di Yorick, Sterne si presenta come un “viaggiatore sentimentale” che ama osservare i comportamenti dei paesi che visita. E quindi, evitando considerazioni politiche, ritrae in gustosi quadretti figure incontrate per caso, dal pasticcere a un veterano di guerra, da un gentiluomo a un mendicante; ma resta reticente su episodi per qualche ragione incongrui o scabrosi, come quello di una giovinetta impazzita per amore, o sul rischio di finire alla Bastiglia per mancanza di passaporto. E nemmeno rivela chi si celava sotto le spoglie dell’italiana marchesa F. con cui forse ebbe un’avventura galante. Più tardi sarà Foscolo, a sua volta sotto lo pseudonimo di Didimo Chierico, ad approntare la traduzione di questo delizioso racconto.
Jonathan Swift (1667 – 1745) – Diario a Stella (1768)
★★★★★★☆☆☆☆
Raccolta di 65 lettere che Swift scrisse nel 1710, al ritorno a casa ogni sera e quindi postandole con regolarità, a Esther Johnson, con la quale ebbe un rapporto che ha suscitato molte curiosità e dicerie, senza che sia risultato troppo chiaro, ammesso che nell’indole di un simile dispregiatore dell’umanità potessero albergare sentimenti gentili. Fatto sta che il lontano parente nelle cui mani le lettere giunsero postume, nel pubblicarle anni dopo, forse a sventare ogni supposta insidia di debolezza nello scrittore austero, non solo velò il nome della destinataria sotto quello di Stella, ma apportò diverse alterazioni arbitrarie, come si rileva dagli autografi nel British Museum, togliendo però gusto al little language puerile con cui Swift si rivolgeva vezzosamente alla sua bambolina...
Pierre-Augustin de Beaumarchais (1732-99) – Quarto Memoriale contro Goëzman (1774)
★★★★★★★☆☆☆
I diversi memoriali di Beaumarchais sono una testimonianza della difficoltà con cui dovette regolare gli affari con gli eredi, e soprattutto con un nipote che l’accusò apertamente di falso, e pretese da lui una forte somma di risarcimento. Come relatore del processo, l’autore, oltre la vicenda giudiziaria che lo riguarda, mette il dito sui mali della società, rivolgendosi all’opinione pubblica con arguzie, ironia e sottintesi polemici, additando dietro un caso isolato la corruzione che minaccia la nazione. E lo fa con tale schiettezza e abilità dialettica, da far dire a Voltaire che questo memoriale rappresentava quanto di più comico avesse letto, e che non v’era commedia più piacevole. Ciò non toglie, comunque, che forse proprio per questo Beaumarchais perse la causa…
Giacomo Casanova (1725 1798) – Memorie (1774 ca)
★★★★★★★☆☆☆
Scritte in francese negli ultimi anni della sua vita e pubblicate postume, queste Memorie sono uno dei documenti più importanti della vita letteraria del 700. Accanto alle vanterie erotiche, l’autore si presenta alieno da pregiudizi sociali e prototipo esemplare di libertino, e in quanto tale espressione del proprio tempo. Dopo una prefazione in cui tenta di giustificare la sua esistenza di uomo di mondo, Casanova parla delle sue origini e della precoce curiosità per le bellezze della vita. Lasciato quindi l’abito ecclesiastico per quello militare, in giro per le capitali ovunque scruta vizi e astuzie, ritenendosi un uomo religioso proprio per l’adesione alle grazie da Dio poste in terra. Viaggiando per circa mezzo secolo da Londra a Costantinopoli, da Parigi a Pietroburgo, da Vienna a Madrid, conobbe delle società movenze e vizi, e seppe avvalersi dell’ambizione e della vanità per perfezionare una vita di scroccone e cinico calcolatore, senza che la sua timorosa ipocondria gli suggerisse scrupoli morali.
Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778) – Le confessioni (1781)
★★★★★★★★★☆
Soltanto verso i 25 anni Rousseau si mise studiare seriamente la filosofia, essendo stato fin là impelagato in avventure amorose, e dedito all’arte sonora al punto da proporre all’Accademia delle Scienze addirittura un progetto, peraltro bocciato, per una nuova notazione musicale. Risultò invece vincitore, come è noto, al concorso bandito nel 1749 dall’Accademia di Digione sul tema “Se il progresso della scienza abbia contribuito a corrompere o a purificare i costumi”, che segnò il lancio di una carriera contrastata ma strepitosa. Dai libri che seguirono, se non valsero a distrarlo i cinque figli metodicamente mollati all’orfanatrofio, trasse vantaggio con l’offerta di un’ammiratrice di un ermitage dove scrisse le opere principali. Di temperamento a dir poco sgradevole, dopo essersi alienato gran parte degli intellettuali francesi, lasciò la Francia per Inghilterra, dove, manco a dirlo, fece uscire dai gangheri David Hume, che pure l’aveva accolto a braccia aperte. In maniera esplicita quanto assolutoria, queste cose le racconta lui stesso nelle sue Confessioni, con cui si proponeva di essere veritiero sulla sua natura ribelle, in conflitto contro le convenzioni sociali a cui cercava riparo nel contatto continuo con la natura.
Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778) – Medtzioni di un viandante solitario (1782)
★★★★★★★★★☆
Riprendendo la narrazione dove l’aveva interrotta nelle Confessioni, dopo il ritorno in Francia dall’Inghilterra Rousseau, con quel languore virilmente misantropico a cui andava inclinando col passare degli anni, in queste Meditazioni e reminiscenze della sua vita vagabonda, con indulgenza orgogliosa attribuisce la propria “paranoia” al suo coraggio innovativo e non convenzionale davanti ai grandi problemi della vita. Attraverso un’analisi serrata dei propri sentimenti cerca di risalire all’origine di tali delusioni, sempre però proclamando fedeltà agli ideali dell’amore e della giustizia. A cui aggiunge ancora quello della natura consolatrice e purificatrice del soggiorno solitario nell’isola di Saint-Pierre, sul lago di Bienne. Dove molti anni fa feci anch’io un pellegrinaggio, con un suo libro in mano, a riconciliarlo con l’umanità.
James Boswell (1740 – 1795 – Vita di Samuel Johnson (1785)
★★★★★★★★☆☆
Pubblicata nel 1790, questa biografia non agiografica ma devota di Samuel Johnson, scritta dal suo giovane amico James Boswell, fu presto considerata come una sorta di modello. L’immagine che ne risulta è quella di un uomo coltissimo ma indolente, spirito critico e mordace, che preferiva la parola alla penna, così che la sua conversazione, per umorismo e arguzia, era quanto di più piacevole si potesse ascoltare. Tanto che James Boswell per vent’anni ebbe cura di annotarne i discorsi e gli aneddoti saporosi e paradossali, riproducendo letteralmente le briciole di una vasta erudizione. Ne risulta il documento fedele di un uomo rude, trasandato, dal volto segnato dal vaiolo, che sotto la gran parrucca scomposta alberga un carattere incostante, ora polemico ora cupamente malinconico, ma sempre dominatore di salotti per la conversazione brillante e sottilmente paradossale. Un uomo che, pur provato dalla miseria, restava sinceramente caritatevole verso quattro donne che manteneva, forse perché allietavano di ciarle il suo umore intrattabile e pettegolo.
Carlo Goldoni (1707 – 1793) –Memorie (1787)
★★★★★★★☆☆☆
Pubblicate in francese, queste memorie sono composte di tre parti. Nella prima l’autore descrive gli anni dell’infanzia, delinea la figura dei genitori, rievoca gli studi, i precoci tentativi teatrali, il primo amore, i viaggi e il matrimonio. La seconda parte, quasi interamente dedicata ai riassunti delle commedie, permette di conoscere anche la vita dei comici del tempo. La terza e ultima parte, invece, dedicata al soggiorno in Francia, è zeppa di osservazioni sugli attori e sulla corte di Luigi XVI, negli anni che precedono la Rivoluzione, e descritti da Goldoni col consueto scrupolo anche verso particolari minuti. Va da sé che per la storia del teatro la più importante è la seconda parte, dove la riforma da lui operata viene confrontata con le reazioni contrastanti che suscitò; anche se Goldoni, più che i toni polemici, lascia trapelare solo un po’ di amarezza per l’incomprensione, ma con la saggia bonomia di chi tutto ha capito.
Vittorio Alfieri (1749 – 1803) –Vita (1803)
★★★★★★★★★☆
Pubblicata postuma, e suddivisa nelle quattro epoche di puerizia, adolescenza, giovinezza e virilità, la Vita di Alfieri risente chiaramente dell’influsso delle Confessioni di Rousseau nel proposito di essere fondamentalmente sincero. Solo che, contrariamente al ginevrino, più che indulgere a ricordi intimi, precisa che se non avrà l’indiscrezione di dire tutto il vero, non intende in compenso dire nulla che vero non sia. Sicché, sorvolando con riserbo aristocratico su episodi biografici, per applicarsi all’analisi dei furori della sua perenne irrequietudine, Alfieri tracciò di sé un ritratto morale in puro stile plutarchiano, e senza celare le manchevolezze insisté sulla missione dello scrittore tratto dalle incertezze puerili verso una vocazione irresistibilmente tesa all’esercizio dell’arte.

[…] 2️⃣ Inoltre, Gerardo Passannante vi ha accommpagnato in un viaggio attraverso la storia letteraria con una nuova puntata di Pagelle Letterarie. Questa volta ha esplorato la memorialistica del 700, assegnando voti alle opere più significative del periodo. Scopri le valutazioni di Gerardo Passannante qui: La memorialistica nel 1700 […]
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