Cosa accadrebbe se per incantesimo tutti i lettori dello stesso libro, in un modo da definire e in un unico momento, potessero incontrarsi ed esprimere le loro opinioni sul testo appena letto? Sicuramente discuterebbero tra di loro e talvolta anche vivacemente, ma la maggior parte dei partecipanti scoprirebbe qualcosa di più sul libro e sul suo autore, accoglierebbe alcune valutazioni a cui non aveva pensato, vedrebbe infine con altri occhi ciò che ha appena letto. E ciò che vale per una teorica moltitudine di partecipanti può valere in proporzione anche per un piccolo gruppo che si riunisce periodicamente. Ecco, è stata appunto questa, in ultima sintesi, l’esperienza del Caffè Letterario a Zurigo, giunto al trentesimo appuntamento lo scorso mese di novembre, a sette anni dalla sua fondazione. Ma ciò che ha reso particolare questa esperienza è stata quella di essere nata e di essersi sviluppata in terra straniera, in quella Svizzera che oggi ospita tanti giovani italiani impegnati nel mondo del lavoro, nel sociale, persino in politica, e spesso a livelli medio-alti o alti.

Si tratta di persone ben integrate nella società svizzera e non prive di stimoli culturali. L’interesse per la cultura e per la letteratura è stato appunto il collante che ha tenuto insieme il Caffè, facendone un punto d’incontro, di libero dibattito e di confronto di idee. Con i necessari ringraziamenti al Punto de encuentro, che ha gentilmente ospitato i nostri appuntamenti.
Fin dall’inizio la scelta dei libri ha offerto una grande varietà di temi e di generi, dalla saggistica alla narrativa, alla poesia. Lo si può evincere dai primi titoli esaminati, da cui in realtà traspare anche una certa continuità tematica. «Cent’anni di solitudine» di Gabriel Garcia Marquez ha ricevuto un plauso collettivo. Successivamente, se la «Metamorfosi» di Kafka ci ha messi di fronte a una dolorosa metafisica della condizione umana, il neurologo Oliver Sacks, con «L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello», un caso fortunato di medicina narrativa, esamina i segreti del cervello umano che potrebbero spiegare lo stesso dolore descritto da Kafka. In modo analogo, e rimanendo nell’arco di tempo che ha preceduto la pandemia, abbiamo potuto discutere dell’amore e delle sue numerose sfaccettature grazie ad apporti eterogenei ma quanto mai stimolanti: un romanzo incentrato sul rapporto tra amore e morte come il capolavoro di Gesualdo Bufalino, «Diceria dell’untore»; il modesto «L’amante» di Marguerite Duras, che comunque sottolinea l’ambiguità del rapporto tra amore e sessualità; il grande e complesso romanzo «Il Maestro e Margherita» di Bulgakov, che al tema dell’amore aggiunge il problema del male e del potere, con la discesa del diavolo (Woland) nella Mosca sovietica, e, con evidente salto temporale, il processo a Gesù alla presenza di Ponzio Pilato.

Infine, dopo la piacevole parentesi umoristica di «Così parlò Bellavista» di Luciano De Crescenzo, abbiamo letto e discusso il Canzoniere d’amore (o, meglio, «Quasi un Canzoniere») di Gerardo Passannante, scrittore affermato residente in Svizzera e membro del Caffè egli stesso. È stato questo il primo incontro in presenza dell’autore, che gli ha permesso di illustrare il significato di fondo della sua raccolta: in un dialogo amoroso ormai concluso, quello tra il poeta e Plebea, si può reperire un lascito prezioso, quello dei versi sparsi e “raminghi”, gli «Appunti di un colloquio interrotto» (titolo dato al Canzoniere maggiore). Durante la serata Passannante ha letto alcune sue poesie, spiegandone il processo compositivo e affascinando il pubblico.
