Tra tutti i mesi dell’anno, ottobre è quello che si associa di più all’ignoto, all’inconscio, alle tenebre e al soprannaturale.
Non vi sorprenderà sapere che, per un curioso gioco del destino, proprio in questo mese, il 7 ottobre 1849, moriva Edgar Allan Poe, autore profondamente legato ai temi dell’horror. È di lui che vi voglio raccontare oggi, di uno scrittore il cui valore letterario non venne riconosciuto subito dalla critica americana. Una diffidenza iniziale, questa, causata almeno in parte dalla vita dissipata, tormentata e travagliata condotta in appena 40 anni.

LA VITA – Nato il 19 gennaio 1809 a Boston, Poe proveniva da una famiglia fin dall’inizio segnata da difficoltà economiche. Suo padre, David Poe, era un uomo piuttosto benestante, che però decise di rinunciare al proprio patrimonio dopo essersi innamorato di un’attrice, che volle seguire diventando un guitto. Eppure, David Poe non aveva lo stesso talento della moglie e, infatti, la coppia finì presto in povertà. La moglie morì giovanissima a soli 24 anni, e David la seguì poco dopo. È qui che inizia la “maledizione” di Edgar Allan Poe: un profondo senso di abbandono, associato alla morte di figure femminili cui era profondamente legato. A partire dalla scomparsa precoce dei genitori, questo sentimento lo perseguitò tutta la vita e divenne una costante della sua produzione letteraria, dove la morte acquista un ruolo centrale come forza capace di spezzare i legami umani.
Poco dopo si consumò un’ulteriore separazione. Edgar fu infatti preso in casa da John Allan di Richmond, che però non lo adottò mai ufficialmente e non accolse né il fratello Henry né la sorella Rosalie. Da quel momento, Edgar Poe divenne Edgar Allan Poe, sebbene i rapporti con il padre non fossero facili, e Allan non provò mai un vero affetto paterno. Dopo essersi trasferita a Londra nel 1815, la famiglia Allan tornò in Virginia nel 1820, ed è proprio dopo il loro arrivo che i rapporti tra Poe e Allan si deteriorarono irrimediabilmente. La colpa è in parte da attribuire al carattere ribelle di Edgar, difficile da disciplinare e in netto contrasto con le aspettative del padre adottivo, che, disinteressato alle sue aspirazioni artistiche, lo voleva convincere a intraprendere una carriera da avvocato. La tensione tra i due culminò quando Poe, non potendo tollerare ulteriormente le pressioni, decise di lasciare la casa. Un’altra fonte di conflitto era rappresentata dai ripetuti tradimenti di John Allan nei confronti della moglie, con cui Edgar aveva stretto un legame profondo, che aveva mitigato solo in parte il dolore per la perdita della madre biologica.
Nel 1826, Poe si iscrisse a ingegneria presso l’Università della Virginia. Tuttavia, presto emersero i primi problemi legati alle due croci che lo avrebbero tormentato per tutta la vita: i debiti e l’alcolismo. Cominciò a fare uso di droghe e a bere alcol in grandi quantità fin da giovane; una situazione fortemente aggravata dalla sua crescente passione per il gioco d’azzardo. Dopo aver accumulato debiti per cifre considerevoli, Edgar chiese aiuto ad Allan, che glielo rifiutò, pur godendo di una discreta disponibilità economica: fu questo il punto di rottura. Nello stesso anno, Poe fu espulso dall’università.
