Socrate: una fine dignitosa

Briciola di filosofia #36

3–5 minuti

Scaduto però il tempo della sospensione, è infine giunto anche il suo ultimo giorno di vita, essendo la nave tornata in porto, come viene a riferirgli proprio il Critone che dà nome al dialogo. Non senza aggiungere la supplica che Socrate si lasci infine convincere a fuggire. Ci ha già provato più volte, il buon Critone, certo dell’iniquità della sentenza, assicurandogli protezione per sé e la famiglia. Ma quel cocciuto di Socrate non ne vuole sapere; e invece di darsi una mossa, inizia a discettare persino in extremis sul rispetto dovuto alle leggi, anche quando sono ingiuste, visionando la scena di vedersele venire incontro, se fuggisse, per accusarlo di infrangere le regole che fondano il sistema sociale e civile di cui si è nutrito. E ancora meno si scompone per il timore che gli amici possano essere esposti alla derisione popolare per non averlo aiutato a evadere per ignavia o paura. Anzi, ne approfitta per ribadire il suo elitismo intellettuale, per cui è l’opinione del saggio a contare, e non certo quella del popolo volubile e infuenzabile, e pertanto incapace di cogliere la verità. Col che Platone, fin dalle prime opere, inaugura la riflessione sul rapporto tra legge e giustizia che l’assillerà per tutta la vita, e costituirà uno dei temi cruciali della sua produzione.

La scena del mitico trapasso ci viene però dal Fedone, un dialogo della maturità che, oltre a porre altre complesse questioni, la impreziosisce di curiosi dettagli. Anche qui siamo nel giorno ferale, ora che la nave sacra è tornata, e Socrate si dispone a prendere congedo dal figlio e dalla moglie Santippe, che al giungere degli amici scoppia in lacrime e strida. Allergico ai lai, la fa allora allontanare, per discutere serenamente con Fedone, Critone e gli altri della cerchia. A cui comunica di aver iniziato, dietro invito di Apollo, a comporre poesie e a mettere in musica i propri insegnamenti come proprio canto del cigno. Quindi, per consolarli, ribadisce che la vita del filosofo è una continua pratica di morte, perché solo distaccandosi dal corpo, che è impedimento alla sapienza, l’anima può dirsi davvero libera. 


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