Era il dicembre 2019, undicesimo appuntamento del Caffè, a cui è seguita la discussione su «L’infanta sepolta» di Anna Maria Ortese (marzo 2020), ultimo incontro prima della pandemia con la presenza fisica dei partecipanti. Durante il Covid, infatti, il gruppo ha fatto ricorso ai meeting digitali, fino all’estate 2021. Inutile dire che questo modo di relazionarsi agli altri è quanto meno particolare e non può sostituire del tutto l’incontro (reale, non virtuale) in un luogo preciso e con la presenza fisica degli astanti, ma il Caffè ha proseguito ugualmente e in modo proficuo la sua attività. Non è bastato un anno per tornare agli incontri in presenza fisica, e forse questo periodo così lungo ha reso negli ultimi anni meno stabile il numero dei partecipanti.
Gli incontri digitali, tuttavia, hanno significato molto per il nostro gruppo, grazie a libri coinvolgenti e di notevole spessore, come per esempio «La peste» di Albert Camus, esaminato in modo completo e nel rispetto che un simile capolavoro merita. Molto apprezzato anche il libro di Bryan Stevenson, «Il diritto di opporsi», un documento prezioso e uno spunto per una discussione aperta e approfondita sul razzismo. Al contrario, su due testi si sono confrontate opinioni divergenti e il giudizio è risultato un po’ sospeso: «Il vecchio che leggeva romanzi d’amore» di Luis Sepùlveda, le cui scelte stilistiche non hanno incontrato il favore di tutti; «L’ombra del vento» di Luis Zafon, un libro di grande successo, ma dal dubbio valore letterario. Ma in questa sorta di “interregno” il Caffè è riuscito a organizzare ben due incontri con l’autore, quello con Nicoletta Bortolotti, con il suo «Chiamami sottovoce», e quello con Gerardo Passannante (un gradito ritorno) con «Costantino. L’infante di Naissus». Il primo dei due romanzi si concentra sul drammatico fenomeno dei bambini nascosti in Svizzera, figli di immigrati che non avevano il diritto di farsi raggiungere dai loro familiari. Un testo concepito in maniera originale e con accenti di sincerità notevoli. Il libro sull’imperatore Costantino, a sua volta, è un romanzo storico ambientato nel terzo e quarto secolo e fa parte di un ciclo, «Il declino degli Dèi», un’opera a dir poco monumentale (a cui Passannante sta ancora lavorando), che parte cronologicamente dai tempi di Diocleziano per approdare finalmente a Giuliano l’Apostata. Il libro su Costantino, se celebra l’ascesa del famoso imperatore, propone anche una riflessione sui grandi temi universali che rendono enigmatiche la nostra epoca e la nostra vita, e non solo quelli legati al potere, come la difficoltà di distinguere in ambito politico il bene dal male, ma anche l’amore, il tempo e la morte. Sotto la lente di ingrandimento di Passannante giacciono i dilemmi della Storia, esaminati da un’ottica pessimistica ma non disperata, perché l’arte permette di vedere oltre il “crepuscolo” che attende sia le vicende storiche che le nostre ambasce esistenziali.

Il primo incontro post-pandemia si è svolto di nuovo al Punto de encuentro, alla presenza di Marco Cavaliere, autore di «La storia di maggese», un interessante romanzo a più voci. Nel 2022 si sono alternati tra loro libri molto diversi, dalla cronaca storico-politica di Cavriago («La trionferà» di Massimo Zamboni), poco rilevante dal punto di vista letterario, a «Il libro dell’inquietudine», il capolavoro di Fernando Pessoa, che i lettori del Caffè hanno molto gradito. I circa 450 “frammenti” di Pessoa costituiscono un accorato libro di “confessioni”, un diario esistenziale capace di coinvolgere qualsiasi lettore. Altrettanto interesse ha suscitato «La incredibile e triste storia della candida Eréndira e della sua nonna snaturata», opera minore di Gabriel Garcia Márquez, ma non priva di pregio. L’opera rappresenta una convincente prova di realismo magico, che fonde immaginazione e realtà sociale, vicende singole dei protagonisti e circolarità del tempo. Di sicuro valore è anche «Villette» di Charlotte Brontë, scelto dal gruppo dopo la serata dedicata a Stephen Hawking («Le mie risposte alle grandi domande»). Il romanzo della Brontë racconta la storia di Lucy Snowe, una moderna antieroina capace di affrontare le durezze della vita grazie alla sua ferma volontà e attraverso un processo di maturazione tanto lento quanto sicuro.
