Il 32° incontro del Caffè Letterario a Zurigo: «Le notti bianche» di Fëdor Dostoevskij

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Il titolo completo del libro discusso dal Caffè Letterario a Zurigoil 28 febbraio 2025 al Punto de encuentro è Le notti bianche. Dalle memorie di un sognatore. Racconto sentimentale. È il capolavoro giovanile di Fëdor Dostoevskij scritto a 27 anni, nel 1848, in un momento di grande fervore intellettuale in Russia, e un anno prima dell’esilio in Siberia. Dopo l’arresto Dostoevskij, che aveva partecipato al circolo socialista di Mikhail Petrashevsky, venne processato per cospirazione e la condanna a morte commutata in quattro anni di lavori forzati in Siberia.
Le notti bianche è un racconto cheoccupa un posto a sé nella narrativa di Dostoevskij. Ci offre, infatti, l’immagine di una San Pietroburgo notturna, deserta e al tempo stesso luminosa, come sa essere in primavera, quando il sole nella Russia settentrionale tramonta dopo le dieci di sera. La città è il luogo incantato che prepara, in un momento di tregua e di serenità, l’incontro tra i due personaggi principali; il suo chiarore esprime lo stato di coscienza in cui si trova il protagonista, il sognatore. La città era stata già descritta da Dostoevskij un anno prima nella sua Cronaca di Pietroburgo, che anticipa in Le notti bianche la prima parte del monologo del sognatore, dedicato alla città. Del resto, non va trascurata la componente autobiografica, visto che anche l’autore era un uomo solitario, dedito alla contemplazione, alle fantasticherie e naturalmente alla lettura.

Il racconto, scritto in prima persona e fitto di dialoghi (caratteristica tipica dell’autore), si articola in quattro sezioni, distinte cronologicamente in quattro notti e un mattino. Del protagonista non sappiamo nulla dell’aspetto fisico, della professione, della posizione economica e della vita familiare: è un giovane sognatore, completamente estraniato dal mondo e dalla vita. Ma è una persona che si è emarginata volontariamente dalla società, rifugiandosi in un mondo fatto di fantasie e di libri per difendersi dalle insidie della realtà. Le creazioni fantastiche della letteratura sono un modo per affrontare indirettamente la vita e per evitarne i problemi pratici, mentre la sua immaginazione coltiva appassionatamente i suoi irraggiungibili e astratti ideali di bellezza e di virtù. Conduce questa esistenza appartata nell’oscurità della sua casa, da cui esce per vagare per le strade, osservare gli uomini e trarre spunti per i suoi sogni a occhi aperti. Una sera, durante una di queste passeggiate, incontra Nasten’ka, una fanciulla di 17 anni affranta dalla solitudine e da un dramma personale che lei narrerà la notte seguente. Si è innamorata di un suo giovane inquilino, che le ha promesso di tornare dopo un anno per sposarla, quando si sarà sistemato economicamente; per questo è andato a Mosca un anno prima, ma non ha dato più notizia di sé. Lei lo aspetta ancora, ma è sull’orlo della disperazione. Il sognatore le racconta la propria vicenda, esaltando l’amore e i sentimenti più nobili, mentre lei, che si sente attratta da lui solamente come amica, lo scongiura di non innamorarsi di lei. Durante la quarta notte, quando i due sembrano pronti a dichiararsi amore reciproco, compare all’improvviso l’amante di Nasten’ka e lei lo raggiunge, lasciando solo il protagonista. Che la mattina seguente riceve una sua lettera, piena di affetto e gratitudine. Il sognatore si rassegna e torna a rinchiudersi con le sue fantasie nella sua tana solitaria. La vita reale, fatta di sentimenti veri e non solo immaginati, ha avuto il sopravvento; il sognatore ha dovuto chinarsi di fronte al principio di realtà. Tuttavia, è grato alla donna per quegli attimi di felicità che gli hanno permesso di vivere davvero; lo dichiara in un explicit che sembra valorizzare la sua capacità di sublimare gli episodi della vita reale:

