IL CAFFÈ LETTERARIO DI ZURIGO NEL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI (trentesimo incontro)

5–8 minuti

Al Punto de encuentro di Zurigo, il 25 ottobre 2024, si è riunito il Caffè Letterario di Zurigo per parlare di «Il giardino dei Finzi-Contini» di Giorgio Bassani (1916-2000), romanzo pubblicato nel 1962 per i tipi di Einaudi. Il libro vinse il premio Viareggio nello stesso anno e venne inserito dall’autore nel Ciclo di Ferrara, che copre il periodo 1938-48. Nel 1970 ne uscì nelle sale la versione cinematografica, diretta da Vittorio De Sica; il film ottenne il premio Oscar come migliore film straniero. Bassani, tuttavia, in disaccordo con il regista, si dissociò dal film.

La narrazione (in prima persona) prende le mosse da una visita dell’io narrante (anonimo) alla necropoli etrusca di Cerveteri nel 1957, visita che evoca in lui il ricordo della monumentale tomba di famiglia dei Finzi-Contini nel cimitero ebraico di Ferrara, e di conseguenza il ricordo della dolorosa storia della famiglia, sterminata nei campi di concentramento nazisti. La memoria è il filo rosso che collega tutti i momenti della vicenda, dagli anni Venti fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Il Narratore ricorda la sua gioventù e soprattutto il suo rapporto con i Finzi-Contini negli anni delle leggi razziali del 1938. È a questo punto che la famiglia, benestante e fin lì molto esclusiva, apre il suo immenso parco agli amici di Micol e Alberto Finzi-Contini, tra cui l’io narrante. I giovani si riuniscono per giocare a tennis, trascorrendo il tempo apparentemente lontani dalle discriminazioni che colpiscono loro e gli altri ebrei ferraresi. Vivono nell’oblio di ciò che accade all’esterno, sentendosi al sicuro e protetti all’interno dei confini del giardino: un microcosmo in cui si accende la passione del protagonista per Micol, un amore, però, senza speranza. Il racconto, che si concentra anche sugli studi universitari del protagonista e di Micol, nonché sulle vicende storiche che hanno preceduto il secondo conflitto mondiale, è pervaso dalla malinconia sottile e penetrante del ricordo, che smorza i toni della vicenda in un’atmosfera soffusa ed elegiaca. Della fine dei vari personaggi si fa cenno soltanto nell’epilogo: Micol e la sua famiglia saranno internati e soppressi dai tedeschi in Germania, mentre il fratello Alberto muore di tumore e Giampiero Malnate (che l’io narrante sospetta essere stato l’amante di Micol) muore nella campagna di Russia.

Giorgio Bassani

I temi principali del testo sono, oltre alla Storia, l’amore e la morte, il tempo, la memoria, la cultura letteraria e la giustizia ferita dal razzismo e dalla guerra. Il giardino è un luogo sospeso, apparentemente fuori della Storia e da tutte le sue brutture, teatro di sentimenti come l’amicizia e l’amore, spazio aperto alla discussione politica, o al dibattito in sede letteraria. Micol ha un ruolo centrale, ha compreso quanto sia labile in quel momento la condizione sua e degli altri e ha capito che l’amore con l’io narrante sarebbe un errore fatale. Il testo lo spiega con queste parole:

l’amore (così almeno se lo figurava lei) era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda, uno sport crudele, feroce […] da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d’animo e onestà do propositi.

Troppo simili, con l’animo rivolto al passato, lui e Micol non potrebbero amarsi davvero. Solamente alla fine, ascoltando le parole del padre e riflettendo sull’accaduto, il protagonista capisce il senso delle parole di Micol e raggiunge la sua maturità personale.
Nella discussione comune, tuttavia, è emersa l’esigenza di riconoscere alla Storia il ruolo che le compete nel racconto di Bassani, non solo per gli accesi e ripetuti dialoghi tra il Narratore e Malnate (personaggio più importante di quanto non sembri a prima vista), ma anche per il cambiamento sottile che si avverte nella quotidianità di una società che per la prima volta fa la conoscenza delle leggi razziali. La stessa reazione della comunità ebraica di Ferrara, simboleggiata dal giardino-rifugio dei Finzi-Contini, è testimone di una realtà sociale ormai mutata. Alcuni dei presenti hanno sottolineato il modo composto, pieno di dignità, di questa reazione.

