Cosa vuol dire nascere in Sicilia?

“Io sono nato in Sicilia e lì l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte, anche vivendo lontano dall’aspra terra natìa circondata dal mare immenso e geloso.”

Tratto dal discorso pronunciato da Luigi Pirandello in occasione della morte di Giovanni Verga; citato in Michele Sabatino, Tra la mia perduta gente. Lettere e poesie, epilogo, La Moderna Edizioni, Enna, 2006

4 commenti

  1. Mi permetto di commentare le parole del grande Pirandello con questi miei modesti versi:

    Piazze di Roma

    Nel sonno incombono davanti ai miei occhi
    sotto le coltri della malinconia
    l’ampia facciata della basilica, ai suoi piedi la piazza
    a braccia aperte, in mezzo due fontane
    simili a seni martirizzati dall’arroganza eretta
    a obelisco egizio tra la folla estatica
    che guarda il Papa alla finestra in alto.
    Come una cincia bigia sul ramo la mia donna guarda
    il nido distrutto e il mio cuore sepolto
    nel midollo dell’ulivo che da secoli affonda
    le sue radici nella terra in cui sono nato.
    Dov’è il mio paese – mi chiedo tenendola per mano.
    Ho estirpato i miei piedi credendo
    con dolcezza senza sentire dolore.
    Ho tagliato i miei polsi con una cesoia
    come si fa con i rami senza germogli.
    Sotto la luce di questo cielo vedo stelle sbiadite
    pini lontani come ombrelli inclinati a riparo del vento,
    prati primaverili senza sentirne il profumo.
    I ciliegi in fiore hanno i petali del crisantemo
    i mandorli si contorcono in cerca del sole
    il succo delle arance ha un sapore amaro.
    La mia nostalgia si è fusa
    alla nebbia rosea di questa città
    immensa come un oceano inquieto di alti palazzi
    percorsi ai piedi da fiumi che scorrono
    sulle ceneri di antichi fondali.
    Chi li ricorda? Giacciono
    ai margini in posa per i turisti
    Tutti corrono accecati
    dai fuochi d’artificio, vessilli di felicità.
    Nella mia terra
    sono pietre che vibrano di memorie mai spente
    di preghiere che s’intrecciano a leggende antiche
    e di ombre che vagano nella tenerezza del tempo
    telamoni liberi finalmente dalle fatiche.
    Stanno distesi nella valle che ricordo
    profumata di oleandri, come una bimba appena nata.
    Guarda con stupore il cielo azzurro
    e i tuffi allegri delle rondini.
    Tra gli alberi s’innalzano templi, dalle colline
    le pietre nei cerchi degli anfiteatri guardano
    in silenzio fino al mare.
    Sui gradoni spettatori immobili
    volgono gli occhi al fuoco della montagna.
    Salendo i gradini di piazza di Spagna la tengo per mano
    guardo i suoi occhi colmi di lacrime mi riprometto
    di custodirli – corona di sangue rappreso –
    nella scatola nera della memoria.
    © Marcello Comitini
    http://www.terracolorata.com

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