Ugo Foscolo: ricordo di un poeta luminoso e inquieto

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Il 6 febbraio del 1778 nasceva nell’isola greca di Zacinto, immortalata nel famoso sonetto, Ugo Foscolo.
Che nel nome portasse iscritto il destino l’aveva scoperto lui stesso, derivandolo dalla materna radice greca di Fos (luce) e kholos (bile).  E così fu, per questo poeta luminoso ma eternamente incavolato coi patrii numi e col mondo… 
Scrittore densissimo (e non solo per l’Ortis), acuto critico letterario ingiustamente trascurato, gli è bastata una manciata di versi per essere uno dei più grandi poeti italiani. 
Anche tra i più odiati, invero, dagli studenti che si scervellano sulle parafrasi di quei Sepolcri dai quali io, studente d’altri tempi, fui folgorato al punto da impararli a memoria! Prezioso retaggio, invero. Se ancora oggi, durante una passeggiata in riva alla Limmat, mi capita di recitarmeli mentalmente, ed emozionarmi ancora per quella compattezza perfetta.

Zacinto

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

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