Nasceva oggi Michail Bulgakov, l’autore ucraino perseguitato dal regime comunista 

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Nasceva oggi, il 15 maggio 1891 a Kiev un esponente fondamentale della letteratura in lingua russa: Michail Bulgakov, autore di teatro, saggista, biografo e romanziere. Figlio di un teologo anglicano, pose la fede religiosa al centro della vita propria vita spirituale e intellettuale, pur coltivando molteplici passioni fin dalla più giovane età. Le più importanti furono il teatro e la lettura, soprattutto di romanzi. E in effetti del sostrato culturale che ne caratterizzò la formazione una componente fondamentale fu l’opera di Nikolaj Gogol, autore anch’esso ucraino che attraverso le sue “favole” aveva portato avanti una convinta critica alla Russia del XIX secolo. Allo stesso modo, Bulgakov seppe sfruttare il proprio talento per la satira per rappresentare le contraddizioni di uno dei più turbolenti periodi della storia russa, dando vita a veri e propri capolavori della letteratura mondiale. L’ amara e pungente opposizione al regime comunista l’avrebbe però pagata cara

Ma facciamo un passo indietro. Siamo nel 1916 e in Ucraina imperversavano agitazioni bolsceviche, dall’autore inizialmente supportate. L’illusione però durò poco, allorché, dopo la laurea, ebbe modo di assistere per la prima volta, in qualità di medico sul campo, agli orrori della guerra, dei corpi martoriati, del futuro lacerato come le membra dei giovani soldati. Dopo due anni trascorsi tra le pendici del Caucaso, decise di abbandonare questa carriera per dedicarsi unicamente alla scrittura. Eppure quella medica non si rivelò un’esperienza sterile, dacché essa, e in particolare la consuetudine di guardare il mondo attraverso il microscopio, diventò soggetto di varie opere tra cui la raccolta di racconti Appunti sui polsini (1922), il romanzo breve Uova fatali (1925), lo scritto fantascientifico-satirico Cuore di cane (postumo, 1969), e la raccolta Appunti di un giovane medico (prima edizione completa postuma, 1982).

Nel 1921, Bulgakov si trasferì a Mosca. La città però non lo accolse proprio a braccia aperta, ancora sconvolta com’era dai bruschi cambiamenti portati dalla guerra civile: il costo della vita era altissimo e guadagnarsi da mangiare fu una lotta quotidiana. Una battaglia, questa, che il nostro autore riuscì ad affrontare guadagnandosi da vivere scrivendo brevi articoli per alcuni giornali sovietici, all’interno delle cui redazioni venne presto notato, grazie all’affascinante eccentricità della sua figura. È di questo periodo la composizione del suo primo romanzo, La guardia bianca, ambientato nella Kiev della guerra civile; il testo venne pubblicato a puntate dal 1925 in poi sul giornale Rossiya, e riscosse un notevole successo di pubblico. Fu allora che ebbe inizio lo scontro, destinato a perseguitarlo per tutta la vita, che Bulgakov si vide costretto ad ingaggiare con il potere sovietico. La rivista culturale che ospitava La guardia bianca venne infatti smantellata dal regime in quanto ritenuta (e con essa la letteratura che proponeva), troppo compiacente verso la borghesia. Stessa sorte subì il romanzo stesso, accusato di essere simpatizzante della causa dei “bianchi”, ovvero delle forze antirivoluzionarie della nobiltà ucraina, quando in realtà quello fornito da Bulgakov non era altro che un tentativo di analizzare in maniera più fine e complessa il cambiamento epocale che aveva investito la sua patria. Ma si sa, la complessità non aggrada la propaganda e questo valeva anche per la Mosca di allora, sempre più ideologizzata. 

L’autore non si diede però per vinto e nel 1925 produsse un adattamento teatrale dell’opera dal titolo I giorni dei Turbin che tuttavia entrò subito nel mirino del Glavrepertkom (l’organo di censura sovietica), che, dopo aver assistito alle prove generali, gli impose notevoli cambiamenti per rendere il testo più pro-bolscevico. L’opera, radicalmente epurata e trasformata, rimase al centro di notevoli polemiche, ma, per uno scherzo del destino, risultò travolgente nientemeno che a Stalin, che la vide per ben 15 volte.

Sorte simile subirono anche gli altri lavori teatrali che nel 1929 il regime comunista bannò da tutti i teatri moscoviti, costringendo l’autore alla fame. Questi, preso dalla disperazione, inghiottì l’orgoglio e chiese aiuto proprio a Stalin, che nell’aprile del 1930 lo chiamò al telefono per nominarlo produttore drammatico del teatro di Mosca. 

Da qui in poi le condizioni di Bulgakov migliorarono e ciò gli permise di dedicarsi interamente alla stesura del romanzo che lo avrebbe reso famoso: Il maestro e Margherita (recensito in «Il Maestro e Margherita» di Bulgakov e il Caffè Letterario di Zurigo). La scrittura occupò interamente gli ultimi dodici anni della vita dell’autore, durante i quali videro la luce ben 8 diverse versioni, le prime due distrutte nel 1930. Anche in quest’opera si dimostra centrale il gusto per la satira che lo contraddistingue, combinata però ad un intrigante realismo magico talvolta spinto fino a toccare un senso dell’assurdo di gusto kafkiano, fluidamente integrato nella realtà narrativa della storia. Tra le pagine dedicate alla magia nera, la rievocazione del mito di Faust, le parabole narrative di stampo religioso, e le riflessioni filosofiche, emerge infatti un evidente sberleffo contro la burocrazia del regime stalinista. Quest’ultima infatti, meccanica e disumana, aveva finito per spogliare l’uomo di uno dei valori fondamentali della società civile, ovvero quello dell’onore. Accanto a ciò spicca poi un’accorata difesa dell’integrità artistica e intellettuale dello scrittore. E proprio seguendo questo principio, Bulgakov si rifiutò di apportare le modifiche richieste dall’organo della censura e così la pubblicazione fu vietata. Una prima versione integrale, senza censure e rimaneggiamenti, apparve in Russia solo nel 1976 (dopo un lungo processo di riabilitazione partito negli anni Cinquanta), preceduta da una pubblicazione in Occidente del 1973, che ebbe grande successo, soprattutto sul mercato nero degli stati dell’Europa orientale.  

Michail Bulgakov morirà senza aver visto pubblicato il suo capolavoro, il 10 marzo 1940 a Mosca.

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