Stessa funzione riveste il mantenimento delle tradizioni, per esempio in occasione della Pasqua ebraica: è la parvenza della normalità. Qualcuno nel gruppo ha fatto notare come l’atteggiamento di Bassani nei confronti degli ebrei ferraresi, allo stesso tempo, possa farsi anche severo, se si pensa al rimprovero per la loro adesione al fascismo, o alla ostentata distanza sociale fra i più benestanti e il ceto medio, gruppi sociali ben esemplificati rispettivamente dai Finzi-Contini e dalla famiglia del Narratore. Le differenze di classe rimangono, almeno in parte, nonostante l’incipiente disgrazia che tutti li minaccia. Il libero accesso al giardino, consentito dai Finzi-Contini agli estranei, se è un segno di apertura sociale, è al tempo stesso un tentativo di chiusura e di difesa nei confronti dell’esterno, cioè dalle leggi razziali e dalla guerra imminente. Questa bivalenza si esprime anche nel progressivo restringimento degli spazi in cui hanno luogo le vicende più importanti: dal parco alla casa, al salotto, alla biblioteca e infine alla camera di Micol. La dialettica dentro/fuori sembra rimarcare la cesura tra un ambiente ristretto e protetto, in cui la vita può continuare a svolgersi normalmente, con le passioni, le emozioni e in fin dei conti anche con la morte per malattia (Alberto muore di cancro), e un mondo avverso, fuori della cinta muraria del giardino, che sta per scatenare l’apocalisse e la loro distruzione fisica. E Bassani ha scritto il libro anche per lasciare un ricordo indelebile di tutti coloro che, come i Finzi-Contini, sono stati cancellati dalla Storia. Il tutto scritto in un italiano a volte colloquiale, soprattutto nei dialoghi, a volte meno semplice, più letterario, soprattutto per la lunghezza delle frasi, gli incisi e talora per l’uso di vocaboli più ricercati.

La discussione si è soffermata poi sul personaggio più importante del romanzo, Micol. È lei a rendersi conto della gravità della situazione politica e, in ambito privato, dell’inutilità dell’amore del protagonista. È colta, acuta, brillante e padrona di sé. È lei a guidare la casa e a consigliare per il meglio i suoi genitori; ama il fratello e soffre per la sua malattia. Ma fino a che punto conta nel romanzo la vena intimistica, ovvero il rapporto tra il Narratore e Micol? Non potrebbe essere più importante la “cornice storica”, la storia di una comunità, di cui l’autore effettivamente parla in tutto il Ciclo di Ferrara? È probabile che l’autore abbia cercato l’equilibrio tra le due prospettive, saldando l’urgenza dei sentimenti e delle emozioni con la crescente consapevolezza del disastro storico già in atto. A suo tempo i critici esagerarono nel rimproverare Bassani di aver dato eccessivo peso alla delusione amorosa del Narratore e di conseguenza alla figura di Micol. Ma in realtà non è il libro a rompere l’equilibrio tra le due sfere, una privata, una pubblica, ma semmai il film di De Sica, troppo concentrato sulla psicologia di Micol e sui suoi comportamenti, arrivando anche al falso della scena di lei e Malnate amanti, che nel libro non c’è.
«Il giardino dei Finzi-Contini», uno dei romanzi più importanti del Novecento italiano, è un’opera di narrativa che rimane nel solco della tradizione (ciò che a suo tempo le venne rimproverato dal Gruppo 63, più incline al romanzo sperimentale); ma l’opera di Bassani, intrisa di letterarietà, appare la maniera migliore che egli aveva di proporre una riflessione sul valore della vita contrapposto all’assurdità della violenza nella Storia. Una vita rinchiusa e al tempo stesso libera. Nel giardino dei Finzi-Contini.

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