Il 2023, in aggiunta alla serata dedicata a «La porta», avvincente romanzo di Magda Szabò, è stato caratterizzato da ben tre incontri con l’autore, nei quali sono state discusse tre opere di narrativa molto diverse tra loro: «Animaterra» di Gemma Capone, «Le parole della mia infanzia» di Liliana Pinzani Leins e «All’ombra della croce» di Gerardo Passannante. Quest’ultimo libro appartiene al già citato «Declino degli dèi» e precede nel ciclo il volume dedicato a Costantino. Si rifà liberamente all’ultima persecuzione dei cristiani, quella di Diocleziano, che non riuscì a evitare il trionfo del cristianesimo. In aggiunta ai motivi già esaminati riguardanti il quinto volume, Passannante ha sottolineato quanto sia presente nell’opera la condanna di ogni fanatismo religioso, un motivo da cui tutto il «Declino», del resto, trae ispirazione. E in questo quarto volume la fine politica di Diocleziano, che lascia il trono e si ritira a Salona, conferma l’amara meditazione sulle ingiurie del tempo e sull’ironia della Storia. Se il libro di Passannante ci ricorda il più o meno tenue legame che intercorre in qualsiasi romanzo storico tra invenzione e Storia, le testimonianze autobiografiche di Gemma Capone e di Liliana Pinzani Leins riflettono piuttosto la problematica dell’emigrazione vista da due donne italiane stabilitesi in Svizzera. Si tratta di vicende in cui integrazione e identità culturale non possono non cercare una sia pur difficile conciliazione.
I quattro libri che il Caffè ha letto e discusso quest’anno rispecchiano i criteri seguiti nelle scelte precedenti e sono emblematiche delle nostre esperienze di lettura di questi anni. Con il giovane Majid Capovani abbiamo letto «L’Esercito dei Soli», vero e proprio romanzo di esordio, molto apprezzato da alcuni componenti del gruppo. Gli altri tre libri, anche questi di narrativa, sono stati scritti da autori famosi. Da una parte abbiamo discusso «Accabadora» di Michela Murgia, un testo non facile da valutare, con la sua sincerità di accenti e, di contro, con qualche imperfezione di tipo formale. Al contrario, «Orgoglio e pregiudizio» di Jane Austen e «Il giardino dei Finzi-Contini» di Giorgio Bassani sono dei classici riconosciuti come tali e sono universalmente apprezzati. Nessuno nega l’ironia e l’arguzia di Austen, così abile anche ad approfondire la psicologia dei personaggi e a sottolineare il legame che intercorre tra l’amore e il sogno di felicità. Nel romanzo di Bassani, uno dei migliori del nostro Novecento. il dramma delle persecuzioni antiebraiche e la delusione amorosa del protagonista si intrecciano in modo indissolubile in un testo scritto con finezza e sensibilità. Nell’anno che viene ci aspettano altre serate, con i classici o con autori emergenti che abbiano già pubblicato qualche libro.
Il Caffè è nato nel 2017 grazie all’iniziativa meritoria di Teresa Casabianca, Maresa Schembri e Camilla Barozzi ed è proseguita raccogliendo il consenso e l’entusiasmo di tanti lettori. Siamo fiduciosi che questa esperienza continui ad avere lo stesso successo.
Chi ha riportato per voi queste sparute note ha sostituito qualche anno fa Camilla Barozzi, che noi del team salutiamo cordialmente.
Vittorio Panicara
Per le singole relazioni, clicca qui.

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