Sii benedetta per l’attimo di beatitudine e di felicità che hai donato a un altro cuore solo, riconoscente!
Dio mio! Un minuto intero di beatitudine! È forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?
(edizione a cura di Giovanna Spendel, Milano, Mondadori 1993)

I lettori del Caffè hanno ampiamente discusso i temi e i tanti motivi forniti dal racconto. La sua conclusione, in particolare, così improvvisa, quasi “brutale”, ha destato una forte impressione. Non rappresenta solo la fine del sogno d’amore del protagonista, il suo brusco risveglio, ma una sconfitta vera e propria, a cui lui reagisce tornando alla sua squallida vita di sempre, senza mostrare alcun ripensamento o cambiamento nelle scelte di vita. Ma neppure l’altro personaggio principale, Nasten’ka, è così lineare. Il suo comportamento, per alcuni, è risultato oscillante e ambiguo: insegue le fantasie e le chimere del sognatore, ma alla prova dei fatti è rimasta fedele alla parola data a colui che poi la sposerà. Con il sognatore, più che l’amore, condivide la sua condizione di isolata sociale.

Nel racconto, insieme all’atmosfera onirica che caratterizza le quattro notti, si nota, soprattutto grazie alle riflessioni del protagonista, una notevole introspezione psicologica, che tende a svelare le sue illusioni e il suo autoinganno. I grandi romanzi di Dostoevskij, in seguito, avrebbero approfondito enormemente questo tipo di ricerca, scavando a fondo nell’animo umano, con risultati talora eccellenti.
La seconda parte del titolo ha offerto ulteriori spunti di riflessione. Il testo raccoglie le memorie del sognatore, che ripensa alla straordinaria vicenda dell’incontro con Nasten’ka, una storia che in fondo, ora lo sa, gli offriva vane speranze. Ma soprattutto è un racconto sentimentale, e non si tratta forse della semplice indicazione della materia trattata (amore, felicità, bontà, il mondo degli affetti), ma di un riferimento ironico e critico nei confronti del suo rivale Ivan Turgenev, a cui rimproverava le concessioni al fantastico, l’eccessivo protagonismo dell’io narrante e il sentimentalismo. In questo caso, tutto il racconto dovrebbe essere letto come una sorta di giudizio sostanzialmente negativo riguardo ai sogni e ai sognatori. Ma è probabile che l’atteggiamento dell’autore sia meno univoco di quanto non sembri a prima vista. L’entusiasmo del sognatore nei monologhi, nei dialoghi e nelle ultime frasi del testo, infatti, sono lodevoli nelle loro intenzioni e al tempo stesso celano un demerito, quello di non voler “vedere” le relazioni fra gli uomini per quello che esse veramente sono, in tutta la loro reale complessità. Dostoevskij, a differenza del protagonista sognatore, si era occupato spesso dei problemi sociali, a cominciare dal suo grande successo Povera gente, e sapeva valorizzarli.
Ma per Dostoevskij il problema era anche quello di accettare o no l’ideale romantico di Schiller, che proponeva il culto del bello come mezzo educativo e la vita dell’arte come culmine della libertà dell’uomo. Egli, nell’ambito di questo dibattito culturale, aveva in parte condiviso l’ideale dell’anima bella schilleriana, che in effetti il sognatore de Le notti bianche prende a modello. La vicenda sembra premiare di più la concretezza dell’amante di Nasten’ka che i sogni effimeri (portatori contemporaneamente di felicità e di veleno) del protagonista; la stessa ragazza, inoltre, non ha incertezze nella scelta del vero amore, quello dei sensi e della realtà. Il sognatore, in fin dei conti, per vivere nel regno ideale delle lettere, si astrae dalla vita e sceglie l’indifferenza sociale. È anche vero, però, che un autore realista rischiava di sprofondare nella mediocrità borghese…

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