Fuggì così a Boston, dove la sua attività di scrittura giunse a maturazione con la pubblicazione della raccolta poetica Tamerlano e altre poesie. Presto però si abbattè su di lui un’altra esperienza tragica: la morte per tubercolosi della madre adottiva, Frances Allan. Quest’ultima aveva chiesto al marito, sul letto di morte, di rivedere Edgar, ma lui, incapace di mettere da parte il proprio risentimento, glielo negò. Questa decisione rappresentò un duro colpo per Poe, che rivisse l’esperienza dell’abbandono e la perdita di un’altra figura materna. Memore dei desideri della moglie, John Allan tentò, seppur con poca convinzione, di riallacciare i rapporti, aiutando Edgar ad entrare nell’Accademia militare di West Point. Tuttavia, l’impegno ebbe vita breve e nel 1831 il giovane venne congedato con disonore a causa delle frequenti assenze dovute a problemi di salute e al suo stato mentale. Si trasferì allora a Baltimora, dove visse con la zia vedova, Maria Clemm; qui, pur vittima della dipendenza da droga e alcol (unici mezzi per fuggire da una realtà che lo atterriva) riuscì a sfruttare i momenti di semi-lucidità per dedicarsi alla scrittura narrativa, poetica, ma anche giornalistica. Nel 1834 morì John Allan senza lasciar menzione di Edgar nel testamento: non essendo lui mai stato adottato ufficialmente, non ebbe possibilità di ottenere nulla dalla sua eredità e quindi continuò a vivere in sostanziale povertà. La sua penna continuava però a lavorare: saggi, recensioni, racconti che diffusero il nome di Poe nei circoli giusti, tanto che nel 1835 divenne vicedirettore del Southern Literary Messenger. Innamoratosi della figlia della zia presso la quale viveva, allora neanche quattordicenne, ottenne la licenza per sposarla.
Nel frattempo, seguendo un copione ormai ciclico nella sua vita, si svilupparono e diventarono insanabili i dissapori con il direttore della rivista, poi abbandonata. La salute continuava a peggiorare sotto il giogo dell’oppio e dell’alcolismo; eppure, Poe riuscì in un breve periodo a pubblicare racconti tra i quali Le avventure di Gordon Pym, Ligeia e La caduta della casa degli Usher. È del 1840 la sua prima raccolta, Tales of the Grotesque and Arabesque. Tra il 1842 e il 1843 scrisse alcuni dei suoi racconti più significativi, ancora oggi i più conosciuti: Il pozzo e il pendolo (1842), Il ritratto ovale (1842), Il cuore rivelatore (1843), Il gatto nero (1843), ma soprattutto Lo scarabeo d’oro (1843). Nel 1845 esce la sua opera poetica più famosa: Il corvo. È questo il periodo di massimo successo in vita di Edgar Allan Poe.
Gli ultimi anni furono purtroppo segnati da una serie di eventi particolarmente drammatici. La goccia che fece traboccare il vaso, già in equilibrio precario a causa delle sue tendenze autodistruttive, fu la morte, dopo cinque anni di malattia, della moglie Virginia, che gettò Poe in uno stato di profondo malessere: è la terza figura femminile che gli viene strappata. Dilaniato da un dolore che gli rende impossibile qualsiasi forma di controllo sulle proprie dipendenze, viaggiò tra Boston, New York e Philadelphia. In quegli anni instaurò relazioni improbabili con varie poete, tra le quali non seppe scegliere; nel 1848 tentò senza successo il suicidio.
Morì a Baltimora, il 7 ottobre di 175 anni fa, in circostanze difficili da ricostruire. Venne trovato il 3 ottobre in stato delirante per le strade della città, in preda a forti allucinazioni, delirium tremens e in uno stato di angosciosa agitazione. Nonostante le indagini, i medici non furono in grado di determinare la causa esatta della sua condizione: diverse teorie sono state avanzate, tra cui alcolismo, intossicazione, malattie cerebrali o, più recentemente, una possibile infezione o malattia metabolica.
LA CRITICA – Dopo la morte, le opere di Edgar Allan Poe conobbero un successo differente in America e in Europa. Solo nel secolo successivo la critica americana iniziò a dedicarsi ai suoi lavori, ma con notevole ritardo rispetto al riconoscimento che ricevettero in Europa pochi anni dopo la sua scomparsa, grazie a Charles Baudelaire. Quest’ultimo non solo riscoprì le opere di Poe, evidenziando il loro carattere gotico e tardo romantico, ma si impegnò anche a tradurre e pubblicare i suoi racconti in francese, rendendoli accessibili a un pubblico più ampio. Inoltre, Baudelaire scrisse saggi critici in cui difendeva e celebrava Poe, sottolineando la sua influenza sulla letteratura europea e contribuendo alla sua affermazione come figura centrale del simbolismo.
LE OPERE – All’interno della produzione di Poe coesistono tre binari, tra cui il primo, quello saggistico, è forse il meno conosciuto pur avendo giocato un ruolo fondamentale nella discussione sulla pratica artistica dell’epoca. Tra gli scritti più importanti ci sono La filosofia della composizione, Il fondamento del verso e Il principio poetico. In essi, Poe sottolineò, l’indipendenza dell’arte, ma anche l’importanza della costruzione e della tecnica nella scrittura, offrendo un controcanto ai concetti romantici di spontaneità e ispirazione creativa. Questa sua riflessione critica contribuì a gettare le basi per la moderna pratica letteraria, proponendo una visione più strutturata e razionale della creazione artistica: un’opera letteraria non è, in altre parole, soltanto il frutto dell’ispirazione, ma anche il risultato di una costruzione meticolosa.
Questa posizione non solo sostiene una teoria, ma è anche alla base della sua stessa pratica creativa. Nei suoi racconti, Poe utilizza stratagemmi narrativi ben congegnati a livello tecnico, e lo stesso vale per la sua poesia, in cui si ritrovano motivi antesignani del simbolismo, incastonati in un’architettura verbale ricercata.
Le opere narrative sono quella che hanno dato senza dubbio la fama a Poe. La loro scrittura è ben radicata nella tradizione gotica e tardoromantica tedesca, sulla quale pero si innestano temi originali, fortemente legati alle ossessioni personali dell’autore. Sono opere popolate di figure da incubo, situazioni inquietanti e simbolismi cupi che evocano la dimensione di un soprannaturale che è tutta frutto dell’immaginazione e delle paure dell’uomo. In questo contesto, si afferma, e a ragione, che Poe sia stato un antesignano dell’approccio psicoanalitico alla letteratura. Sebbene non disponesse degli strumenti teorici per trattare temi legati all’inconscio, le sue opere offrono una rappresentazione plastica delle ossessioni e dei conflitti interiori che caratterizzano i suoi personaggi e l’autore stesso.
Le vicende sono calate nella quotidianità più comune e si muovono in un ritmo a tre passi fatti inizialmente di una descrizione calma e pacifica; poi il ritmo narrativo incalza, la scena è smossa da un evento anomalo e infine la risoluzione corrisponde ad un’esplosione di pathos, un’emozione che travolge e risolve la storia. Nella sua produzione narrativa si ritrovano due filoni: da un lato quello dell’horror e del grottesco, dall’altro quello del racconto giallo. Poe è considerato il primo autore a introdurre nel panorama letterario il genere poliziesco, presentando un modello di detective accompagnato da un collaboratore. Questo innovativo personaggio è il commissario Dupin, di cui vi avevo parlato in un articolo dedicato proprio alla nascita del romanzo giallo: Edgar Allan Poe e la nascita del giallo
Quello che rimane da chiederci, alla luce sia della sua vita sia delle opere che ne sono scaturite, è quanto l’esperienza traumatica vissuta in giovinezza e la risposta di Edgar Allan Poe, che si è tradotta nell’abuso di sostanze, abbiano influito sulla sua produzione letteraria. Chiaramente, oltre alla sua tecnica scrittoria, il trauma, il dolore e le fascinazioni del suo mondo interiore sono stati accentuati e in parte causati dall’abuso di sostanze. È stato proprio il suo vivere diviso tra sogno e realtà, con una forte passione per la scrittura — l’unica attività che lo occupa nei brevissimi momenti di lucidità concessi dalla dipendenza — a permettergli di creare racconti capaci di narrare qualcosa di verosimile, vicino alla nostra esperienza reale, ma al contempo di scivolare nell’ignoto, nell’inconscio, nel soprannaturale e nel profondamente tenebroso. Cosa sarebbe successo se Edgar Allan Poe non avesse risposto in questo modo ai traumi ? Dobbiamo “ringraziare” i suoi eccessi per avergli permesso di diventare un classico della letteratura? È una domanda lecita, io credo. Alla fine dei conti però ciò che resta, sono le sue opere. E in esse, Poe è riuscito a creare una sintesi unica nel panorama letterario tra tecnica e immaginazione, tra realtà e incubo, tra umano e soprannaturale.

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Complimenti per l’interessante biografia di un maestro come Poe🐈⬛♥️
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Grazie a te! Il suo è un personaggio che mi affascina molto, così come i suoi racconti! Spero di avergli reso giustizia ♥️
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